Capitolo 31 - Specchi e corvi

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"Quindi, credi che sia questa?" domandò Octavianus, sconcertato. Dopo la raffinatezza trovata nella grotta, gli sembrava improbabile che qualcosa potesse nascondersi in quella fontana.

Drusilla annuì, la bocca ridotta a una linea sottile. Si stava torturando le mani, facendo ingiallire le nocche altrimenti scure. Un poco in disparte, Clelia giocava nervosamente con le sue treccine.

Desciso a fare qualcosa perché la situazione si sbloccasse, Octavianus si mise a ispezionare attentamente la vecchia fontana di pietra. Sperava di distrarsi anche dal senso di disagio che ancora gli graffiava le spalle. Per quanto riconoscesse l'assurdità del suo pensiero, l'unica immagine con cui poteva descrivere quelle sensazioni era una schiera di fantasmi in processione che scivolavano tutt'intorno a lui, con passi silenziosi che sfioravano il terreno fra quelle che Clelia aveva definito "cappelle".

Fece scorrere le dita sulla superficie umida, alla ricerca di eventuali anfratti o meccanismo nascosti. "Non c'è muschio" constatò un'istante più tardi, a bassa voce. "Non c'è muschio", ripeté, questa volta in tono differente. "C'è muschio ovunque, sui tronchi, sui sassi...ma non qui. Non è naturale." Strizzò leggermente gli occhi grigi, cercando di mettere a fuoco ogni più piccolo particolare della roccia. Ne considerò attentamente le screpolature e i segni impressi dal tempo. Non era nemmeno stata levigata dagli agenti atmosferici quanto ci si sarebbe aspettato, alzi. Una serie di piccoli e precisi solchi, come impressi dalla punta di un abile scalpellino, ricopriva quasi ogni superficie. Da cosa -o da chi- potevano essere stati lasciati?

Octavianus fu preso da brividi di freddo. Al suo fianco, gli stivali di Drusilla comiciarono a grattare nervosamente il terreno. La donna soffocò due colpi di tosse,  gettò un rapido sguardo tra gli alberi e alleggerì i respiri, come fosse in ascolto di qualcosa.

Poi, i tre udirono un clic, seguito da uno scricchiolio. Ma non era la fontana, ancora immobile sotto le dita di Octavianus. Proveniva da un punto imprecisato sopra la loro testa, fra i rami secchi e quelli spogli.
La voce di Drusilla spaccò l'aria del bosco prima che un gracchio acuto e doloroso lacerasse ciò che restava del silenzio. Una saetta sferragliante calò con volo radente sopra la testa dei tre, sempre emettendo suoni che sapevano di ruggine.

Octavianus, gli occhi inermi spalancati davanti al corvo metallico che era piombato sul gruppo, fece appena in tempo ad appiattirsi contro la pietra della fontana, mulinando contemporaneamente le braccia per scacciare il volatile. Questo virò bruscamente, andando ad accanirsi sui capelli di Clelia.
Ingoiando la preoccupazione, Octavianus sfruttò la tregua per provare a capire se, in qualche modo, quell'attacco dal cielo fosse collegato alla fontana.
Certo che lo era. Era pur sempre una specie di luogo sacro, no? Possibile che l'automa fosse una specie di custode, e che fosse stato proprio il suo becco a segnare la roccia, tenendola pulita dai muschi?
Il ritorno alla carica dell'automa lo costrinse a interrompere ancora una volta l'ispezione. Il giovane si gettò di lato e finì con una piroetta storta tra le foglie. La testa gli faceva male, la gamba pulsava. Qualcosa appena sopra l'occhio destro bruciava, e la mano del giovane vi corse istintivamente. Sangue. Qualcosa gli entrò nell'occhio, facendolo lacrimare. Faticava a mettere a fuoco, il suo sguardo saettava ovunque alla ricerca del dannato corvo.

"Hey, tu, qui!"

Octavianus vide che Drusilla aveva estratto dalla sacca uno dei suoi attrezzi, una specie di doppio cacciavite dal manico allungabile, e lo agitava in alto. Nell'altra mano impugnava quella che sembrava ua delle sue lenti, mandando fastidiosi barbagli di luce contro il corvo. Con uno stridore di lamine metalliche, l'automa dispiegò nuovamente le ali e rivolse un verso rabbioso alla cartografa. Con un sospiro di sollievo troncato a metà, Octavianus strisciò nuovamente alla fontana. Cercò di smuoverla in tutti i modi, trascinato dall'urgenza di andarsene di lì, mentre sperava che le due sorelle riuscissero a distrarre il corvo. C'erano delle scanalature, c'era un'incastro di blocchi, e il rubinetto si muoveva leggermente. Nulla, però, che paresse collegato. Con fare rabbioso, il giovane si accanì contro il rubinetto. Inutilmente.

"Attento!"

Allarmato dalla voce di Clelia, Octavianus fece appena in tempo ad appiattirsi al suolo, mentre il gracchio del corvo gli lacerava i timpani e qualcosa finschiava pericolosamente vicino alla sua testa, schiantandosi con un tonfo contro la fontana. L'automa sfrecciò in alto per poi scendere di nuovo in picchiata, mentre il giovane faceva appena in tempo a constatare che Drusilla, dalla disperazione, aveva scagliato la sua borraccia contro il corvo, mancandolo per un soffio.
Poi, mentre si proteggeva nuovamente la testa con le mani, a Octavianus parve di udire qualcosa. Il cuore che batteva a mille, si trascinò sul fianco fino alla vasca, testardo. Cera dell'acqua, poca, ma questa bastò.
Ci fu un piccolo clic.
Il corvo gracchiò, Drusilla lanciò un grido mentre lo colpiva nuovamente con qualsiasi cosa avesse a tiro.
A terra di fianco alla fontana, la borraccia perdeva acqua.
No, non ora.
Octavianus vi ci gettò sopra, sentendo contemporaneamente gli artigli del corvo che passavano rasenti alle sue orecchie. Con uno scatto balzò verso la vasca, svuotandovi la borraccia. L'acqua era agli sgoccioli, nella borraccia come nelle scorte dell'aereo.
Octavianus pregò di non aver commesso l'ennesimo errore imperdonabile.
Si udì un forte scatto, e qualcosa di grosso e pesante lo colpì. Crollò a terra sualla schiena. Poi, oltre le orecchie che fischiavano, una bizzarra sequenza di suoni.

Possibile che le sue preghiere fossero davvero state esaudite? Il giovane cominciava a dubitare della realtà del mondo in cui si muoveva.

Musica. Sentì una specie di strana musica provenire da un punto imprecisato dietro la fontana. Ma la cosa più soprendente, era che anche l'automa pareva in grado di sentirla. Anzi, di ascoltarla in silenzio, riducendo il suo volo a un cauto e sinistro volteggio.

Clelia corse in avanti, subito seguita dalla sorella, mentre Octavianus si aggrappava alla fontana per rialzarsi con un grugnito. La testa gli girava. Si passò una mano sulla fronte e sugli occhi, cercando di restaurare l'integrità del suo campo visivo.

Ciò che vide lo stupì, ma nemmeno troppo. Parte della fontana era come scivolata fuori di posto e aveva rivelato un piccolo comparto segreto coperto di muschi e melma grigiastra. Fra quegli stani cuscini di umidità, però, giaceva adagiato qualcosa di annerito. Clelia lo prese fra le mani, rivelando un cofanetto d'argento ossidato. Senza pensarci su più di un'istante, con gli occhi chiari che saettavano preoccupati verso il corvo, vigile ma ancora minaccioso, lo aprì.

Stordito com'era, l'ultima cosa di cui Octavianus aveva bisogno era una ninnananna, eppure proprio questa musica fu sprigionata dalla scatola, che era poi un carillon.

L'automa scricchiolò e lanciò un grido, il gruppo si gettò a terra come un solo corpo, coprendosi la testa con le mani.

Ma non accade nulla.

E niente, non riuscivo a trovare un titolo decente

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E niente, non riuscivo a trovare un titolo decente...

A sabato! :)

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