26.Lo sai che.

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Al mio risveglio tutto sembra tacere.
Molti dei passeggeri sonnecchiano, alcuni leggono altri sentono la musica.
Al mio fianco Doug sta dormendo irrigidito.
È seduto in una posizione davvero molto scomoda, e l'ha chiaramente assunta per cercare di lasciarmi più spazio possibile.
Mi ha infilato due cuscini dietro la testa e mi ha coperto.
Effettivamente l'aria condizionata è parecchio fastidiosa.
La buona notizia è che l'aereo pare viaggiare tranquillo.
Non sento più gli scossoni.
Cerco di stiracchiarmi come posso per risvegliare i miei arti atrofizzati.
Poi mi perdo a fissare l'uomo accanto a me.
Deve avere un certo concetto, forse vecchia maniera, dell'onore.
Glielo si legge in faccia e ne si ha conferma tutte le volte che fa qualcosa.
Cerco di sfruttare il momento per riflettere meglio la situazione.
Ha mollato tutto ed è venuto con me.
Certe cose capitano solo nei film.
Ha un ciuffo ribelle è alzato verso l'alto in una sorta di onda.

Raddrizzandomi sul sedile, pronta ad allungarmi per toccarlo, finisco per smuovere anche il suo, e poco dopo anche apre gli occhi.
Anche mezzo addormentato ha sempre un aspetto ordinato, mentre i miei capelli saranno sicuramente tutti scompigliati.

«Scusami se ti ho svegliato» gli dico sussurrando per non svegliare gli altri passeggeri che dormono.

«Nessun problema» risponde con voce resa sottile dal sonno.

«Come ti senti?» mi domanda raddrizzandosi sul sedile.

«Come nuova. Purtroppo attacchi di panico di questo genere mi capitano quando ho paura e volare è una paura grande. Forse avrei dovuto prendere qualche altra pastiglia.»

«Sì, così in Utah saresti arrivata come cadavere» mi dice ora ben sveglio.

«Che sciocchezza. Sono viva e vegeta vedi?» ribatto seccata.

«Non si sa mai niente con te, quindi niente scherzi d'ora in poi» lo dice con una voce che ha un che di minaccioso.

«Guarda che non mi devi assolutamente riservare trattamenti speciali solo perché ti senti in dovere.
Trattatami proprio come se fossi uno qualsiasi collega» gli dico decisa.

Lui ride, direi però che ride di me.

«Allora vuol dire che appena arrivati penserai da sola alla tua valigia» mi dice enfatizzando il concetto.

«Posso farlo benissimo!» gli rispondo, ma non ne sono così tanto sicura.

Mi guarda senza aggiungere altro, vedo che non riesce a nascondere un sorrisetto di derisione.
Per un attimo non so bene cosa rispondergli.
La verità?
Mentire spudoratamente?

«Va bene, forse potrei avere bisogno di un aiuto con la valigia, ma vedila come l'aiuto che daresti ad un collega»

È meglio ammetterlo, non voglio faticare, e qualcosa mi dice che Doug sarebbe davvero in grado di farmi morire schiacciata sotto il maledettissimo peso.

«Ma questo non vuole dire nulla, sono abituata a guardarmi le spalle» spiego ferventemente seria.

Questo è uno scontro che non voglio perdere.
Vedo che non l'ho affatto convinto, ma non risponde perché sa che con me è fiato sprecato.
Lui mi guarda dubbioso.

Un'ora dopo ci portano da mangiare.
Il cibo in aereo è come sempre scadente, ma almeno è gratis.
Lui lo assaggia appena, mentre io mi fagocito tutto.

«Ti dispiace se prendo anche il tuo, visto che non lo vuoi?» gli chiedo indicando il suo vassoio ancora mezzo pieno.

«Prego, fai pure» mi dice guardandomi curioso ed avvicinandomi il suo piattino.

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