Capitolo 14

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P.O.V. Christian

Sono seduto a tavola insieme ai miei amici, loro chiacchierano tra di loro. Oggi non sono dell'umore di parlare.
"Che c'é?" Chiede Katherine all'amica.
"dimmelo tu, oggi sei particolarmente nervosa" risponde. In effetti ha ragione, non fa altro che guardarsi attorno ed è da prima che sento la sia gamba tremare sotto il tavolo. Scommetto che sta cercando Aaron, quell'idiota non oserebbe a toccarla con me vicino. L'ho avvertito, e si sa, uomo avvisato mezzo salvato.
"É solo una tua impressione" risponde Katherine. Ed ecco una cosa che odio di lei. Questo suo modo di rispondere, come se nulla stesse succedendo o meglio, come se fosse tutto normale.  Rimango a guardala, è nervosa anche se continua a negarlo. Non è brava a mentire; si gratta il collo e mi chiedo perché ha una sciarpa con questo caldo. Ma la mia attenzione viene attirata da dei segni violacei su di esso.
"Che diavolo é quello?" Dico alzando la voce. Le ordino di togliersi la sciarpa ma risponde di no. Gliela sfilo senza farmi problemi, cerca di nascondersi il collo con le mani ma la fermo. Passo l'indice sopra i lividi, so cosa può averli provocati. Un tentato strangolamento e so anche chi é stato. Sento la rabbia salire e io l'avevo avvisato. Mi alzo dal tavolo e vado da Vanessa
"Ti sei stufato di quelle due sfigate? Sai posso capirti"  Dice ridendo, se continua così la prendo a schiaffi e me ne frego se é una ragazza.
"Dov'è Jackson?" Chiedo con un autocontrollo eccezionale
"E perché dovrei dirtelo?" Risponde provocandomi, la fulmino lo lo sguardo e vedo che si fa sempre più piccola
"Ad allenarsi" sussurra spaventata come una bambina. Ritorno al mio tavolo, afferro Katherine per il polso e la porto con me. Così può vedere con i suoi occhi cosa succede alla gente come lui. I ragazzi mi seguono e noto la preoccupazione in ognuno di loro. Nonostante Katherine si stia lamentando non la lascio, basta... ho già dato troppa libertà ad Aaron. Ha osato sfidarmi cosi, non dovevo avvisarlo. Dovevo spaccargli il naso alla prima occasione. Arrivo al campo di football e lo chiamo
"Che c'é Foster?" Dice con tono arrogante. Ah ora si che sei uomo, quando ci sono i suoi amici fa tanto il grande. Peccato che ieri sera a momenti se la faceva addosso. Guarda Katherine e si mette a ridere
"Sapevo che non avresti tenuto quella cazzo di bocca chiusa" le dice. Questo non fa altro che alimentare la mia rabbia, avevo pensato di darli solo un pugno ma dato così bene che se lo sarebbe ricordato per un bel po'. Però con quelli come lui non basta
"ti avevo avvisato" gli dico, gli sferro un colpo sul naso. Vengo immediatamente circondato dai suoi amici, mi vogliono fermare ma non sanno chi hanno davanti. Li stendo tutti, e mi fiondo su Aaron. Non mi importa se é a terra e non puó difendersi. Ha toccato la persona sbagliata e ora ne pagherà le conseguenze, a ogni pugno che gli do sento che la rabbia placarsi lentamente ma quando ripenso al suo collo gracile pieno di lividi non riesco più a fermarmi.
"Basta così lo uccidi" dice una voce, vengo sollevato da terra e bloccato dalle braccia.
"Lasciatemi cazzo" mi dimeno, come una bestia che sta per essere messa in gabbia. William, Evan e Brian mi stanno tenendo per bene infatti non riesco a liberarmi.
"TI DENUNCIERÓ" Urla Aaron pulendosi il sangue dal naso. Che ci provi cazzo, voglio vedere cosa dirà alla polizia. I ragazzi mi portano via trascinandomi e quando siamo lontani dal campo di football finalmente mi lasciano. Mi allontano da loro, cammino avanti e indietro. Tutta questa rabbia sta diventando ingestibile, avrei voluto ucciderlo. Continuare a picchiarlo finché non si fosse più mosso. Quanta frustrazione, tiro un pugno contro l'albero e caccio un urlo a pieni polmoni. Rimango così, sento le nocche pizzicare e bruciare. Mi siedo ai piedi dell'albero e inspiro per calmarmi. Ho le mani che tremano dal nervoso e la mano destra piena di sangue. Poi però la vedo, è davanti a me inginocchiata. Che coraggio che ha sta ragazzina, nessuno si era mai avvicinato a me quando ero in queste condizioni. Ma poi fa una cosa che mi lascia senza parole. Mi abbraccia. Le sue braccia gracili circondano la mia schiena, l'aria si riempie del suo profumo.
"Grazie" sussurra. Non mi faccio toccare così facilmente ma il suo tocco... é cosi delicato, sincero. Si sta per alzare ma rispondo all'abbraccio stringendola a me. Il suo corpo é minuto, sembra così fragile. Sento una calma che si propaga dentro di me, i miei muscoli iniziano a rilassarsi. Incredibile, questa ragazza é riuscita a calmare uno come me. Si allontana e mi prende la mano che é ferita. Si sta gonfiando e inizia a far male, anche se non é niente in confronto a ciò che ho giá provato. Mi dice di medicarla ma non mi importa, ora voglio solo andare via da qua. Mi alzo e vado in camera mia. Tolgo la maglietta e mi guardo allo specchio. Sono diventato così per colpa sua: un mostro in cerca di un motivo per sfogare la rabbia che si porta dentro da quando era piccolo. Mi sono rotto le scatole di questa situazione di merda. Sospiro nervoso, devo ammettere peró che mi é piaciuto picchiare Aaron. Era dal primo giorno di scuola che morivo dalla voglia di farlo, tutto grazie alla ragazzina. Già... Katherine. Ha visto ciò che cosa sono in grado fare, le ho confermato le voci su di me. Sono pericoloso, aggressivo... però con lei sono diverso. E la ragione per cui l'ho difesa in quel modo é perché mi ricorda tanto lei. Non sono riuscito a proteggerla, e le ho promesso che se mai avessi avuto l'occasione di proteggere qualcuno, l'avrei fatto senza esitazione. Sento qualcuno bussare, sarà sicuramente William o uno dei ragazzi. Non rispondo, non voglio essere disturbato. Non sento più nulla, se fossero stati i miei amici avrebbero riprovato. Decido di aprire e mi risiedo sul letto. Eccola che entra, indecisa su cosa fare. Non mi aspettavo una sua visita.
"Non dovresti essere qui" le dico, non voglio spaventarla più di quanto ho fatto prima. Diventa tutta rossa in viso, e solo ora mi ricordo che sono a torso nudo.
"Si ecco...hai ragione...ehm.. forse è meglio che vada. Si vado" dice balbettando, é bellissima quando é imbarazzata. Si gira per andarsene, ha in mano la cassetta del pronto soccorso. É qui per aiutarmi.
"Resta" dico, é una cosa che non dico spesso. Prende la sedia e si siede davanti a me. I suoi capelli rossi le cadono dolcemente sulle spalle e i suoi occhi... quegli occhi che mi hanno colpito sin dalla prima volta che gli ho visti. Le do la mano, spalanca gli occhi. In effetti é messa male, ma sono fortunato ad avere le nocche resistenti altrimenti mi sarei sicuramente rotto la mano. Prende l'acqua ossigenata e pulisce bene le ferite.
"Sei proprio strana. Fino a 2 giorni fa manco mi guardavi mentre ti parlavo e ora mi stai medicando la mano" dico per rompere il silenzio.
"Mi sembra il minimo dopo quello che hai fatto" risponde. Perché dice così?
"l'avrebbe fatto chiunque"
"E invece é qua dove sbagli" dice
"Mi stai dicendo che nessuno ti ha mai aiutato?" Chiedo incredulo. Davvero sono il primo l'ha aiutata? Mi fascia la mano
"A nessuno interessa aiutare una come me" risponde con la voce che trema. Dunque é cosi che la pensa, ora tutto ha un senso. Del perché questi attacchi di bullismo stanno andando avanti, nessuno ha mai fatto qualcosa per lei. La gente sa ignorare solo le cose che per loro non lo sono importanti. Ma d'ora in poi non sarà più cosi, la proteggeró da tutto e tutti. Nessuno oserá toricerle un capello.
"É quello che pensi tu"

At Least YouWhere stories live. Discover now