Capitolo 31;

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*E oggi per voi doppio aggiornamento! Tenetevi pronti oggi posto i penultimi capitoli.

Baci
Liz xx*

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Il giorno seguente ci svegliammo di nuovo aggrovigliati nel sedile posteriore dell'Aston Martin con un lancinante mal di testa da sbornia.
Arrancando e ancora in coma dopo la giornata precedente, ci concedemmo una colazione carica di grassi e zuccheri nell'ormai famoso fast food.
«Ho bisogno di un'aspirina», mormorò dolorante Louis tenendosi la testa tra le mani.
Stavo per rispondere quando mi suonò il telefonino.
«Signor Styles?»
«Si?»
«Sono Arnold Cleaner della Cleaner Shop».
Nonostante il mal di testa dopo un paio di secondi riuscii a collegare quella telefonata al curriculum vitae che avevo spedito settimane prima per il posto di commessa in un negozio di disinfettanti e pesticidi a New York.
«Buongiorno».
«La chiamo in merito al suo curriculum. Anche se non ha esperienza nel campo, mi chiedevo se fosse ancora interessato al posto di lavoro».
«Certo», risposi automaticamente senza riflettere.
«Posso solo sapere se per caso soffre di qualche allergia o ha qualche malattia?»
«Assolutamente no. Sono sana come un pesce», chiarii quasi divertito da quella strana domanda.
«Bene, allora il posto è suo».
«C'è solo un problema. Sono fuori città e...».
«Riesce ad essere qui per domani pomeriggio?»
«Si», confermai improvvisamente angosciato e lanciando uno sguardo disperato verso Louis.
«A domani allora. Intanto le invio per email i dettagli».
«Perfetto. Arrivederci».
Quella telefonata mi era sembrata la voce del destino che mi diceva di ritornare alla mia vita e che il sogno era finito.
Quando terminai la conversazione, la fame svanì di colpo ma Louis non mi chiese nulla.
Fu durante il viaggio di ritorno, che Louis mi colpì.
«Quand'è che inizi?», esordì a bruciapelo con gli occhi fissi sulla strada.
«Domani pomeriggio», risposi mogio.
«Quindi pensavi di partire domani mattina?», mi domandò gelido.
«No... devo tornare a New York, andare dai miei genitori e sistemarmi. Calcolando il viaggio e il resto, sarò costretta a partire oggi pomeriggio».
Vidi Louis guardare l'orologio. Era quasi ora di pranzo anche se avevamo appena finito di fare colazione, ma non disse nulla.
Quel silenzio fu peggiore di tante parole. Quando arrivammo a casa, Johanna ci accolse festosa con il giornale tra le mani.
«Dovete assolutamente leggere quante belle cose sono state scritte sulla giornata di beneficenza di ieri!», squittì allegra, ma Louis tagliò dritto verso la sua camera e si chiuse dentro sbattendo la porta.
«Tutto bene?», si preoccupò la donna.
«Si, signora. Volevo solo informarla che tra un paio di ore parto e desideravo ringraziarla per la meravigliosa opportunità che mi ha dato», le dissi sforzandomi di sorridere nonostante il dolore che mi aveva sopraffatto.
«ll piacere è stato mio e spero di averti qui anche per i futuri eventi della mia associazione».
«Non mancherò».
«Mi fa piacere, ma ora va' da Louis. Non credo che abbia preso bene la notizia della tua partenza. Anche se non sembra, mio figlio è molto sensibile».
In effetti aveva ragione: ma quando provai a entrare in camera, trovai la porta chiusa a chiave.
Bussai e lo chiamai più volte ma senza risposta.
Alla fine, arreso, andai in camera mia, dove Gemma mi accolse congratulandosi per l'evento del giorno prima.
«Finito il ricevimento ti ho cercato dappertutto e stanotte non sei nemmeno rientrato». «Gemma, ti prego. Voglio rimanere da solo», la fermai distrutto.
«Che faccia, fratellone! Scommetto che hai litigato con Louis»
«No, ma parto tra qualche ora e...».
«Oh, povero Louis!», sussultò dispiaciuta Gemma.
«Gemma, così non mi aiuti. Parto tra poco. Domani inizio un nuovo lavoro e starò da mamma e papà per un po'».
«Povero te! Ma perché invece non lasci perdere il nuovo lavoro e non ti metti all'opera per aprire la tua attività?», mi sorprese Gemma, che prima di allora non aveva mai mostrato un particolare entusiasmo per il mio sogno nel cassetto.
«Lo farò, ma non voglio avere fretta né fare scelte azzardate».
Alla fine anche mia sorella cedette e mi lasciò da solo con il mio dolore.
Accesi il portatile e vidi subito l'email di Arnold Cleaner, nella quale aveva segnato la distribuzione delle quaranta ore settimanali e la richiesta di recuperare la mattina del giorno seguente, di domenica.
Perfetto! Se già cominciavo da subito a lavorare anche nel weekend che speranze avevo di stare un po' con Louis?
Ancora più disperato e sofferente, aprii la seconda email della giornata.
Era dell'agenzia immobiliare che mi presentava tre nuovi immobili disponibili.
Diedi un'occhiata ma nessuno dei tre mi convinse e poi erano tutti in periferia.
In un posto come quello avrei potuto organizzare solo dei Crack party per tossici. Smarrito e infreddolito dalla solitudine che sentivo già addosso come un velo umido e appiccicoso, chiusi il portatile e iniziai a fare la valigia.
Misi via con cura i miei nuovi vestiti, ma fare i bagagli non mi era mai sembrato così difficile come quella volta.
Prima di andarmene riprovai a bussare alla camera di Louis ma senza risultati. Arreso e con un nodo alla gola che sembrava soffocarmi da un momento all'altro, andai a salutare per l'ultima volta i ragazzi e mia sorella.
«Fatti sentire ogni tanto», mi chiese Niall abbracciandomi.
Poi andai a salutare anche la signora Tomlinson in salotto e lì trovai Louis.
Davanti al suo sguardo lucido e addolorato ogni parola mi morì in gola.
«Harry, vieni. Devo darti una cosa importante», venne in mio soccorso la donna. «Nel rendiconto che mi avete mostrato in questi giorni, avevo notato alcune spese personali di Serena. Ne ho parlato con Patricia e lei ha voluto restituire i soldi alle casse dell'associazione. Tuttavia noi sappiamo benissimo a chi dobbiamo il successo di ieri e di certo non a Serena e le sue montagne russe o sculture di ghiaccio. Per questo ho deciso di dare i diecimila dollari recuperati a Harry, per lo splendido e impeccabile lavoro».
«Grazie, ma non sono l'unico ad aver reso possibile tutto questo. Molto del merito è di suo figlio».
«Sapevo che l'avresti detto. Per questo ho fatto preparare due assegni da cinquemila dollari l'uno, intestati a ognuno di voi», esordì felice la donna porgendoci i due assegni.
«Mamma, io non ne ho bisogno. Dalli a Harry», si oppose Louis.
«Te li meriti, Louis», cercai di convincerlo con un mezzo sorriso.
«Harry, ha ragione. Te li sei meritati e ricordati che in questo assegno non ci sono in realtà cinquemila dollari ma due settimane d'intenso lavoro che hai svolto e tutti i tuoi sforzi per ottenere il risultato finale. Questi non sono soldi ma gocce di sudore», gli disse la madre mettendogli in mano l'assegno che lui guardò stralunato, come se non ne avesse mai visto uno in vita sua.
«Grazie, signora».
«Sono sicura che ne farai buon uso», mi sorrise la donna prima di abbracciarmi.
Per tutto il breve tragitto fino alla mia macchina, Louis mi seguì in silenzio.
Caricai la valigia nel portabagagli e prima di salire corsi ad abbracciarlo l'ultima volta.
«Ti prego, resta», mi supplicò tormentato, stringendomi a sé.
«Non posso. Lo sai. La stagione si sta chiudendo e io ho bisogno di guadagnare per vivere, ma ti prometto che appena mi sarà possibile tornerò».
«Allora vengo io da te».
«Aspetta solo che trovi un appartamento dove potremo starcene in pace, altrimenti ti tocca subire il terzo grado di mio padre».
«Quanto ci vorrà?»
«Due settimane. Al massimo un mese». «D'accordo, ma promettimi almeno che questo weekend potremo stare insieme. Starò in albergo e...».
«Devo lavorare», lo informai depresso.
«Di domenica?», sbottò Louis furioso, guardandomi faccia per capire se la mia fosse solo una scusa per scaricarlo.
«Solo questa domenica, ma ti giuro che farò di tutto per liberarmi e passare insieme tutte le prossime».
«E sabato?»
«Lavoro. L'orario del negozio è un po' pesante».
«E allora lascia perdere. Licenziati e apri la tua attività!».
«È quello che intendo fare ma al momento non ci sono immobili disponibili al prezzo che cerco. Vorrei tanto licenziarmi ancora prima di cominciare ma non posso permettermi di spendere tutti i miei risparmi per mantenermi finché non avrò la mia agenzia».
«Lo capisco ma con questa lontananza rovinerai il nostro rapporto!», mi accusò Louis disperato.
«Non succederà. Te lo giuro su tutto ciò che ho di più caro. Non voglio e non posso perderti! Farò qualsiasi cosa in mio potere per accelerare i tempi in modo da poter stare insieme, ok?», mi agitai cercando di convincerlo.
«Ti amo, Louis».
«Anch'io ti amo ma questa lontananza mi spaventa. Mi sentirò solo senza di te», mi confessò baciandomi con irruenza.
«Non sarà per sempre».
«Ti credo ma se tu accettassi il mio aiuto... i miei soldi... non ci troveremmo nemmeno in questa situazione».
«Sai come la penso e spero davvero che un giorno tu capisca la mia decisione».
«No, non la capisco», si arrabbiò Lluis risentito trafiggendomi con uno sguardo carico di accusa.
«Ti prego, Louis», lo supplicai di fronte al suo brusco allontanamento.
«Si è fatto tardi, Harry. Ti conviene metterti in viaggio se non vuoi guidare con il buio. Mandami un messaggio quando sarai arrivato destinazione».
«Louis», lo chiamai ancora angosciato.
«Se ho bisogno ti chiamo. Ora vai e appena avrai un attimo tempo per noi, fatti sentire. Ciao, Harry», mi salutò voltandomi le spalle e rientrando in casa.
Non era così che avrei voluto salutarlo.

Ogni tuo desiderio è un ordine, bastardo » L.S.Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang