VII

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New York, Domenica.

Oggi non sono felice, iniziamo da qui. Oggi mi sento triste, vuoto, conosco bene la rondine invisibile che mi fa compagnia adesso. La conosco e la odio, perché non mi permette di scrivere quanto voglio, non mi permette di mostrare ad Helen quanto io sia felice di averla tra le braccia.
Molto probabilmente questo capitolo durerà poco o niente, e mi dispiace perché vorrei essere come tutti gli altri che disprezzano la Tristezza, ma io la vedo come una regina.
Sì, lei è una regina invincibile perché non ha un re accanto.
Fa parte di ogni rondine che è venuta a salutarmi, è sempre stata con me da quando la mia famiglia mi ha abbandonato per strada perché avevo ucciso il loro gatto. Ancora oggi dico al mio amico cielo che non era mia intenzione ucciderlo, e le sue nuvole mi ricordano che l'ho fatto comunque.
Vorrei terminare subito il capitolo, ma Helen solleva la testa dal mio petto e mi guarda.
«Robert...devo dirti una cosa...» mormora sedendosi, ha paura della mia reazione, perciò mi allontano anche io.
«Non verrò con te in Inghilterra vero?» posso già vederla annuire tristemente, ma con mia sorpresa scuote la testa pur mantenendo quel cipiglio dispiaciuto. «Certo che verrai, però non potrai stare nel palazzo dove vivrò io, capito?».
Non capisco: come posso venire con lei ma al tempo stesso essere in un altro posto?!
Inizio ad agitarmi e la rondine invisibile non fa che sciogliermi gli occhi e farmi piangere a dirotto, anche se vorrei soltanto essere invisibile come lei. Mi abbandona, ecco, lo sapevo.
«Non ti voglio abbandonare Robert, dovrai soltanto stare in un posto bellissimo pieno di persone come me!» dice fingendo entusiasmo, ma non le credo.
«Nessuno è come te», la liquido, e con fatica cerca un altro modo per spiegarmelo. «Io verrò a trovarti ogni giorno, ti prometto che starai bene, quella gente ti aiuterà a sfogarti, a non soffrire più».
Scuoto la testa restio a questa idea, ma i suoi occhi non mentono. E se davvero esistessero altre persone buone come lei?
Diavolo il cielo mi sta convincendo d'essere vivo, ma l'abisso sembra così confortante a volte.
«Noi partiamo domani mattina, ma queste bravissime persone ti porteranno in Inghilterra oggi stesso perché non vedono l'ora di conoscerti, okay?» di getto l'abbraccio stretto tremando dalla paura, dalla rabbia, dalla tristezza e dalla felicità. Sono tutte lì, le mie rondini, che mi osservano.
«Non voglio lasciarti», singhiozzo assieme a lei, «Robert è la soluzione migliore, ti prometto sul cielo che verrò a trovarti ogni singolo giorno...» e così dicendo posa una mano sul mio cuore pulendolo dallo sporco.
«Sarò sempre con te anche quando non mi vedrai, okay? Non ti abbandonerò mai».
Un'idea malsana mi invade e così la prendo per mano uscendo, andando nel parco dove questa folle settimana è iniziata.
Le indico il cielo, per la prima volta lo condivido con qualcuno: «Lui a volte si arrabbia, a volte è felice... però è sempre lì, ovunque io vada non si perde nemmeno un mio passo», le stringo la mano ancora di più, «È una cosa molto profonda Robert». Ha ragione, lo è, ma ora guardando il cielo in due sembra ancora più grande.
«Durante questa settimana ho incontrato delle persone invisibili, assomigliano a rondini quando volano via, e penso proprio siano simili alle emozioni», le dico, raccontandole ogni singolo accaduto.
Forse inizierà a darmi del pazzo, e mi lascerà qua a New York invece di portarmi da quella gente.
«Finalmente le hai incontrate...» felice mi abbraccia, per una buona volta l'ho resa fiera di me. Guardo tutte le Emozioni attorno a me, e non posso dire altro se non un flebile "grazie".
Avere una malattia mentale non è bello, e nemmeno va di moda, e sopratutto non è qualcosa di insignificante.
A volte ti senti come un pesce disperso nella giungla più grande del mondo, o come un essere umano che si rende conto di ciò che ha fatto. Spesso mi perdo in questo abisso infinito, guidato dall'euforia che continuo a chiamare tale per non rendere il tutto più mostruoso.
È molto peggio di ciò che immaginate.
Ciò che ho scritto durante questi brevi capitoli non è assolutamente niente confronto a tutto ciò che ho passato prima.
Il fatto che la maggior parte delle persone come me si suicidi durante i vent'anni, mi fa pensare: forse sono più forte di me stesso. Forse potrò uscirne, anche se non è vero.
Forse a nessuno importerà di un uomo come tanti che soffre del disturbo borderline di personalità.
Però io sono qui, come il cielo, da tanti anni.
Helen non è sempre stata qui con me, e molte volte mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere prima di lei. Ancora vorrei trovare una risposta, ma per ora, mi limiterò a guardare le rondini volare.
«Sono qui, dobbiamo tornare a casa», dice la mia eroina guardando il cellulare, togliendosi una lacrima fuggitiva.
Sospiro e per una volta prego che abbia ragione, che quelle persone saranno esattamente come lei ma con un altro nome. La prendo per mano sorridendole senza più lacrime, supportandola.
«Tu hai fatto così tanto per me Helen, ma c'è un'ultima cosa che vorrei chiederti», lei sorride annuendo tra le lacrime, ricordandomi che non è un addio anche se lo può sembrare.
«Ma certo Robert, qualunque cosa», faccio un respiro profondo, alzando gli occhi sul tetto del mondo: «La prossima volta che ci vedremo, portami il cielo in una stanza».

Robert Morgan Herriot

Portami il cielo in una stanza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora