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capitolo quattro ;; bacia i miei respiri e fai parte di essi

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capitolo quattro ;; bacia i miei respiri e fai parte di essi

la realtà venne sbattuta in faccia a felix come un'onda che si abbatte contro uno scoglio. se lo aspettava, a dirla tutta, era abituato al dolore che veniva a trascinarlo fra le sue grinfie maligne mentre stava sfiorando ciò che per lui più si avvicinava alla felicità. accadde proprio su quella spiaggia solitaria, una nube che d'improvviso oscura il cielo limpido, changbin e felix stavano chiacchierando su ciò che riguardava entrambi, changbin se lo ricordava; felix gli aveva appena finito di raccontare di quanto amasse i bizzarri racconti scritti da Murakami, quando un pallore innaturale si fece spazio sul suo viso non più sereno , e il maggiore non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli se andasse tutto bene, che subito si era accasciato sulla sabbia tiepida adesso bagnata dal bicchiere in ceramica contenente l'acqua bluastra degli acquarelli. changbin, era come paralizzato. ci mise poco, a chiamare l'ambulanza, e mentre portavano felix all'ospedale, un'onda trascinò con sé il dipinto ancora non concluso che il minore stava facevo al corvino, portando con sé un pezzo di quella giornata che changbin avrebbe tanto voluto ricordare diversamente.
felix aveva una rara malattia ai polmoni che poteva impedirgli di respirare da un momento all'altro; avevano provato con diverse terapie a guarirlo, ma niente era sembrato dar pace al corpo stanco di felix, che ormai si era rassegnato al triste destino che il fato gli aveva riservato in una scatola dorata. questa malattia, errore del sistema di quello che era il suo corpo martoriato, gli aveva impedito di provare qualsiasi esperienza in 19 anni di vita; qualsiasi emozione gli arrivava distorta alla mente, come un bel sogno che non aveva mai avuto l'occasione di rendere realtà. era volato in corea perché voleva spendere quelli che erano i suoi ultimi mesi di vita nel luogo che gli aveva dato le sue origini, e aveva corso un sacco di rischi solo per realizzare uno dei suoi tanti sogni. changbin si sentì estremamente stupito. avrebbe dovuto intuirlo; la pelle pallida, le guance scavate, le occhiaie violacee che gli incorniciavano gli occhi stanchi. aveva dato sempre tanti segnali, ma gli occhi ciechi del più grande non erano mai riusciti a cogliere quei dettagli che spesso gli avevano urlato di quanto felix stesse male, aveva la mente annebbiata dal fantasma di hyunjin, e non riusciva a perdonarlo. fu in questo momento che decise, col cuore in gola, di chiudere il suo passato in uno dei polverosi cassetti del suo cuore, e concentrarsi completamente sul ragazzo che per settimane aveva riempito la sua mente con sorrisi dolci come il miele e pensieri profondi come i suoi quadri.
changbin aveva lo sguardo rivolto alla grande finestra dell'ospedale, seduto su una sedia mezza rotta e con miliardi di pensieri in testa. guardava da dietro il vetro lucido e spesso come le gocce di pioggia picchiavano sul suolo, le pozzanghere che si formavano nei solchi dei marciapiedi, la gente che in lacrime o con un sorriso abbandonavano l'edificio. changbin aveva la testa piena e vuota allo stesso tempo, un buco nero straripante di domande senza risposta, un nome inciso nel mezzo e troppi punti di domanda attorno. l'unica cosa a cui riusciva a pensare era felix, lee felix, quel ragazzo biondo sempre sorridente che forse parlava un po' troppo, pieno di discorsi sulla natura e sulla scienza, e changbin si sentì così tremendamente in colpa. lo aveva usato per così tanto tempo, pendendo dal suo corpo appena il volto di hyunjin gli tornava in testa, come se quel fragile ragazzo avesse potuto far da scudo al suo passato peccaminoso. il cuore gli batteva nel petto così veloce che ebbe paura i pazienti attorno a lui potessero sentirlo, le gambe che tremavano così forte che temette potessero cedergli da un momento all'altro, quando un dottore venne a parlare con lui. per la seconda volta nella sua vita, changbin provò quella sensazione di vuoto abissale al petto quando si trovava fra il filo che lo collegava con una persona, mentre quella si trovava fra la vita e la morte e lui non poteva far niente se non aspettare delle risposte.

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