Quegli occhi che fino a quattro anni prima trasmettevano gioia ed erano pieni di vita, pieni di speranza; quelle labbra rosee, ora strette in una linea sottile, incapaci di essere ancora felici.
Già quella ragazza, colei che appariva come impeccabile, vestita di agi e lussi, rinchiusa nella sua "piccola vita perfetta" nascondeva più di ciò che anche un buon osservatore potesse vedere. Ognuno di noi a modo suo tenta di celare un lato oscuro, aveva anche lei parti della "piccola vita perfetta" di cui voleva sbarazzarsi, ricordi che avrebbe celato nella sua mente, se solo ci fosse riuscita.

Forse tutto questo era solo una grande illusione, solo una maschera costruita a tavolino da lei stessa per non soffrire più, per non stare più male a causa delle persone.

Era caduta così tante volte, dovendosi sempre rialzare da sola e in silenzio per non arrecare preoccupazione a chi le voleva bene, ma si era stancata. Era stufa di soffrire, di piangere la notte nel suo letto; stancata di macchiare di lacrime mute la federa del suo cuscino, stufa di tutto ciò che era la vita.

Si era stancata di fingere.

Probabilmente per questi motivi aveva scelto di andarsene, aveva preso la decisione di voltare pagina una volta per tutte, di cambiare vita e di allontanare da lei la maschera della ragazza perfetta, appellativo che ormai risultava essere troppo pesante per le sue fragili spalle; eppure ora che tutto stava diventando vero, ora che il liceo era finito tre mesi prima e che il suo aereo sarebbe partito quello stesso pomeriggio di settembre, forse non era più così sicura.

Pensandoci avrebbe potuto aspettare la madre e il padre per partire, alla fine erano solo undici mesi in quel posto che le faceva così male dopo quella sera, quel luogo che aveva ucciso una parte di lei, che le aveva fatto toccare il fondo senza più nessuna via d'uscita.

Ormai non sarebbe più tornata indietro, non poteva farlo.

Aveva promesso alla sua famiglia che questo viaggio sarebbe stato il suo "nuovo inizio", un punto per ricominciare da capo, per provare a cambiare e per tornare a vivere.
Così l'aveva descritto, ancora inconsapevole che quella città che aveva sempre sognato, Manhattan, avrebbe stravolto quel poco equilibrio fittizio che con tanta fatica era stata in grado di costruire.

Impilando su un cumolo di macerie tasselli distrutti e insanguinati.

Le reminiscenze di lei e delle quattro persone che amava di più, le uniche con cui poteva essere la vera Skyler, le tornavano alla mente come bei ricordi, forse erano questi a salvarla da quell'oblio racchiuso in lei. Queste rievocazioni le si riproponevano nella mente come brevi flashback.

Ricordava di quando giocavano per casa, lei era solita nascondersi in quella stessa panca dove ora era seduta, le piaceva così tanto perché i fratelli non la trovavano mai, o per lo meno questo era ciò che pensava.
Entrava al suo interno e la richiudeva, per poi guardare dalla piccola fessura cosa succedeva all'esterno, ricordava ancora il profumo d'acero che sentiva, il ticchettio dei passi quando i fratelli si avvicinavano e l'agitazione insensata, ma al tempo stesso adrenalinica, che provava quando succedeva.
Inoltre, tra i ricordi legati a quella panca, c'erano tutte quelle fiabe e aneddoti che le raccontava la nonna quando lei si sedeva tra le sue braccia.

Uno in particolare le era rimasto vivido nella memoria:
-Siamo tutti così fragili tesoro mio,- le aveva detto quando il dolore non l'aveva ancora nemmeno sfiorata -camminiamo incerti, a volte barcolliamo e cadiamo, è vero alcuni sono un po' più sbadati e inciampano più spesso di altri, ma ho imparato che per questa via barcollare e cadere è normale. Quando arriverai alla tua meta sarai stanca, ma ti ricorderai di tutte le forze che hai impiegato per rialzarti e sorriderai orgogliosa. La caduta è importante, è lei a permetterci di rialzarci e di dimostrare quanto veramente valiamo.- .

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