Parte Sesta

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«Rivera. È lui, è questo il nome.»
L'unica frase che la Callaway continuava a ripetere da quando, quella notte, aveva insistito per convocare Mulder e gli altri.

«Rivera. Segnatevelo tutti» disse Mulder, poi, per una seconda volta, si sedette davanti a Gwenda.

«Rivera, dici? Come hai fatto a ricordartelo?» chiese lui alla dottoressa.

Lei prese a rigirarsi furiosamente i capelli tra le dita, facendo segno di assenso con il capo.
«Non... non so bene, ma stavo facendo un sogno e c'era Nora.» Il suo volto si illuminò quando pronunciò quel nome.

«E poi... all'improvviso è arrivato Rivera. Mi sorrideva, però non sembrava felice. Aveva lo sguardo pieno di cattiveria» continuò Gwenda.

Mulder annuì.

Era Rivera l'assassino?

«Non ti ricordi altro? Rivera ha fatto qualcosa che ti ha turbata, in sogno?» chiese il detective.

La Callaway lo guardò con gli occhi sbarrati, poi prese a balbettare.
«Lui... guardava me e poi Nora, ad un tratto si è avvicinato a lei e l'ha indicata.»

Mulder corrugò le sopracciglia.
«Esco un attimo. Dopo continuerò a farle domande» esclamò l'uomo alzandosi.

                                          «Si chiama Rivera

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«Si chiama Rivera. L'ha ricordato grazie a un sogno. Probabilmente è lui il carnefice e la Callaway ha assistito all'omicidio, non se lo ricorda, ma il suo subconscio sì. E ha tramutato i ricordi in un episodio onirico» esordì Mulder.

Ci furono degli scambi di occhiate perplesse tra i presenti.

«Lei si starebbe basando su un sogno?» chiese scettico Jensen, mentre teneva del ghiaccio sul naso.

Mulder lo guardò insospettito.
«Jensen, ti è passato un trattore sul setto nasale?» disse.

Lui s'infervorò e prese a gesticolare.
«Un suo agente mi ha rotto il-»

«Non è rotto, Isaac. Smettila» intervenne Zelda.

Quando si accorse del silenzio tombale che regnava dopo la sua affermazione, aggiunse:
«E comunque, purtroppo, Jensen ha ragione. Non ci si può basare solo su un sogno. Di una persona rinchiusa qui, soprattutto.»

Mulder sbuffò.
«Non avete capito nulla, allora. Lei manifesta attraverso un sogno una cosa di cui non si ricorda per via dello shock» esclamò.

«Ansia dissociativa» confermò Xavier, rimasto in silenzio fino ad allora.

«Sì, quello che è. Ora proverò a farle altre domande. Jensen, voglio che inizi a fare un resoconto appena l'interrogatorio è finito.»

«Certo... signore» rispose l'altro, sorridendo.

 signore» rispose l'altro, sorridendo

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«Bene, Gwenda. Ti sei ricordata qualcosa mentre ero via?» domandò Mulder, tenendo in una mano un bicchiere di caffè.

Lei sorrise sorniona.
«Sì» annunciò.

«Ha una sigaretta?» chiese poi, tranquilla.

Mulder prese il pacchetto e gliene passò una.
Gwenda si avvicinò per farsela accendere.

«Rivera... aveva all'incirca la mia età, diciamo. Era schivo, ma lavorava bene» esclamò, aveva il viso coperto di fumo candido.

«Altro?» disse Mulder avvicinandosi al tavolo.

«È stato il genetista capo per poco tempo.
Gentric diceva che non era all'altezza, ma a me non sembrava. Consegnava sempre i resoconti in tempo, erano molto dettagliati, sa» spense la sigaretta nel posacenere lentamente.

«Però... hanno deciso di spostarlo in un altro settore... e sono arrivata io. Se sta per chiedermelo, no: non so dove si trovi ora Rivera» continuò, sospirando.

«E adesso sono qui. Mi hanno assegnato una psichiatra, o psicologa, non lo so. Ma lei non mi ascolta e mi fa sempre le stesse domande» disse infine, con aria quasi annoiata.

Mulder sbuffò, inarcando le sopracciglia.
In questo momento potrei essere in veranda, a dormire, magari un po' brillo.
Sì rimproverò mentalmente il detective.

«Mi dispiace che non abbiano i giusti riguardi nei suoi confronti, dottoressa. Ma non posso farci nulla, sono un investigatore, nient'altro» rispose l'uomo con un sorriso gentile.

Stai diventando troppo amichevole, Oscar.
Dov'è finito il Mulder spaccaculi di una volta, eh?
Tenerone del cazzo.

Eppure non riusciva a essere schietto con lei. Non poteva farlo.
Olivia... avrebbe poco meno della sua età, ora.

«Detective, sta bene?» chiese Gwenda con platonica preoccupazione.

Mulder si ridestò violentemente dai propri pensieri.
«Sì... sì» Rispose l'uomo.

Una schizofrenica assassina mi chiede se sto bene... come sono arrivato a questo punto?

Mulder si alzò con leggera fatica.
Sentì qualche scricchiolio sussurrato provenire dalla sua schiena. Sospirò.
«Non ho altre domande, dottoressa. Se dovesse ric-»

«Sì lo so. Se dovessi ricordarmi qualcosa, chiederò di lei, detective. Come sempre» affermò la ragazza, osservando attenta i resti inceneriti della sigaretta.

Mulder la guardò un'ultima volta, di sfuggita.
Le assomigliava così tanto.
Il detective si chiuse la porta alle spalle.

«Jensen, hai scritto tutto, vero?» chiese Mulder.

«Certo, signore, come d'accordo» rispose il ragazzo tenendosi ancora del ghiaccio sul naso.

«Dovrò andare all'ospedale, sa. Devo prendermi due giorni di ferie» continuò arcigno Isaac.

«Mh, vedi di-» il detective non riuscì a finire la frase, che un uomo gli si parò davanti.

«Sono Philip Gentric, piacere. Lei deve essere della Omicidi» esordì.

Aveva la pelle pallida e due solchi nerastri andavano a infossargli gli occhi piccoli e scuri. La mano che porse al detective era affusolata tanto da sembrare scheletrica.

Mulder aggrottò per un attimo le sopracciglia. Se lo ricordava molto diverso, il signor Gentric.

«Piacere, sono il detective Mulder. Sì, faccio parte della Omicidi. Lei, invece? È venuto a trovare la dottoressa Callaway?» chiese Mulder.

Gentric sospirò, annuendo.
«Sì. Sono venuto a trovare mia figlia.»

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