Nemesi

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Sara rimase impassibile davanti al prigioniero. Come al solito amava provocarla, ma lei aveva imparato a trattenere le emozioni, soprattutto davanti a lui. Afferrò un catino lasciato lì dalle guardie, lo trascinò facendolo stridere sul pavimento e vi si sedette sopra.

Demian rimase in piedi al suo fianco, era Sara che conduceva l'interrogatorio. Non vi era notte in cui si concedesse riposo, nonostante il pallore cadaverico le sfondasse le guance.
Il prigioniero si rimirò i polsini della camicia, linda e profumata. Sembrava essere rinchiuso solo da poche ore, un qualsiasi umano o sovraumano sarebbe impazzito e avrebbe ceduto alla richiesta di Sara per riavere la libertà, ma non lui. A volte i ruoli parevano confondersi e lei diventava la prigioniera: guardarlo ogni notte, supplicarlo e odiarlo nonostante il suo aspetto la logoravano.

Demian provava un'immensa pena per lei, ma non era in grado di fare altro se non sostenerla.

- Fatelo uscire, almeno per una volta. Cosa vi costa? Ormai siete voi il più potente, mio Signore. - Ogni notte gli rivolgeva la stessa instancabile preghiera.

Le prime volte, Sara lo pretendeva, lo urlava con disprezzo. I giorni senza risposta l'avevano condotta verso toni più affabili e ora stava spegnendosi in suppliche colme di angoscia, ma lui non cedeva mai.

Il prigioniero fece passare la mani attraverso le sbarre, toccò le ginocchia della vampira e inclinò la testa, mostrandole un broncio dispiaciuto. Sara sapeva che la stava prendendo in giro, era il suo gioco crudele.

- Oh, mia cara, non sono io che non voglio farlo uscire, è lui che si rifiuta. Perché non lo avete ancora compreso?

Sara ricacciò indietro le lacrime. Quella era la medesima risposta che le propinava ogni notte, ma lei non poteva crederlo possibile. Posò le mani su quelle delle prigioniero e lentamente vi conficcò le unghie affilate.
- Voglio che me lo dica lui.

Il prigioniero rimase imperturbabile, senza nemmeno sottrarsi.

- Voi lo sapete che a breve uscirò da questa cella, vero? - Domandò invece, per la prima volta dopo un anno.

Demian si riscosse improvvisamente dal suo torpore di spettatore e guardò Sara, che fissava incredula il prigioniero.
La vampira sentì la gioia pervaderla. Non le importava che lui le avesse negato ancora una volta il suo amico, quel cambiamento era un segnale, un meraviglioso segnale di fine stasi. Riuscì a stento a trattenere una risata, si avvicinò alle sbarre con occhi spalancati e gli sussurrò - Grazie. - Quello sarebbe stato uno dei momenti più belli dell'ultimo anno, se non fosse che le grida di Safir rimbombarono in tutto il Castello.

Sara tentennò. Non voleva abbandonare il prigioniero ora che finalmente aveva visto una nuova reazione e fortunatamente Demian lo intuì e la rassicurò, dicendole che se ne sarebbe occupato lui.

Lei si avvicinò alle sbarre e con malinconia osservò il prigioniero rimettersi sulla brandina sgangherata. Non avrebbe mai voluto vederlo là dentro, ma era troppo instabile per lasciarlo libero, soprattutto non era più il suo caro amico, quello.
Tentò di riprendere da dove erano stati interrotti e cercò di forzarlo a parlare.

- Dove andrete una volta uscito da qui, mio Signore?

Il prigioniero le lanciò un'occhiata vuota e si mise a giocare con il sigillo, divenuto un comune bracciale dopo quel giorno. - Sono tediato dalla vostra presenza, in questo momento. Andate pure a vedere cosa vuole quel demone logorroico, la notte è ancora lunga per noi.

Sara non si risparmiò di apostrofarlo con eleganti insulti e risalì le scale delle segrete.

Safir era entrato con un paio di soldati, tutti mal ridotti e grondanti di sangue. Vlacu era accorso a medicarli, mentre Samuel cercava di interpretare il biascicare dei demoni.

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