2. Quiete

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Sgranai gli occhi alla vista dello sconosciuto, mezzo nudo a due passi da me.

Aveva dei capelli corvini mossi, in quel momento umidicci. La sua carnagione era candida e a far contrasto sul suo corpo tonico e definito vi erano dei tatuaggi ben visibili. La sua mandibola era abbastanza pronunciata e lateralmente sul suo naso vi era un anellino argenteo che cingeva perfettamente la sua narice.

Abbassai subito lo sguardo a terra.

"Merda!" Imprecai con tono quasi impercettibile e poi scappai a gambe levate fuori dal bagno, chiudendo rumorosamente la porta alle mie spalle.

Mi andai a rintanare nella mia stanza da letto, ripensando alla brutta figura che avevo appena fatto.

Quel ragazzo indossava solamente i boxer e io non avevo smesso di fissarlo.

Con la fronte poggiata al muro emanai un sospiro di rassegnazione, reprimendo l'impulso di sbattermici con forza la testa.

"Bionda, prima di entrare in una stanza si bussa!" sentii la voce un po' rauca del ragazzo da dietro la porta della "mia" camera. Diede due colpetti con le nocche alla porta "Proprio così" poi sentii dei passi scendere le scale.

Si era allontanato.

Aprii silenziosamente la porta e mi guardai intorno per assicurarmi che se ne fosse davvero andato. Buttai un sospiro di sollievo quando vidi che non vi era più nemmeno l'ombra.

Via libera!

Entrai subito in bagno e chiusi la porta a chiave, per scongiurare altre stranezze.

Mi spogliai del tutto per poi entrare in doccia e iniziare la mia solita routine di shampoo, balsamo e bagnoschiuma. Al termine di essa mi asciugai velocemente il corpo e mi misi gli abiti puliti che mi ero già preparata. Persi un paio di minuti per riuscire a trovare l'asciugacapelli, che alla fine risultò essere dentro un cassetto del mobile, in mezzo a degli asciugamani.

Asciugai i capelli facendoli arricciare un po', sperando di non sembrare una pecora dal pelo arruffato e poi scesi al piano inferiore, trovando già il tavolo del salone apparecchiato ordinatamente.

Era apparecchiato per quattro persone.

Stravaccato sul divano a guardare la tv vi era il tipo che avevo precedentemente visto -fissato, a dir la verità- in bagno. Fortunatamente era così intento a guardare un programma televisivo che non si accorse nemmeno della mia presenza.

Sentii la vetrata colorata aprirsi e da essa spuntare Logan con una teglia di cibo fumante, seguito da Johanna.

"A tavola!" disse la donna a gran voce, più per il ragazzo che sembrava essere dentro il suo mondo, che per me.

Mi sedetti nella prima sedia che mi capitava a portata di mano, mentre osservavo la signora distribuire le porzioni nei piatti, aiutata da castano.
Lo scricchiolio della pelle del divano attirò la mia attenzione: il moro con un movimento svogliato ma elegante si era alzato da esso e si stava dirigendo verso la tavola. Egli si fermò davanti a me e mi fissò.

Aveva degli occhi verde smeraldo e la fronte aggrottata.

"Quello è il mio posto" disse con tono incolore.

Spostai lo sguardo verso di Logan, che nel frattempo aveva preso posto a tavola, per cercare aiuto.

"Trev finiscila!" disse il ragazzo in mia difesa "vieni a sederti accanto a me"

Egli mi mandò un'occhiata fulminea e poi, controvoglia, si andò a sedere accanto a Logan- proprio di fronte a me. La donna invece prese posto sulla mia destra ed iniziammo a mangiare nel più completo silenzio, con sottofondo il rumore della tv accesa che trasmetteva CSI.
Il ragazzo dagli occhi smeraldo non la smetteva di guardare ogni minimo movimento che facevo e la cosa mi inquietava parecchio.

Avere quegli occhi verdi puntati sempre in faccia mi aveva fatto chiudere lo stomaco, di fatti avevo lasciato tutte le patate al forno nel piatto.

"Tutto a posto Emma?" chiese il castano, Logan.

Egli guardò me e poi il piatto mezzo pieno.

"Non ti piace?" disse con tono quasi dispiaciuto.

"No, no" mi affrettai a dire "Era davvero tutto squisito... ma sono piena."

Incrociai per un millisecondo lo sguardo intenso del moro e poi posai la forchetta sul bordo del piatto.

Il ragazzo con le lentiggini abbozzò un lieve sorriso e le mie guance sembrarono accaldarsi.

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Dopo aver finito di cenare aiutai a sparecchiare la tavola. Chiesi alla signora se avesse voluto una mano per lavare o asciugare le stoviglie, ma mi disse di no, ringraziandomi comunque per il pensiero.

Salii al piano di sopra per prendere il cellulare che avevo lasciato sotto carica. Notai diversi messaggi tra cui quelli inviati da mia madre che mi diceva di chiamarla appena arrivata a casa, ricevuti più o meno qualche minuto fa.
In quella stanza non prendeva molto la rete, mi avvicinai alla finestra ma non cambiò un granché, il telefono non squillava.

Decisi di scendere nuovamente al piano inferiore e uscire dalla porta che dava sul retro che vi era in cucina. Nel soggiorno c'erano solo Logan e il moro intenti a giocare alla play station. Quando entrai in cucina non vidi più la Johanna. I piatti erano ordinatamente posati in una mensola e lei si era sicuramente ritirata nella sua camera da letto.

Feci scoccare la chiave della serratura e uscii. Mi saltarono subito all'occhio delle luci violacee che provenivano da una distesa di acqua.. era una piscina.

"Caspita.." bisbigliai sorpresa.

Mi avvicinai al bordo di essa. Il grande rettangolo era circondato da del soffice e verde prato e da qualche mattonella che formava dei viottoli. Levai le infradito lasciandoli sul prato e arrotolai i leggings fin dove potevo. Mi sedetti nel bordo della piscina e immersi i piedi dentro l'acqua limpida e calda.

Era davvero bellissimo.

Diedi un'occhiata alla rete del cellulare e finalmente cominciava a dare segni di vita. Cercai il numero di mia madre e la chiamai. Dopo vari squilli finalmente rispose.

"Pronto" disse con voce un po' impastata dal sonno.
"Mamma! Scusa, ti ho svegliato?"
"No, Emma... mi sono svegliata un paio di minuti fa" mi rassicurò.
"Che ore sono lì?" chiesi.
"Le sette e mezza.." ci fu qualche secondo di silenzio e in quel preciso momento sentii Pascal abbaiare, sulle mie labbra spuntò un sorriso.
"Shh!" Disse la donna al cane, quest'ultimo fece un verso indignato.
"Comunque... che si dice a Melbourne?" mi chiese.
"Le prime ore qui non sono state delle migliori: un tassista mi ha lasciato in mezzo la strada. Ma una cosa positiva è che la famiglia sembra davvero gentile" dissi. "E ho anche scoperto che in realtà Simon non è una ragazza ma un ragazzo" Risi. "Un ragazzo molto carino, a dire il vero."
"Come? Vuoi che chiami la scuola per trovarti un altro gemello, magari una ragazza?"
"No, no.. non c'è bisogno, mamma. Sembra molto tranquillo e gentile. Non ti preoccupare!"
"Va bene, tesoro.. per qualunque problema, chiamami." Mi disse.
"Si, certo"
"Vado a prepararmi per il lavoro, Emma.. Ci sentiamo presto!" Mi salutò mandandomi tanti baci.
"Ciao mamma. Buon lavoro!"

Riattaccai il cellulare e lo posai accanto alle infradito nere. Mossi i piedi dentro l'acqua facendola schizzare un po', mentre portavo il capo all'indietro per osservare la luna piena, che emanava una luce forte e giallastra. Una sagoma scura proveniente dalle mie spalle si era leggermente chinata su di me, aveva le mani nella tasca anteriore della felpa ed indossava il cappuccio.

"Carino e gentile, eh?" ridacchiò.

Tutta colpa del college | L'amore in mezzo ai guaiWhere stories live. Discover now