12.Indietro.

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Mio padre, in quelle rare volte in cui era sobrio, mi diceva che il modo migliore per imparare qualcosa è passare ogni minuto del tuo tempo ad osservare qualcuno, mentre lo fa.

"Per arrivare in alto bisogna partire dal basso" mi diceva.

"Impara a conoscere il loro mondo, e ti verranno a cercare appena sprofonderanno"

Magari ci avesse creduto fin in fondo.
Certamente non avrebbe fatto la fine che ha fatto.

«Che ne pensi se partissimo per un'isola deserta?»

Distolgo gli occhi dal punto che stavo fissando girandomi.
Sorrido.
La voce di Lance è sommessa, a malapena udibile sopra il rumore dei miei pensieri.
Osservo il suo volto di profilo, gli occhi fermi che non mi prestano la stessa attenzione dei miei.

«In che senso?»

Con una mano posata sul mio stomaco, con l'altra, strappo un filo d'erba del prato del Parc Maurice-Gauvin, ritornando a studiare il punto di prima.
Il cielo sopra noi.
A pochi metri dalle nostre figure, un ragazzino sta calciando la palla.
Un neonato piange, due cani abbaiano, uno potrebbe essere Flash.

«Io e te, una vita senza nessuno su un'isola deserta» ripete.

Non dico nulla.
La mia mente oramai distratta dal suo discorso senza un vero senso, cerco la cosa giusta da dire, ma è un compito impossibile.
Lui è solito a fare sogni in grande.

«Non saprei...» sibilo sentendo il disagio sormontare.

«Perché no? Ci pensi, ci divertiremmo da matti» sghignazza sottovoce.

Non ne dubito.

«Uhm, si, potrebbe essere interessante» lo assecondo.

Lance si mette sul fianco, con un braccio mi tira a sé, e con l'altro si tiene la testa.
Mi cinge, mordicchiandomi la guancia prima di rivolgermi un'espressione torbida.

«Sarebbe più che interessante, Maeve. Potremo fare sesso ovunque, senza preoccuparci del resto»

Oh giusto.
Il sesso.
Già, perché no?

Vado alla ricerca una risposta accettabile che non abbia a che fare con le mie priorità, che sono sicura non collimano con le sue.
Non trovo nulla.
Forse, è più facile dargli la sua dose di sesso spinto.

«Forse» dico allontanando la guancia dalla sua bocca.
Non voglio che mi lascia segni.

«Forse?» corruccia lo sguardo.

«È il modo in cui rispondi a ogni mia proposta» ribadisce la sua perplessità.

Per un attimo distoglie gli occhi incrociando il mio sguardo abbastanza a lungo da farmi capire che è offeso.

«È una risposta ragionevole» tento di rabbonirlo facendogli un altro sorriso.
Torno ad osservare il parco.

«È una risposta orribile» brontola, tirandomi verso di sé quando cerco di allontanarmi.

Un'isola deserta.
Non saremo durati un'ora.
Un'isola deserta.
Con lui.
Ventiquattr'ore al giorno di Lance e ogni briciola di personalità che lo completa.
Ne abbiamo bisogno?
Lui ne ha bisogno?
Non voglio fare l'antipatica di turno, ma non credo che sia quello che fa al caso nostro.
Ma gli sorrido comunque.

«Sai che c'è? Hai ragione, sarebbe forte»

A quel finto entusiasmo un brivido mi percorre il braccio.
Guardo il suo viso, mostrandogli l'espressione più convincente che possa avere.
Sarebbe stata una catastrofe, ma posso contare sul fatto che non si sarebbe mai avverato.

Lo Strano Québec.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora