Capitolo 6 - Sogno ad occhi aperti

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"Sento la sua musica melodiosa. Non è possibile. Sono forse morto? Potrebbe essere la fase di transizione. Avevano detto che quando si muore l'assenza di ossigeno ti fa provare emozioni bellissime. Ma io sto ragionando. Io sto pensando, non posso essere morto. E non sento neanche dolore. Se solo avessi la percezione del mio corpo, se vedessi qualcosa!"

Sentí improvvisamente una melodia arrivare da qualche parte:

"Perchè sento il suo violino? Non ha senso! Devo cercare di capire dove sono."

Non aveva ancora percezione del suo corpo ma se non altro ragionava. Cominciò a sentire un certo formicolio, e cercò di forzarlo per vedere cosa sarebbe successo mettendoci tutto se stesso. "Lo sento, sono le palpebre. Presto scoprirò che diavolo è successo"

Spingeva con tutto se stesso, con un misto di terrore e di disperazione.

"Ancora uno sforzo. Comincio a vedere un filo di luce. Dai, ci siamo quasi, devo farcela." Con molta fatica riuscí ad aprire gli occhi vedendo prima tutto molto luminoso, poi sempre meno sfuocato:

"Sono in una casa! E sono sdraiato. Ma non riesco a muovermi. Che sia rimasto paralizzato?"

La melodia si interruppe, il silenzio cadde nella stanza, ma lui non riusciva a parlare. Un piacevole rumore di passi aumentava di intensitá e qualcuno sarebbe presto spuntato da dietro l'arco della sala. I suoi occhi videro ciò che avrebbe desiderato piú di ogni altra cosa. Anya era lí. Le lacrime disegnarono due solchi profondi come cicatrici sul viso di Fel. Non solo era ancora vivo, ma poteva rivedere finalmente quella persona che tanto bene lo aveva fatto stare e che avrebbe forse potuto tenergli compagnia, ora che era lí. Gli sembrava un miraggio. Sembrava diversa da come se la ricordava. Era un fiore sbocciato.

Appena lo vide e capí che si era svegliato, rimase senza fiato. La bocca si socchiuse di qualche centimetro e le mani si alzarono immediatamente a coprire il viso con le dita, lasciando fuori gli occhi.

Fel fece un leggero sorriso senza riuscire a parlare. E un pensiero gli balenò in testa: "È ancora piú bella di quando l'ho lasciata. Se solo Judith non avesse interrotto tutto quanto." Aveva i capelli sciolti e gli occhiali da vista. Un vestito lungo fino alle ginocchia, leggero e bianco, mostrava le gambe snelle e le braccia piú esili di come non fossero in precedenza. Era cresciuta, ed era anche molto piú matura in viso. Ma quanti anni erano passati senza vedersi ne parlarsi.

Si avvicinò con calma al letto, e guardandolo negli occhi gli disse: "Mi sei mancato. Non ti lasceró mai piú, nemmeno un secondo, mai. "

E lui provando a emettere qualche suono ma solo sottovoce, riuscí a dire: "Sí".

Mentre lei lo guardava, evidentemente stanco per lo sforzo si riaddormentò.

Passò quasi tutta la giornata prima che si svegliasse di nuovo. Ma questa volta, la vita, gli avrebbe riservato ben poche felicitá. Doveva affrontare ciò che era successo, doveva conoscere le veritá piú dolorose.

Erano arrivate le diciotto. Appena riaprí gli occhi, poteva di nuovo parlare normalmente e camminare con le sue gambe, sebbene un po' a fatica. Era inspiegabile anche per lui come fosse possibile riprendersi con una sola dormita. La casa in cui era alloggiato era grande e spaziosa, la stanza in cui dormiva era illuminata da una grande vetrata che dava su un bosco verde e nella parete opposta si apriva un arco che dava sulla sala, corredata di un divano antico giallo con fantasie verdi, e da un tavolo rotondo di mogano.

La casa sembrava vuota, cosí si avvicinò al tavolo e si appoggiò ad una sedia, cercando di stare in piedi. "Anya!" Urlò. E aspettò qualche secondo. Di risposta la sentí affrettarsi per le scale e arrivare nella sala. Come lo vide lo abbracciò e gli appoggiò la testa sul petto. Lui la abbracciò con il braccio destro, mentre il sinistro lo teneva ben ancorato alla sedia. Stette in quella posizione per un minuto intero, per poi accorgersi che stava piangendo. Interruppe l'abbraccio e si sedette sul divano. Si asciugò velocemente le lacrime e accovacciò le gambe sul divano, appoggiando il mento sulle ginocchia e tendendosi i piedi con le mani. Fel la raggiunse lentamente e le si sedette affianco sul divano.

"Presumo che tu mi debba raccontare tante cose." Disse lui attirando a se i suoi occhi limpidi e sinceri.

Lei annuí.

Cominciò prendendo un respiro profondo: "Eravamo tutti a teatro. Io mi stavo guardando allo specchio, stavo pensando a te. Volevo sentirti in quel preciso momento. Quando mi ha chiamato Judith dicendomi che non sapeva se ce l'avresti fatta e che stavate venendo qui per me" terminò in lacrime.

Si guardarono in faccia e appoggiarono le loro fronti. Entrambi erano emozionati, si strinsero forte e si addormentarono in quella posizione sul grande divano della sala.

Si svegliarono circa due ore dopo quando il campanello di casa suonò.

"Questa è Evelyn!" Disse mentre riapriva gli occhi. Con poca grazia ribaltò Felix e si precipitò ad aprire la porta. Evelyn era di Lodz, l'aveva vista qualche volta uscire con Judith e Anya. Le vide arrivare insieme e subito ebbe l'impressione che tra di loro potesse esserci qualcosa, ma dovette ricredersi poco tempo piú tardi.

Evelyn era di una bellezza disarmante. Questa volta non poteva far finta di niente. Era alta come Anya, ma decisamente piú muscolosa e formosa. Fu un colpo di fulmine. Capelli biondi, ondulati e lunghi, aveva un viso piú marcato nei lineamenti, il trucco molto pesante e un vestito quanto meno provocante.

"Ti sei svegliato dormiglione!" Disse con tono scherzoso e solare Evelyn.

Fel rimase un attimo sconcertato. Poi si fece coraggio e rispose a tono: "E tu saresti?"

"Evelyn ovviamente. Il nome rispecchia la bellezza mi dicono." Rispose lei con personalità e neanche un briciolo di modestia.

Si intromise in tutta fretta Anya per fermare quella scena: "Fel, lei abita con me. Ti ha curato quando io non potevo. Questa è casa nostra. Tu vivi con noi."

"Esatto bello mio, dovresti ringraziarmi per tutto quello che ho fatto per te, ti ho dato un mese della mia vita e non mi dispiacerebbe dartene ancora se devo essere sincera". Lo bacchettò Evelyn, terminando la frase con un occhiolino. "Eve ti ricordo che ci sono anche io, e ti sento!" La ammoní con un certo nervosismo Anya. Felix era spiazzato e al contempo altamente compiaciuto del comportamento deciso e diretto della sua nuova conoscenza.

"Sei per caso gelosa del tuo bocconcino Anya, non temere quello che lui prova per te non finirá per colpa mia." Rispose Evelyn.

"Ma se non lo conosci nemmeno" ribattè Anya indispettita.

"Il suo viso parla per lui" concluse lei.

Senza preavviso le interruppe Fel: "Scusate, da quanto sono parcheggiato in questa casa, tanto per sapere?"

"Da qualche mese direi". Rispose Anya sorridendo.

"Vado a farmi un bagno." Disse fingendo di ignorare per un istante le ultime parole di Anya. Poi si fermò, sgranò gli occhi e voltato di spalle domandò: "se sono stato tutto questo tempo addormentato, allora il bagno..."

Evelyn lo avvicinò, gli mise una mano sulla spalla e gli sussurrò all'orecchio: "Indovina chi te l'ha fatto?"

"Non me lo dire." Rispose in fretta Fel girando la testa verso Anya e lanciandole un'occhiata furiosa.

Anya che aveva assistito alla scena dalla cucina si giro dall'altra parte e si mise un mano sulla fronte: "Povera me, che dovrò sopportare tutto questo."

Chained - Le originiWhere stories live. Discover now