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Raccontare a qualcun altro quel che è successo è strano: finora siamo stati sempre io ed Elrin, non c'era nessun altro oltre la bolla. È sempre stata la nostra realtà.

Istintivamente stringo più la mano sul polso quando una fitta si espande dalla ferita. Non di nuovo. Serro le labbra, mordendomi l'interno della guancia per cercare di non pensare al dolore.

Non ne ho mai parlato davvero con nessuno di quel che è successo. Non ce n'è mai stato bisogno: noi lo sapevamo, noi l'abbiamo vissuto.

La voce della sorella di Aeron mi interrompe. Ancora è strano sentire questi toni nuovi, così diversi.

«Perché?»

Elrin sposta una mano, la appoggia sulla fine della fasciatura. Non ho idea di quale sia la risposta. A saperlo... ci saremmo evitati diversi problemi.

«Non lo so».

È difficile ammetterlo, soprattutto quando è la verità. Potrebbero aver bisogno di informazioni, gli Immortali sono un problema anche qui – lo sono in tutto il mondo. Ma non le abbiamo.

Non siamo i salvatori, non siamo nessuno di troppo diverso a loro.

«Sarebbe bello saperlo». Aeron si siede sulle scale, si piega in avanti e scuote la testa. «Insomma, anche sapere per cosa cazzo stiamo combattendo».

«C'è mai stato un motivo?»

«Per la guerra? Non lo so, ma diciamo che una volta venuto meno un motivo è facile trovarne un altro se hai un fucile in mano: un nemico o lo trovi o lo crei».

Lo fissiamo entrambi, aspettando che continui. Non so cosa aspettarmi dalle sue frasi, non so niente di questo posto.

«Be'?» chiede dopo qualche attimo di silenzio. «La conversazione muore così?»

«Stavamo aspettando... sembrava volessi aggiungere qualcosa» gli risponde Elrin grattandosi una guancia.

«Nah» esclama agitando una mano. «La guerra è sempre stata un'azione inutile che continua ad andare avanti per inerzia. E non c'è bisogno di allontanarsi troppo: la città è distrutta qui come negli altri quartieri. Quei... diciotto binari sono tutto ciò che ci è rimasto da difendere».

«Però perché non gliela fai vedere?» chiede Mirah.

Aeron alza lo sguardo: ha l'espressione in volto di chi è stato colto di sorpresa e da cui ci si aspetta subito una risposta. Annuisce con un cenno della testa, poi si volta verso di noi. «Che dite?»

***

Aveva ragione.

Le macerie sono macerie, possono cambiare i materiali e le forme dei pezzi, ma cumuli erano e cumuli rimangono. Scivolano sotto le suole consumate dai passi e dal tempo.

È tutto molto simile ad altre cose già viste.

Quando le macerie si diradano, una strada fa capolino tra la polvere chiara. Aeron si gira, continua a camminare all'indietro.

«Insomma, non so che abbia in testa mia sorella, ma a me non sembra una buona idea».

Mi volto verso Elrin che ricambia la mia occhiata. So quel che sta pensando: noi non abbiamo quasi mai avuto buone idee e ce la siamo sempre cavata vuoi per fortuna vuoi perché siamo Superstiti.

«Non c'è un granché da vedere secondo me ed... e può essere pericoloso».

Elrin stringe istintivamente la mano sui coltelli: non sarebbe la prima volta che ci troviamo ad affrontare gli Immortali e probabilmente non sarà l'ultima.

Quando smette di parlare, il silenzio torna a circondarci. Non c'è nemmeno il vento che fischia tra i palazzi: è tutto calmo, ma non riesco a non agitarmi.

I vicoli che di tanto in tanto si affacciano sulla via principale potrebbero nascondere pericoli: sono stretti e bui, luoghi ideali in cui nascondersi. Aeron si è girato, per quanto cerchi di mostrarsi calmo, la mano sulla pistola alla cintura non si è mai spostata. E lui è di qui, lui dovrebbe sapere quali sono i pericoli.

Passo la lingua sulle labbra, poi tiro via una pellicina: è odiosa la sensazione di pericolo imminente. Si è attaccata alla pelle e non va via. E qualcosa potrebbe succedere, gli Immortali non sono così distanti stando ai loro racconti.

«Val?» Elrin si ferma, appoggia una mano sulla mia spalla, poi schiocca le dita di fronte al volto. Sbatto le palpebre, riscuotendomi all'improvviso. «Va tutto bene?»

Aggrotto la fronte, guarandomi intorno: Aeron è solo qualche passo più avanti, i suoi capelli bianchi quasi si mimetizzano tra le macerie; gli edifici crollati da entrambi i lati non aiutano a capire un punto da prendere a riferimento.

Forse è quello. Forse è la mancanza di punti a cui posso aggrapparmi, luoghi che conosco.

«Sì» mento con un filo di voce. Vorrei davvero mettere a tacere la vocina nella testa, così convinta che possa succedere qualcosa di brutto. Ingoio a vuoto, poi riprendo a camminare, raggiungendo Aeron.

«C'è qualche problema?»

Le sue parole echeggiando come quelle di Elrin e a guardarli da una certa distanza potrebbero quasi essere la stessa persona.

«No, no» gli rispondo accompagnando le parole con un cenno della mano. «Va tutto bene».

«Non oso immaginare quanto sia strano. Insomma, mi sembra che ne abbiate passate di tutti i colori».

«Abbiamo avuto i nostri momenti, ma sì... è strano. Perché nessuno ha pensato di dare un'occhiata in giro?»

«Nelle altre città?»

«Sì».

«Gli Immortali ci hanno bloccato qui in pratica» risponde. Infila le mani in tasca, ma subito le porta fuori: dubito riuscirò a sentirgli dire una frase senza gesticolare. «Dalla stazione ci sono due direzioni: destra, nord; sinistra, sud. Qualche chilometro verso nord c'è una delle uscite della base degli Immortali, qualche chilometro verso sud ce n'è un'altra. Potremmo superarla, sì, ma... per fare cosa? Non sappiamo quanti sono e ormai nessuno vuole lasciare la Città 26, non c'è un motivo per andarcene da qui. E no, non dirmi lo scappare dalla guerra. Insomma, qui sappiamo dove si nascondono gli Immortali... fuori no». Fa qualche passo indietro fino ad appoggiarsi a un muro semi crollato. «E a questo punto credo che non potrei nemmeno riconoscere le vie della mia città natale. Non posso definire quella stazione casa, ma è quanto più di simile abbia al momento».

Immagino sarebbe stato bello avere un posto verso cui poter sentire un senso di appartenenza.

Non abbiamo mai avuto un posto dove stare.

«Be', andiamo» borbotta Aeron. «Anche se non so se sia bene andare».

«Perché?» gli chiede Mirah. «Probabilmente non hanno mai visto questi posti e gli Immortali sono tranquilli da qualche giorno».

«Qualche giorno è sempre troppo poco» sibila Elrin. Aeron lo appoggia, annuendo con un cenno della testa.

I posti saranno anche diversi, ma le vicende che

«Non lo so. È una sensazione. Ed è orribile» risponde. «Ma forse è solo dovuto all'attacco dell'altro giorno... non lo so, davvero».

La colonna di fumo nero che si alza verso il cielo non lascia presagire nulla di buono. Sembra abbastanza distante, ma anche non senza conoscere le distanze, so benissimo che si tratta degli Immortali.

«Non Rifredi» sibila Aeron prima di correre via.

Sentirsi di troppo non è difficile: tutti sembrano avere un posto dove andare, cosa fare e come comportarsi. Mimetizzarsi con le pareti è la cosa più logica che mi viene in mente.

«A rimanere da soli queste cose non succedevano».

Annuisco, incrociando le braccia. Qui siamo gli estranei, potrebbero anche ritenerci responsabili o un collegamento a questo attacco.

«Che facciamo?»

Elrin scuote la testa, scivola fino a sedersi sul pavimento. «Aspettiamo, come sempre. E speriamo di arrivare presto a una fine».


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