Prologo

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Tutti, nessuno escluso, hanno perso qualcuno nella vita.

C'è chi accetta la perdita, c'è invece chi può metterci anche molto tempo.

Secondo la famosa teoria di una certa psichiatra svizzera vissuta nel novecento, la Kübler-Ross, cinque sono le fasi dell'elaborazione del lutto.

La negazione, in un primissimo stato.
Appena dopo la perdita, si ha come l'impressione che la vita senza quella determinata persona non abbia più senso. Siamo persi, alienati da noi stessi e tutto perde colore, odore e sapore.

In un secondo momento, sopraggiunge la rabbia: un sentimento reale e indispensabile per iniziare a comprendere ciò che ci circonda.
In questo contesto, la rabbia è un'emozione positiva.

Con la negazione affrontiamo il dolore fine a sé stesso. Vorremmo a tutti i costi che la persona tornasse, vorremmo poterne cambiare il destino; la rivorremmo in vita.

Sopraggiunge poi un sentimento di depressione, ma non nel senso stretto del termine.
È una sensazione di vuoto non permanente, destinata ad andarsene, ma utile per giungere all'ultimo stadio.

L'accettazione della realtà.

Questo non implica che il dolore cessi di esistere, ma permette almeno di abituarsi all'assenza.

L'accettazione permette di diventare consapevoli e la consapevolezza ci porta ad elaborare il lutto con coscienza.

Questa però è solo una delle tante  teorie che stanno dietro a un difficile processo talvolta inspiegabile e inaccettabile.

Nella realtà non è detto che si passi esattamente per questi cinque stadi.
C'è chi non prova la rabbia, ad esempio;
oppure chi non riesce ad accettare mai la perdita di qualcuno. Non se ne abitua mai, un po' perché non vuole, un po' perché non si sente capace di farlo.

A questa teoria si potrebbe aggiungere allora un sesto stadio, non contemplato.

La non rassegnazione.

Stato che implica tutte le altre, ma allo stesso modo le supera.

Chi non si rassegna nega, prova rabbia, cerca di negoziare, può sentirsi depresso e per assurdo può anche non accettare. Non si rassegna al punto da crearne una malattia.

Non sempre, ma è possibile.

Chi non si rassegna vive di ricordi.

Chi non si rassegna venderebbe l'anima al diavolo per poter tornare indietro nel tempo.

Chi non si rassegna è disposto a sconvolgere propria vita, stravolgere gli ordini.

Chi non si rassegna può anche arrivare a immaginare di vivere qualcosa che non esisterà mai.

La Stanza Accanto  [In Revisione]Where stories live. Discover now