Citofoni senza cognomi

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"Perché stai in un posto diverso?" Gli domanda, preoccupata, che lo abbiamo beccato o altro?

"Tranquilla...Ho dei clienti nuovi e sembrano anche validi, sono qua da loro, non ci sono problemi per ospitarti, tanto prendi la tua roba e ti levi, gliel'ho già detto"

"Bene. Arrivo"

E chiude la chiamata, senza aggiungere altro. La presenza di questi nuovi clienti non piacciono per nulla a Samantha. La cosa si può concludere in due modi: o quei ragazzi finiscono sparati o lei e i suoi amici perdono il lavoro. Andrew non vuole molti "collaboratori" e Samantha sa perfettamente che questi "clienti" passeranno a "collaboratori" e qualcuno verrà cacciato.

Cerca di arginare quel pensiero sapendo che, indipendentemente da tutto, lei se la caverà. Andrew non è il primo. Andrew non sarà l'ultimo. E già in passato dei clienti avevano tentato di eliminarla o di metterla in secondo piano e tutti hanno fallito.

Sbuffa, seguendo la posizione che si trova in una delle parti più buie e abbandonate di Tufello. Possibile che non esistano altri punti di ritrovo?

Samantha è davanti a citofono e suona ad uno a caso, non sapendo il nome di questi clienti. Tanto cosa gliene frega a lei? Inventa una scusa al massimo.
Un ragazzo, almeno presume sia un ragazzo, le risponde:

"Chi cazzo è?"

Ottimo. 
Incrocia le braccia davanti quella voce antipatica, fredda e fastidiosa, con un fortissimo accento romano, molto più del suo:

"Me manda Andrew."

Risponde senza emozioni, sentendo poi la serratura scattare, segno che le hanno aperto. Forza leggermente il portone, udendo non poche grida dai piani più alti. Gente che urla, che si diverte e un forte, fortissimo, odore di erba che le inebria le narici e la fa tossire dal fastidio, nonostante ne sia abbastanza abituata.

Sale le scale, bussando poi alla porta dove sente più casino, maledicendosi: come potranno mai sentirla? E invece, a dispetto di ciò che pensava, un ragazzo le va ad aprire:

"Andrew?" Le domanda.

Annuisce, senza aggiungere niente, incrociando le braccia e il ragazzo si sposta dalla porta, per permetterle di entrare. Non si stupisce neanche tanto quando vede unicamente ragazzi, una ventina di maschi intenti a fare cose diverse, chi a fumare, chi a tirare, chi collassato e terra o sui divani, chi si passa soldi e tanto, tanto fumo.

Come fossero cani richiamati da un osso succulento, diversi sguardi si posano su di lei, seguiti da commenti e da risate, di finto apprezzamento sul suo fisico e sul suo fondoschiena.
Lei non si sciocca o spaventa o altro, si tiene le mani distese sui fianchi e procede, avendo avvistato Andrew seduto vicino ad una finestra.

Non appena la vede, si alza, un po' barcollante, porgendo la mano:

"Prima i sordi"

Le ordina, freddo e autoritario e la ragazza sfila il portafoglio dalle tasche posteriori (facendo agitare gran parte dei ragazzi) e porge le banconote guadagnate:

"Così pochi?"

"A quanto pare"

"Samantha. Io co sti sordi nun ce faccio n'cazzo!" Le urla l'uomo, afferrandola per un braccio e stringendoglielo, facendola gemere dal dolore: "Vedi, cor tuo penoso gruppo, de darve na mossa a vende tanta roba, perché me fate più perde che guadagna e io, de gente come vuoi, nun c'ho arcun bisogno"

La allontana, senza troppa forza, essendo indebolito da alcool e erba, per poi lanciarle un mazzo di chiavi ai piedi che lei, immediatamente, raccoglie:

"Pija a roba giù in macchina, poi lascia e chiavi ne a cassetta de a posta. Nun prova a ruba nulla, soprattutto e chiavi e l'auto"

Le grida, mentre lei annuisce, senza dire nulla, ritornando alla porta e ignorando tutti i commenti dei ragazzi che le implorano di fermarsi e di "divertirsi" con loro.
Scende in fretta le scale e cerca nel parcheggio l'auto, avvicinandosi una volta trovata e aprendola, cercando al suo interno l'erba.

Si agita non trovandola da nessuna parte dopo aver perquisito attentamente l'auto: che Andrew se la sia dimenticata? Non può essere vero. I patti sono sempre chiari. L'erba è alla base!

Si sta preoccupando, quando sente un rumore esterno all'auto:

"Stavi a cerca' questa?"

Sbarra gli occhi, trovando un ragazzo con in mano i sacchetti d'erba a lei destinati:

"Dammeli!"

Gli ordina, scendendo dall'auto, ma il ragazzo scuote la testa, indietreggiando e guardandola malizioso, stringendo i pacchetti tra le mani:

"Calma regazzina, facciamo un patto"

E tira fuori la lingua, stringendola tra i denti e guardandola malizioso :

"Tu lavori ar mio servizio e io te faccio ave' tutta l'erba che voi" Samantha storce il naso davanti a quel forte accento e quel modo di parlare e lo sconosciuto se ne rende conto, ridendo, senza abbandonare l'erba: 

"Te 'n sei de Roma?"

Samantha sbuffa: "Non ho l'accento così forte e non parlo solo romano"

"Sei del nord"

Ride ancora, come un coglione, mentre la ragazza non toglie gli occhi dall'erba:

"Lavora pe me. Avrai tutta l'erba che te pare, te e er gruppo tuo, a patto che me la vendiate...So quanto Andrew desidera che se venda, io ne chiedo meno e me pari na regazzina sveja, accetti?"

Samantha lo guarda, senza dire nulla, lo sta analizzando. Non ha una faccia fiduciosa, ma in quel posto chi la ha mai? Il ragazzo, convinto che Samantha voglia accettare rilassa leggermente i muscoli e la ragazza, che non attendeva altro che quel momento, scatta per afferrare l'erba.

In pochi secondi si ritrova sbattuta contro un muro, con la mano magra stretta attorno al collo dal ragazzo che non è interessato minimamente ad alleviare la presa, ma, al contrario, stringe sempre di più.

L'altra mano, che era riuscita ad afferrare un pacchetto d'erba, ha il polso bloccato nella mano libera di lui. Fatica a sentirla, tanto forte è la presa che esercita:

"N'ce provà mai più a fa' a furba co' me. N'so stupido. Te 'nvece me pari una che c'ha voja de gioca' e che pensa che tutto e sia dovuto.
Penso ce divertiremo molto insieme..."

Le sussurra, non smettendo di stringerle la gola e rendendole complicato respirare:

"Quindi a domanda mo' diventa retorica che tu voja o meno lavorerai pe' me, devi paga' questa stronzaggine e maleducazione nei miei confronti"

Detto questo la tira leggermente verso di sé, sbattendola poi, con maggiore forza, contro il muro, tanto da farla gemere per il dolore:

"Chiaro?!"





Di Nuovo Maggio | Achille LauroWhere stories live. Discover now