La Storia Di Orpheus

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E se i suoi occhi fossero nel cielo
veramente le stelle nel suo viso?
-W. Shakespeare


L'anima è piena di stelle cadenti
-V. Hugo

















   Come faccio a parlarti di lui?

      Come faccio a raccontarti la sua storia?

         Lui non ha nulla a che vedere con il nostro mondo. Non ne fa parte. Non è un gatto, un coniglio, una libellula, non è un postino, un marinaio, ne' un maestro di scuola. Lui è una creatura, un figlio dell'Essenza, un pezzettino di sogni.
Un gigante di due metri e mezzo, tutto nero e pulsante, un lungo busto nero con una grossa cicatrice in mezzo al petto, con la schiena un po' curva divisa in due dalla colonna vertebrale ben visibile, con lunghe braccia nere e lunghe gambe nere che terminano in un artiglio spuntato, una testa leggermente più piccola rispetto a tutto il resto ma, indovina un po', anch'essa molto nera. Al centro della sua faccia, due piccole sfere luccicanti in costante movimento si sfilacciano e si ricompongono all'infinito, emettendo una luce profonda e perfetta che gli imperla quasi tutto il viso. Questo è tutto quello che puoi sapere su di lui, a parte il fatto che conta le stelle. E che è diverso dagli altri. E che non ha più il cuore ormai. E che un giorno un incontro completamente inaspettato gli cambiò la vita per sempre. D'accordo, ho capito, ti racconterò che cosa gli è successo. Ma solo perché io e te siamo amici. Perché io e te siamo amici, giusto?

    Lui era Orpheus, e Orpheus contava le stelle.

    Gli piaceva farsi chiamare "Contatore di Stelle", anche se non era quello il nome della sua specie e nessuno di quelli come lui lo chiamava così, anzi, tutti si prendevano gioco di lui per questo. Ma era quello che faceva, era quello che facevano tutti, contavano le Stelle al calar della Notte, quando la Luna nasceva in tutta la sua bellezza assieme alle sue figlie. E lui era diverso, diverso da tutti, diverso dagli uomini per il suo corpo, diverso da quelli come lui per la sua mente. Chi è diverso è sbagliato, gli avevano indotto a pensare gli altri, perciò lui se ne stava tutto solo, di Notte, il Contatore di Stelle, a far girare la Terra nel verso giusto. Doveva farlo. Se lui e quelli come lui avessero smesso di contare, il mondo avrebbe smesso di esistere. Non sapevano perché, non sapevano a che scopo, ma erano consapevoli di doverlo fare, ogni notte, senza fermarsi mai. E tutti erano contenti perché lo facevano insieme, ad un minuto dopo la mezzanotte. Uscivano dagli alberi, nascevano dalle foglie, venivano creati e trasformati nel loro essere creature, nella loro forma naturale, mentre sugli arbusti e sui rami lasciavano spazio ai Fiori della Notte, splendidi vegetali pullulanti di bianco fatti di Essenza pura che spuntavano non appena gli esseri notturni abbandonavano il loro luogo. E anche i loro Cuori, le essenze luminose nel loro petto, splendevano timidamente nel loro corpo scuro e vivevano con loro. Poi, dopo essersi seduti o sdraiati, mentre i lunghi steli d'erba li coccolavano, essi contavano le Stelle.                                                                                                                                                            Orpheus, invece, dopo aver abbandonato le foglie degli alberi, nero e spento si allontanava dal gruppo per rifugiarsi nella solitudine in un promontorio isolato, a contare le Stelle e a massaggiarsi la grossa cicatrice nera dove un tempo ormai passato c'era stato un bianco Cuore pulsante.

Sono il nulla, pensò una notte.

Sono davvero il nulla.
Le mie gambe, la mia faccia, il mio petto, la mia esistenza sono il nulla assoluto.
Rimango qui, a contare le Stelle, da solo nell'abbraccio della Notte.                                               E' la Notte, mia unica amica, a vegliare su di me.
Il buio freddo e spietato mi accoglie, mi cura, mi penetra. E' parte di me, poiché io sono parte di lui.
Il suo riflesso è la mia anima, e la mia anima si riflette in lui. E' per questo, forse, che io non temo il buio.
Come si può temere sé stessi?
Vieni, Notte.                                                                                                                                                                 Prenditi quello che resta di me.
Poiché questo squarcio mi entra in profondità, mi trafigge l'anima.
Mi hanno rubato il Cuore, oh Notte, me l'hanno rubato nel sonno.
Che cosa sono io senza il mio Cuore, senza di Lei?
Mi manca.
Mi manca il suo viso, il suo sguardo, la sua pelle, il suo modo sottile di pensare, il suo sentirsi mia,
il modo in cui sollevava leggermente la testa quando uno sbuffo di vento arricciava la Notte.
Mi manca tutto questo, mi manca Lei.
Si è presa il mio Cuore, e assieme ad esso anche ciò che ero e che mai più sarò.
Quante Stelle dovrò contare ancora prima che tu ritorni?

I Contatori Di StelleWhere stories live. Discover now