Capitolo 4

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Quando Alex riaprì gli occhi, ci mise qualche attimo per ricordarsi dove fosse, poi quel luogo la riportò alla cruda realtà. Si tirò a sedere scoprendo di avere un plaid addosso, poi vide la giacca di pelle appoggiata su un appendiabiti che aveva lasciato una macchia d'acqua sul pavimento. Jason alla fine era tornato. Si tirò in piedi stiracchiandosi, sentiva il corpo indolenzito per quella posizione rannicchiata che aveva assunto tutta la notte e fece qualche passo in direzione del fuoco, quasi del tutto spento, decidendo di rianimarlo buttarci qualche pezzo di legno sistemato in una cassetta lì accanto e dando un movimento alla brace; guardò l'orologio che segnava le 09.25, la sera prima era praticamente crollata dopo che Jason era fuggito, sospirando iniziò a scostare la tenda della finestra lì accanto scoprendo il giardino incolto avvolto da una leggera nebbiolina, mentre la luce di un tiepido sole faceva capolino tra la coltre illuminando le innumerevoli goccioline d'acqua che bagnavano ogni foglia, le sembrò di guardare un paesaggio fantasy mentre un sorriso le arricciava le labbra; aprì la finestra, ritrovandosi a respirare a pieni polmoni quell'aria frizzante e nel giro di poco aprì ogni tenda per far prendere luce a quell'ambiente puntando poi lo sguardo sulla carta da parati verde che sicuramente aveva visto tempi migliori e non trattenne una smorfia: quella casa si presentava davvero male, sia dentro che fuori, ma nonostante tutto, a una piccola parte di lei piaceva, aveva quel vissuto che in qualche modo la fece sentire familiare.
Titubante iniziò a guardarsi intorno e si avviò verso il piccolo corridoio, dove si apriva sulla sinistra una cucina piuttosto ampia con una finestra posta sopra al lavandino che faceva vedere il retro del giardino e una porta che conduceva direttamente fuori, le pareti ricordavano un color crema, mentre il pavimento era sempre in legno, più chiaro rispetto a quello del salotto, i mobili anch'essi di legno erano bianchi e occupavano due pareti della cucina, mentre un frigo che se la batteva con la macchina del gas per gli anni che dovevano avere, svettava sulla sinistra; a completare il quadro c'era un tavolo quadrato con quattro sedie al centro che colpirono Alex per la loro bellezza: il tavolo, lucidissimo, forse di mogano, aveva le gambe come dei tronchi di albero intagliati che riprendevano nella stessa modanatura anche le spalliere delle sedie, imbottite con cuscini bianchi con venature marroni e sembrava davvero un pezzo di pregio, sprecato sia per quella cucina che per quella casa, pensò mentre sbirciava oltre la porta che si trovava davanti la cucina; conduceva al seminterrato, dove saliva un forte odore di vernice, Alex richiuse la porta e ne aprì un'altra, l'ultima, dove trovò il bagno. Tutto piastrellato di bianco, aveva una bella doccia, con una finestra da dove si poteva vedere addirittura uno spicchio di mare, Alex si appoggiò al lavandino, guardandosi allo specchio. I suoi occhi blu, avevano perso quella nota di stanchezza che aveva i giorni prima, pensò che la dormita di più di dodici ore che aveva fatto, qualche effetto positivo l'aveva avuto. Il suo colorito era sempre piuttosto pallido, ma almeno le occhiaie sembravano per ora date solo dal rimmel colato; si girò a guardare la doccia, mordendosi un labbro indecisa se approfittarne, in fondo Jason Parker si era dimostrato piuttosto restio nei suoi confronti, anche se Alex sospettava che quell'atteggiamento lo riservasse praticamente a chiunque e alla fine decise che le serviva davvero una doccia rilassante e cambiarsi di abito, così prese velocemente il borsone che aveva lasciato nel salotto e si richiuse nuovamente nel bagno. Trovò alcuni asciugamani ripiegati nel mobile sotto il lavello e dopo essersi tolta i vestiti che accatastò sulla lavatrice entrò nella doccia lasciando che il getto d'acqua, dapprima freddo, poi via via più caldo, la investisse. Rimase a bearsi di quel piccolo angolo di paradiso per almeno mezz'ora, lavandosi accuratamente i capelli e tutto il corpo; quando uscì e si avvolse nel telo si sentiva come nuova e un senso di benessere, che non provava da parecchio tempo, la invase totalmente. Si asciugò velocemente e si vestì con un paio di jeans puliti e un pull-over, visto la temperatura fredda che c'era. Nonostante fosse ottobre, lì in quel posto sperduto nel confine tra Inghilterra e Scozia, l'aria era prettamente invernale. Si sedette sul piccolo sgabello frizionando i suoi lunghi capelli castani nell'asciugamano, osservando la collina verdissima che si vedeva da quella finestra, con il cielo che sembrava essere più pulito del giorno precedente e il sole che mano mano rischiarava tutto. Dopo aver finito in bagno, uscì e si diresse in cucina, sentiva il suo stomaco fare versi non del tutto usuali, segno che ormai era arrivata alla fame più nera. Entrando si guardò un po' intorno, non le piaceva mettere le mani in una casa che non era la sua e muoversi in un ambiente non familiare, ma stranamente quel posto, anche se brutto, lasciato andare, lugubre nell'arredamento, la faceva stare bene. Aprì i primi mobiletti che rilevarono qualche scatola di cereali mezzi aperti, qualche barattolo di passate e fagioli, una scatoletta di alici e marmellate, in quelli successivi riuscì a scovare anche della pasta e tutto ciò che serviva per cucinare, ma si fermò titubante davanti al frigorifero. Cosa si poteva aspettare di trovare? In fondo Jason, non le sembrava certo il tipo di uomo che teneva un frigo pronto ad ogni evenienza, era inoltre preoccupata di trovare resti di cibo ammuffito e quant'altro avesse potuto mettere in serio pericolo il suo stomaco. Dopo qualche attimo decise di aprire e si sorprese nel veder che in realtà c'era un po' di tutto, soprattutto birre, alla fine optò per delle uova e del bacon. Se doveva cambiare vita, avrebbe iniziato dalla colazione, anche se non rinunciò a preparare il caffè, di tutto poteva fare a meno, ma mai e poi mai a del caffè, anche se dovette accontentarsi di prepararsi quella specie di brodaglia allungata che qualcuno si ostinava a chiamare caffè.

Riprese coscienza, con la luce del sole che entrava dalla finestra "Devo decidermi ad aggiustare quelle maledette persiane!" pensò mentre si girava a pancia in su sul letto. Non era riuscito a dormire molto, ogni volta che chiudeva gli occhi o stava per addormentarsi, gli si parava davanti solo il volto di Emma. L'aveva sognata, come non accadeva da tempo, quando ancora ragazzi studiavano insieme in biblioteca e lei lo aiutava con l'italiano e lui ricambiava con matematica. Un sorriso malinconico gli colorì le labbra, mentre si tirò a sedere sul letto sbadigliando. Il mal di testa però, non era passato, così decise di alzarsi guardando la sveglia che segnava le 10:44, si sentiva decisamente uno straccio. Aprendo la porta della sua camera, venne investito dal profumo di caffè e di pane tostato che gli fecero venire un'incredibile fame, ma allo stesso tempo lo riportarono a pensare che lì c'era la figlia di Emma. Un senso di rabbia lo invase, non voleva averci niente a che fare con quella storia che gli era caduta tra capo e collo solo qualche ora prima, non poteva accettare che Emma lo avesse costretto in una situazione così assurda; mentre pensava al modo di affrontare il discorso con la ragazzina, scese pesantemente gli scalini e si avviò in cucina, ma rimase di stucco nel vederla lì dentro. Era di spalle, i suoi capelli castani legati in una coda, indossava un pull-over blu, sopra a dei jeans, trafficava con una padella, mentre canticchiava sottovoce qualche canzone. Jason rimase paralizzato nel vederla così, era Emma, gli ricordava maledettamente la sua migliore amica, la donna che avrebbe voluto amare, ma che ora era morta lasciandogli come unico ricordo di lei, la sua copia. Scosse la testa per cercare di tornare in sé, osservando il tavolo dove erano state messe delle fette di pane tostato, alcune marmellate, un pacco di cereali e del caffè appena fatto; entrò in cucina e vide la ragazza sobbalzare nel sentirlo tossire, per annunciarsi -B..buongiorno- lo salutò con voce non molto convinta, lui grugnì spostando la sedia e ci si sedette pesantemente. Alex deglutì imbarazzata, non aveva il coraggio di girarsi e guardarlo, ma era certa che lui la stesse fissando -Così bruci il bacon- le disse da dietro le spalle, con voce bassa e roca, Alex si ridestò e subito spense il fuoco preparando i piatti, ma prima di girarsi dovette fare almeno un paio di respiri profondi. Posò il piatto sotto il naso di Jason che aveva la testa bassa e fissava assorto il caffè che si era versato, Alex gli si sedette di fronte, si sentiva tremendamente a disagio ora che lui era lì, all'inizio aveva pensato che preparare qualcosa potesse essere un buon modo di iniziare per entrambi, ma ora che ce l'aveva davanti, con quell'espressione dura, la mascella contratta e quello sguardo perso, non era più molto convinta -Ehm..- cercò di formulare almeno una frase di senso compiuto, tanto per spezzare quell'assurdo e insostenibile silenzio -Mi..mi sono permessa di preparare la colazione.. per sdebitarmi della notte passata qui- disse non riuscendo però ad alzare la testa dal suo piatto e iniziando a mangiare. Lui non proferì parola e Alex sentì l'irritazione assalirla, capiva che quello che era successo lo aveva sconvolto, ma un "grazie" o un "va bene" poteva anche sforzarsi di dirlo, così alzò di scatto la testa per dirgli qualcosa, ma le parole le morirono in gola quando vide che lui la stava fissando. Alex avvertì quello sguardo passarle attraverso, era intenso, profondo e si accorse che gli occhi di Jason erano blu, come i suoi, ma più scuri e malinconici di quanto avesse visto la sera precedente. La fissava attentamente, ma non parlava, Alex si sentì in imbarazzo e dovette abbassare la testa di nuovo sul piatto per non far vedere le guance rosse.
-Non puoi rimanere- disse lui facendole accapponare la pelle per il tono inespressivo che era riuscito ad usare, Alex si sforzò di inghiottire il boccone che aveva messo in bocca, posando poi la forchetta, il suo corpo era rigido e il suo respiro si stava facendo più pesante; Francesca l'aveva avvertita del tipo difficile che avrebbe conosciuto, ma non si sarebbe mai immaginata che fosse così diretto e insensibile.
-Lo immaginavo- disse lei cercando di mantenere un tono pacato, anche se dentro si sentiva letteralmente morire. Lui si alzò dal tavolo e senza aggiungere altro uscì, Alex lo sentì risalire velocemente le scale e sbattere una porta. Le lacrime che aveva trattenuto, le invasero il volto, si sentiva profondamente ferita e tradita. Sapeva che lui non la conosceva e non aveva niente da spartire con lei, ma se era vera la storia della grande amicizia che lo aveva legato alla madre, Alex non si spiegava del perché di quell'astio che Jason Parker gli aveva dimostrato. Si asciugò le lacrime, cercando di non singhiozzare forte, rimanendo seduta su quella sedia finché non si fosse calmata, poi si alzò e lentamente si avviò a prendere le sue cose.

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