Chapter 14 - Spend The Night With Me

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Guardavo allo specchio il mio riflesso senza riconoscere la persona che avevo di fronte.
Rammollita, debole, che si era fatta comandare a bacchetta dal primo idiota capitato sotto mano.
Ma cosa cavolo mi era successo? Non mi legavo mai così tanto alle persone, eppure eccomi qui alle tre di notte a rigirarmi nel letto pensando a qualcuno che non potevo avere. Non nel modo in cui avrei voluto io almeno.
Forse non potevo averlo, ma potevo pur sempre vederlo tutte le volte che volevo. Quindi perché starmene ferma a pensare senza agire?

Fanculo Katherine, prendi un fottuto taxi e vai da lui, se è questo che vuoi. Fai ciò che vuoi, come hai sempre fatto. Se ora è questo che ti fa stare bene, fallo e basta.
E così feci.
Mi vestì alla meno peggio, mi sciaquai, misi un velo di trucco e chiamai un taxi per arrivare dritta a casa sua.
Passò dopo 5 minuti.

Le luci della città si riflettevano sui finestrini, pensai alla faccia che avrebbe fatto vedendomi arrivare di soppiatto in casa sua. Avrebbe voluto spiegazioni, ed io avrei dovuto rispondere nel modo in cui rispondeva sempre lui "avevo voglia di vederla".
Il viaggio duró un'infinità, forse perché ero agitata, perché morivo dalla voglia di averlo di nuovo per una notte intera per me.

L'auto si fermò davanti alla sua casa, dovetti suonare il campanello per farmi aprire il cancello, che a differenza delle altre volte, non era aperto.
Quando la sua voce rispose al citofono, mi sembró più ovattata e strana del solito, ma che potevo pretendere. Era notte fonda, la gente dormiva a quell'ora.
Come mi è saltato in testa di andare a disturbarlo di notte, e se fosse con sua moglie? Se stesse lavorando? Che persona incosciente sono.
Scesi dalla macchina di fretta, e suonai il campanello, quando mi aprì la porta riuscì a leggere lo stupore disegnato sulla sua faccia, gli occhi ripresero colore dalla stanchezza della notte, e le guance divennero rosee.
Era... Felice.

"Signorina Katherine, cosa ci fa qui a quest'ora?"

"Mi sembra di rivivere un deja vu signore, lei fa le domande, io le do le risposte", mi venne da sorridere al pensiero che di solito ero io a fargli le domande.

"Volevo vederla signore."

"Cosa devono sentire le mie orecchie, vede allora che è come dico io, più la tratterò male, più lei vorrà stare con me, come se fossi una droga per lei".

Rimasi di sasso a quelle parole. Era lui quello drogato, che aveva bisogno di me per stare bene, eppure ero stata io a suonare di notte alla sua porta.
Mi sfiorò il collo scansando via i capelli, per vedere il segno che mi aveva lasciato.

"Le fa ancora male, non è vero?"

"Solo se ci passo il dito sopra, è sopportabile".

"Molto bene, adesso venga dentro".

Lo seguì senza pensarci chiudendomi la porta alle spalle.
Da quello che vidi, nemmeno lui riusciva a dormire. Era sul divano con un lenzuolo e una serie di bottiglie poggiate sul tavolino pronte ad essere ingurgitate da un momento all altro, la televisione accesa ad un volume bassissimo, segno che neanche la stesse guardando, la usava come pretesto per tenergli compagnia, come quando cerchi di addormentarti e hai il bisogno di sentire qualcuno che chiacchiera in sottofondo per prendere sonno.

"Anche lei ha problemi di insonnia signore?"

"Diciamo che la mia testa viaggia il triplo di quanto che dovrebbe, non riesco mai a dormire quando ne ho bisogno. Si sieda, le offro da bere. Tranquilla, non voglio farla ubriacare per approfittarne di lei".

"Ad essere onesta, non sarebbe un approfottarsi se io non mi opponessi alla cosa".

Lessi un sorriso perverso sulla sua faccia.

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