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«Sembra che tu abbia appena visto un fantasma. Che diavolo hai, Gale?»

Jess aveva riaperto gli occhi, ma ancora non era riuscito a dire una parola.
Era rimasto pietrificato a osservare la scena surreale che si trovava davanti.
I soliti del gruppo erano tutti lì, ma insieme a loro c'era anche April; o perlomeno, qualcuno che sicuramente le somigliava molto.

Quella tizia era reale - per quanto potesse esserlo - e continuava a fissarlo con fare preoccupato.

Jess ci teneva davvero, ad avere spiegazioni, ma di certo non avrebbe saputo come chiederle e in ogni caso, se si trattava di uno scherzo, stava durando fin troppo. Com'era possibile che la sua migliore amica si trovasse in carne e ossa davanti a lui? Non ne aveva la più pallida idea, ma di sicuro non si sarebbe fatto scappare quell'occasione ghiotta di poterla finalmente riabbracciare.

Si alzò in piedi e, con fermezza, afferrò tra le braccia l'esile corpo di April.
Quell'abbraccio era la prova che non stava sognando: sentiva le forme sinuose di lei tra le mani, percepiva il suo calore. Era carne e pelle; era umana.

«Ehi, molla un po' la presa! Mi stai facendo male! Si può sapere che hai?» April si liberò a fatica dalla stretta. A malapena riusciva a respirare.

«Mi sei mancata così tanto!» rispose lui. Tremava e a stento riusciva a trattenere le lacrime.

«Ma se non ci vediamo da appena due mesi! Sei sicuro di stare bene?»

Lo allontanò con dolcezza e lo  guardò intensamente. Sembrava che Jess non stesse per niente bene, ma le veniva difficile capire il perché.

«Fossero solo due mesi...» sussurrò lui, stando attento a non farsi sentire.

Dentro si sè, un turbinio di emozioni contrastanti lo facevano sentire felice e preoccupato allo stesso tempo.
Era gioioso, ma allo stesso tempo era anche triste. La paura di perderla - ancora - sovrastava qualsiasi altra sensazione. Jess temeva che April presto si sarebbe dissolta davanti ai suoi occhi. Forse, solo allora, avrebbe accettato la realtà: era diventato semplicemente pazzo.

Era chiaro che il resto degli amici non avesse capito niente, ma forse era meglio così. Anche Jess tutto sommato non aveva risposte per quello che gli stava capitando. In seduta stante decise allora che di quella storia assurda non ne avrebbe fatto parola con nessuno. Sarebbe stato troppo complesso spiegare ciò che stava vivendo.

Un ragazzo dai capelli mossi si fece avanti e interruppe i pensieri di Jess.

«D'accordo, è chiaro a tutti che Gale fa uso di roba buona ed è ancora più chiaro che, come amico, dovrebbe offrirne un po' anche a noi!»

Una fragorosa risata generale stemperò un po' tensione che si era venuta a creare. Nonostante Jess apparisse un po' più rilassato, April continuava a fissarlo sgomenta. La reazione che lui aveva avuto era per lei davvero incomprensibile.

«Ti avrò telefonato almeno una decina di volte in questi giorni e tu non hai mai riposto. Perché?» chiese lei, tornando a concentrarsi solo sul suo strambo amico. «Mi spiace non aver partecipato al tuo compleanno; se solo tu ti fossi degnato di prestare attenzione a quell'aggeggio che ti porti sempre appresso, sapresti i motivi!»

Jess afferrò il cellulare e aprì il registro chiamate.
Davvero April lo aveva cercato?
Tutte le telefonate senza risposta erano lì, in bella vista, sul display; squilli ai quali non aveva riposto dal momento che, nell'altra vita senza lei, non li aveva mai ricevuti.

«In realtà sono stato occupato.» Cercò di tergiversare. «Il cellulare è stato per tutto il tempo nel comodino. Sai, mia madre, le sue feste organizzate, le torte...»

Per Jess sarebbe stato difficile trovare una buona giustificazione. Cos'altro avrebbe potuto dirle?
Certo, cara April, non ti ho riposto perché sino a dieci minuti fa eri morta.
No, l'avrebbe traumatizzata e in più tutti si sarebbero convinti del suo essere letterlmente uscito di testa.

«Sentite, adesso dovremmo andare verso i dormitori. Ai discorsi strappalacrime potreste pensare dopo esserci sistemati?»

Un ragazzotto con gli occhiali era intervenuto placando un'ennesima  difficile conversazione. Jess lo ringraziò mentalmente per il suo tempismo perfetto, ma poi, ricordandosi di un dettaglio per nulla di poco conto, tornò a essere serio.

Gli alloggi per gli studenti erano suddivisi in due ale distinte: al settore nord stavano i ragazzi mentre al sud le ragazze; al centro, per tenere ulteriormente separati i bollenti spiriti, si ergeva un'enorme sala mensa.

Dal momento che April era appena tornata nella sua vita, Jess provò un forte dolore all'idea di doversi già separare da lei. Di sicuro avrebbe trovato il modo per recuperare tutto il tempo in cui aveva dovuto starle lontano, ma non prima di aver riordinato la sua nuova stanza da letto. Tre anni erano tanti, ma se gli fosse stato concesso abbastanza tempo per stare con lei, allora di certo avrebbe trovato un modo per recuperarli. 

C'erano ancora molte cose da capire.
Se non si trovava in un sogno, dov'era?  Jess aveva desiderato di rivederla almeno una volta, ma ciò che stava vivendo andava ben oltre le aspettative.

Gli era stata data una seconda chance - a entrambi, a dire il vero - e ciò doveva essere un miracolo.
Ecco, forse di questo si trattava. La vita gli aveva concesso una seconda possibilità, qualcosa di soprannaturale. A Jess non fregava nemmeno tanto sapere i motivi per i quali April era lì; a lui interessava solo il fatto che ci fosse. Avrebbe ricominciato a divertirsi con lei come non aveva avuto modo di fare per via della sua precoce scomparsa.

La stanza che venne assegnata a Jess e Mike - il ragazzotto in carne - non era nulla di che: una doppia con letti singoli e con vista proprio sul giardino del campus; un'anonima camera minuscola senza colore e odore, completamente da personalizzare.

Jess iniziò a sistemarsi nel proprio spazio vitale.
Sembrava che la stanza fosse divisa in due parti perfettamente uguali, delimitata da una linea di confine invisibile.
I gusti dei due ragazzi erano pressoché agli antipodi: Mike, che adorava il metal e i gruppi punk rock, cosparse la propria parete con una serie di poster a tema; Jess, per contro, si limitò ad attaccare un paio di fotografie che portava con sé ogni anno. Appese una foto di famiglia, una del suo cane e quella che più amava, l'istantanea che raffigurava April felice sull'altalena di casa Gale.

Jess passò poi a sistemare un paio di vestiti nell'armadio, ma volutamente non aprì nemmeno le valigie contenenti gli indumenti invernali. Le lasciò in un angolo, stando attento a non invadere gli spazi di Mike.

Mancava ancora una settimana all'inizio delle lezioni e i giorni che precedevano l'avvio dei corsi erano i più belli, i più bizzarri e pazzi di tutto l'anno accademico.
Ogni sera, per sette giorni, qualcuno organizzava una festa ed era usanza che tutti gli studenti vi partecipassero, matricole e non.

Jess diede un rapido sguardo al giornalino scolastico e non si stupì di trovare l'annuncio del party più esclusivo della settimana: la confraternita maschile del campus aveva organizzato in pompa magna una grande rimpatriata per inaugurare il nuovo anno. Era un momento importante, poiché venivano eletti i nuovi confratelli e tutti - anche i più sfigati - erano calorosamente invitati a partecipare.

«Tu ci andrai?» chiese Jess mentre mostrava il depliant al suo nuovo compagno di stanza.
Mike lo afferrò, lesse distrattamente e scosse il capo.

«Francamente queste cose non mi piacciono molto, ma se ci andate tutti vengo anche io!»

«Pensi che April ci andrà?»

Mike lo fissò sbigottito. Jess gli aveva fatto una domanda davvero assurda.

«E me lo chiedi anche? Non ti ricordi com'è finita l'anno scorso? Certo, che ci andrà! Non potrebbe perdersi quel party per nessun motivo!»

No, non me lo ricordo, pensò Jess. Non mi ricordo nulla di tutto questo, perché non l'ho vissuto io.

Ripose il giornaletto sul comodino e si lasciò cadere a peso morto sul letto; quella situazione incredibile lo stava stancando più del dovuto.

***

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⏰ Last updated: Jan 28, 2021 ⏰

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