Parte Quinta

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«Lo stiamo seguendo da giorni. Non fa nulla di particolare: arriva alle nove e un quarto al lavoro, per le sette e mezza è a casa. Le sue giornate sono tutte così monotone, tranne la domenica. La domenica la passa con la sua famiglia» esordì Jensen tenendo in mano delle foto ritraenti Kellerghan in diverse situazioni.

Mulder aveva annuito per tutto il tempo, ma quando parlò sembrò tutt'altro che d'accordo.

«Isaac, avete pensato a controllarlo anche di notte?» disse.

«Signore, siamo rimasti sotto casa sua fino a venti minuti dopo la sua entrata dal portone.»

Il detective imprecò sottovoce, sbattendo con forza sulla scrivania il palmo della mano.

«Questo per me è un no, Jensen! Lo capisci, vero, che venti fottutissimi minuti non bastano? Quel cazzo di Kellerghan può andarsene dalla città in una notte, fare tutto quello che vuole! Cosa credevate? Che una volta visto entrare in casa ci sarebbe rimasto automaticamente tutta la notte? Che si sarebbe messo a dormire? Fanculo!» sbraitò furioso, mentre Zelda e Xavier si guardavano allarmati.

«E voi, Lynch, non dovevate permetterglielo.
Non vi credevo così incompetenti da non riuscire a controllare che cazzate stavano facendo!» continuò, aggredendo i due ragazzi.

Zelda rimase composta, inflessibile come sempre, lo sguardo colmo di attenzione non si sbiadiva nemmeno sotto quelle parole.

Dentro, nelle viscere, si sentiva affogare nella vergogna.
Migliaia di aghi fittizi le stavano tartassando il volto, che aveva assunto un colorito rossastro.

Zelda sapeva che quel momento lo avrebbe ricordato per sempre.
Una macchia scura e amorfa a sfigurare la sua carriera limpida.

Xavier, invece, era più turbato dalla reazione della sorella.
Dopo una sfuriata del genere, si sarebbe incupita ancora più di quanto già lo fosse e lui, come sempre, ci avrebbe sofferto più del dovuto.

«Hai ragione, Mulder» si limitò a dire la ragazza, guardandosi la punta delle scarpe.

«Sì! Sì, ho ragione, ma della ragione non me ne faccio un cazzo. Adesso voglio che le persone incaricate di pedinare Kellerghan lo facciano in modo serio e per serio intendo ventiquattr'ore su ventiquattro. Alla minima cosa, ve lo giuro, vi licenzio in tronco tutti. Non ritenerti esente, Zelda. Anzi, visto che sei tu quella con il grado maggiore, stai molto attenta a non fare cazzate, o la colpa ricadrà tutta su di te» esclamò nella sua ultima sfuriata, prima di andarsene verso la macchinetta del caffè.

Rimasero tutti in un assorto silenzio, aspettando gli ordini di Zelda.

Anche Xavier aspettava che la sorella parlasse, d'altra parte era quella con il grado maggiore. Sì, perché lui non era ancora ai suoi livelli, e forse non lo sarebbe mai stato.

La ragazza era troppo persa a rivivere nei pensieri quello che era appena successo.

Non lo aveva mai visto così, Mulder.
Era sempre scontroso, è vero, ma in quel momento era come se l'accaduto l'avesse colpito nel profondo. Se fosse stato per... quell'incidente?
No, era passato troppo tempo.
Era passato davvero troppo tempo.

Quella notte Jensen, Alma Bailey e Zelda aspettavano appostati sotto casa di Kellerghan

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Quella notte Jensen, Alma Bailey e Zelda aspettavano appostati sotto casa di Kellerghan.

Da quanto tempo siamo qui?
Pensò Isaac. Guardò l'orologio, segnava l'una e un quarto.

Zelda era appoggiata al finestrino, pensando a cosa stesse facendo Xavier.
Probabilmente stava annaffiando le piante del suo monolocale, tra la lettura di un fascicolo e l'altro.

Non era andato con loro, Mulder lo aveva incaricato di fare mente locale sulle informazioni che avevano estrapolato fino a quel momento.

«Cosa stiamo aspettando? Se fosse dovuto uscire, lo avrebbe già fatto» esordì Jensen annoiato.

Zelda gli si scagliò contro con freddezza.
«Vuoi perdere il posto, Jensen?» gli chiese.
«Se è così, vai pure» disse lei aprendo la portiera.

«Ma io ci tengo al mio lavoro. E non abbandonerò la postazione solo per una tua sciocca osservazione.»

«Mi scusi, m'lady, se l'ho urtata con le mie parole» rispose irriverente il ragazzo. Poi, continuò.

«Sì, ho notato che il lavoro è tutto per te, troppo forse... ma-»
Non riuscì a finire la frase, che sentì il proprio capo sbattere all'indietro, poi il setto nasale pulsargli e si accorse che del liquido bollente stava sgorgando a fiotti dalle sue narici.

Jensen guardò con disgusto le proprie mani impregnate di sangue vermiglio.

«Il mio naso! Questa stronza mi ha tirato un pugno sul naso!» esclamò cercando di fermare l'emorragia con la manica della camicia.

Alma urlò.
«Gli hai rotto il naso, Zelda!»

Lei si pulì le mani dal sangue del ragazzo sui pantaloni, annuendo.
«Alma, taci.»

«Maledetta bastarda! Hai visto cosa mi hai fatto?» continuò Isaac, osservando con disperazione come il sangue continuasse a fuoriuscire incessantemente.

«Tieni questi» Intervenne subito la Bailey passandogli dei fazzoletti.

«Pattuglia 11... tornate in centrale... ripeto... tornate in centrale...»

Tutti rimasero in silenzio, ascoltando il messaggio proveniente dalla radio.

Poi apparve L'ologramma di Mulder.

«Vi sembrerò contraddittorio. Ma è assolutamente urgente. Dovete raggiungermi in carcere, la Callaway ha insistito talmente tanto che mi hanno chiamato. Dice di ricordarsi chi lavorava al progetto prima di lei.»

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