1. 182

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La Andy's Company è un edificio strutturato in altezza ma con ampie stanze in ogni piano. All'esterno è imponente ed espansiva, l'interno è tutto ciò che un ragazzo della mia età non si potrebbe mai permettere. Il colore predominante è il bianco, i divani in pelle sfociano anche sul perla e i cuscinetti contrastano con l'ambiente, sfoggiando un nero pece, devo dire, l'unico colore interessante. Non è in assoluto uno degli ambienti più accoglienti che io abbia visto, ma è interessante che questi semplici dettagli siano stati ideati e progettati da un tipo bizzarro e sopra le righe come Andy.

Oggi lavoro al nono piano. La mia casa non raggiunge nemmeno il terzo e gli enormi vetri appositamente studiati per illuminare alla perfezione lo studio non mettono in silenzio i brividi causati dal piccolo senso di vertigini.

Un modello dalla pelle color cioccolata, posa in boxer con una naturalezza tale da farmi sentire inadeguato, più di quanto lo faccia già la stravagante camicia a piume di Andy.

"Michael, il mio caffè?" Domanda il ragazzo, quando varco nuovamente la soglia della porta della stanza in cui sta lavorando.

Gli porgo il suo caffè, facendo attenzione a non rovesciarlo nemmeno per sbaglio sulle sue scarpe. Dovrei vendere la mia casa e aprire un mutuo per ricomprare quei fari lampeggianti che ha ai piedi.

"Grazie. Che dici, Roger? Com'è il mio nuovo assistente?" Domanda al modello di colore, appoggiando invadente una mano sulla mia spalla, gesto compiuto per mettermi più a mio agio. Sorrido internamente. Se fossi stato con Calum, avremmo sicuramente cominciato a parlare del batterista dei Queen.

"Carino." Ridacchia, facendomi tossire nervosamente.

Grazie Roger, ma no, Roger.

"Oh, non preoccuparti Michael. Qui sono praticamente tutti etero , ma i pochi che non lo sono, sono innocui." Ride, mentre io spero che qualcuno mi tiri fuori velocemente da questa situazione.

"Uhm, non mi preoccupo." Lo rassicuro.

I ragazzi qua sono tutti interessanti fisicamente , ma ho un brutto pregiudizio sui modelli e non penso che cambierò idea facilmente. Non sono gay, mi piacciono le ragazze. Ma ho avuto un ragazzo e penso di essere bisessuale. O etero flessibile. Non so cosa sono, so solo che non sono interessato a Roger e che quel sorrisino che ha sulle labbra mi ricorda un porno attore che sta per fare cose che io non voglio assolutamente fare.

Perciò, sono felice quando Andy mi manda frettolosamente a raccattare una camicia che a quanto pare si era dimenticato di prendere al dodicesimo piano e dire che corro fuori dalla stanza, è un eufemismo.

Raggiunta l'ascensore , posso constatare nuovamente che è certamente più grande ed accogliente di camera mia.

Raggiungo il dodicesimo piano. È molto più affollato del nono. La stanza da trovare è la 182, dopo aver constatato che non l'avrei mai raggiunta senza chiedere indicazioni, riesco a fermare nella frenesia del piano un ragazzo dai capelli ricci tenuti fermi da una bandana rossa. Indossa una canottiera dei Nirvana e dei jeans abbastanza stretti. Ma dubito che sia uno dei modelli.

"Scusa." Lo afferro per il braccio, quando mi passa affianco. Lui mi guarda stupito. "Sai dove sia la stanza 182?" Domando.

Lui mi sorrise, annuendo. Ha un sorriso carino, amichevole. "Ho appena accompagnato il mio migliore amico, lì. Se vuoi ti ci porto, non ho nulla da fare." Alza le spalle.

Io annuisco, rivolgendogli un sorriso grato. "Lavori qua?" Cerco di far conversazione, mentre lo seguo, per smorzare il silenzio imbarazzante che si sarebbe creato.

Lui scuote la testa, le fossette non abbandonano mai il suo viso. "No, il mio migliore amico è uno dei modelli. Io lo accompagno tutti i giorni, non ho molto da fare." Ridacchia. Sembra una ragazzina quando ride, ma è contagioso , perciò lo seguo di rimando. "Tu, sei nuovo?"

"Si. Sono l'assistente di Andy." Annuisco, quando ci fermiamo davanti alla stanza. Dai vetri (rigorosamente trasparenti), riesco a intravedere una massa di capelli biondi. Il modello è voltato di spalle, penso che non abbiano ancora iniziato lo shooting. Diciamo che la vista del suo sedere mi attira insolitamente.

"Wow! Allora ti lascio stare, il grande capo si arrabbierà se non arriverai in tempo. Io mi chiamo Ashton, comunque." Mi porge la mano, che stringo.

"Michael." Mi presento, prima di entrare velocemente nella stanza mentre lui ritorna sui suoi passi.

Il modello e il fotografo dalle origini peruviane -o almeno credo- si voltano verso di me. Nella stanza ci sono anche altri collaboratori, ma sembrano troppo indaffarati per accorgersi della mia presenza.

"Salve." Saluto frettolosamente, sentendomi a disagio sotto gli sguardi dei due ragazzi.

Mi precipito sulla scrivania che mi aveva descritto Andy, afferrando la camicia e dando un'occhiata veloce per vedere se fosse quella giusta.

Proprio quando sono quasi arrivato all'uscita della stanza, una voce interrompe i miei passi. "Chi sei?"

Mi volto. È stato il fotografo a parlare. "Michael. Sono l'assistente di Andy." Rispondo velocemente, il biondo aggrotta le sopracciglia.

"E perché i tuoi capelli sono così?" Domanda, indicando la mia chioma rossa. Tanto bello quanto stupido. Indossa anche lui qualcosa dello stile di Andy, ma leggermente più sobrio. Una camicia bianca a righe nere e incastrata nei suoi pantaloni rosso fuoco e ai suoi piedi degli stivaletti di camoscio.

"Perché li ho tinti." Rispondo in maniera ovvia, forse troppo spocchiosa , ma non ci faccio davvero caso.

"Grazie al cazzo." Risponde, alzando gli occhi al cielo. Spalanco gli occhi. Ma cosa stracazzo vuole? "Andy di solito odia i capelli tinti e i piercing. È una cosa che non sopporta." Mi informa, facendomi annuire.

Non me ne frega un cazzo, non so se si è notato.

"In realtà, mi ha detto che voleva qualcuno di molto differente al suo fianco. Qualcuno di particolare." Asserisce il fotografo.

Il biondino ruota gli occhi. "Avere i capelli tinti non lo rende differente o particolare." Si esprime, facendomi ruotare gli occhi.

"Senti, hai qualche problema? Io dovrei andare." Dico con tono pesante e freddo.

Lui spalanca le labbra in modo snob, come se fosse stato colpito in piena faccia dalla mia risposta. "Mi hai detto che ho dei problemi!"

"No, ti ho chiesto sei hai dei problemi."

"Era un modo per dirmi che ce li ho."

"Era un modo per dirti vaffanculo, cazzo, smettila di parlarmi, devo andare."

Andy ; muke clemmingsUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum