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Quando lo sparo squarcia l'aria, Val rimane immobile. Da una parte, mi aspettavo la sua reazione, ma dall'altra so che Val non ha mai imparato niente. O forse non ha mai capito quello che dovrebbe fare.

Stringo le mani sul volante, le nocche sbiancano. A ripensarci, che altro potrebbe fare?

Si guarda intorno e istintivamente la imito, ma c'è il vuoto intorno a noi. Non c'è nessuno, ma lo sparo non può essere arrivato dal nulla.

Chiunque abbia esploso quel colpo non verrà certo fuori dal suo nascondiglio se il suo intento non andava oltre lo spaventarci o farci capire di andarcene. Avrebbero sparato alle gomme o in punti del corpo più esposti per ferite gravi.

Umani, Immortali o altri Superstiti – chiunque sia, qui non siamo i benvenuti. Non lo saremo mai da nessuna parte.

Odio tutto questo.

«Andiamo» mormora subito dopo aver chiuso lo sportello. Lascia la stretta della mano dalla stoffa dove si è già allargata una macchia scura, poi si gira, afferrando un asciugamano dal sedile posteriore. «Il prima possibile» aggiunge sistemandolo intorno al braccio.

Non dice altro e appoggia la testa sul finestrino, stringendo appena la mano sulla fasciatura di emergenza. La perdita di sangue almeno per il momento non sembra grave.

Allungo un braccio verso il pulsante di accensione del lettore CD, alzando di qualche unità il volume; la guardo per un istante prima di tornare a fissare la strada. È strano che non dica nulla, di solito si lamenta non appena oltrepasso il limite.

Vorrei sapere che cazzo le passa per la testa, ma posso solo immaginarlo: chi ha sparato e perché a lei, quando danni ben più gravi sarebbero stati fatti mirando alle gomme.

Quando anche la quinta canzone finisce, non ha ancora detto niente; abbasso di qualche tacca, poi lascio andare il gas per rallentare.

«Val?»

«Cosa vuoi?» mugugna.

«Stai bene? Sembri strana».

«Stavo solo pensando» sospira dopo un attimo di silenzio. «È strano, un colpo così non ha senso, ma forse volevano solo farci andare via. Alla fine, la crepa non era un problema come pensavi».

«Sì» le rispondo a denti stretti. «Senti, abbiamo qualche medicinale, possiamo fermarci... se vuoi».

«Forse?»

Un'altra sosta non è proprio l'ideale, ma immagino che sia meglio darle ascolto.

«Guidi anche da diverse ore... potrebbe essere meglio fermarsi, no?» continua dopo qualche attimo di silenzio.

«Sì» le rispondo stringendo le mani sul volante. Gli occhi iniziano a bruciare, per quanto non sia forte il riflesso è costante e inizia a dare fastidio.

Non ribatte, sposta di poco l'asciugamano per controllare la perdita di sangue, poi lo stringe di nuovo con forza; appoggia la testa al finestrino e sospira.

Svolto alla prima uscita disponibile dell'autostrada: ne abbiamo oltrepassate almeno due, ma le rampe erano in pessime condizioni e rischiare di rimanere senza la macchina non è affatto l'ideale.

«Secondo te dove siamo?»

«Ad averne idea».

«Infatti ho chiesto la tua opinione, non le coordinate precise» sbuffa lei.

«Come va la ferita?»

«Starei meglio se non fosse successo, ma non sembra nulla di grave. Non perdo molto sangue ed è solo il braccio, alla fine».

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