Capito Quattordici

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Mando su la serranda ed una luce accecante entra nella mia stanza. Apro l'armadio e resto ferma un paio di minuti a fissare quei capi comprati e mai indossati. Scelgo una salopette in jeans e sotto metto una t-shirt gialla canarino da abbinare a cintura, borsa e scarpe alte. Ultimamente il mio guardaroba mi lascia piú soddisfatta del previsto, stare con Mr.Ti-Compro-Tutto-Io ha i suoi privilegi. Ovviamente io lo amo per quello che è, non per i suoi soldi. Non ne approfitto di certo.

Vado in bagno a darmi una pettinata, domi ben bene i miei capelli in una coda alta e mi trucco alla meno peggio, sono agitata per questo primo giorno di lavoro, considerando che il mio datore è anche il mio fidanzato.

Esco di casa e passo dal cimitero, prendo dei fiori da un giardino vicino e li metto sulla tomba di mio padre.

«Ciao papino mio, mi guardi da lassú? Hai visto che casino ieri? Se tu fossi qui chissà come sarebbe. Mi manchi. Oggi inizio un nuovo lavoro, ho mandato a fanculo quel porco.» Bacio la foto e noto di avere il viso bagnato, non mi ero accorta di piangere. Che strano.

Sento dei rumori dietro di me. Faccio finta di nulla e torno in macchina.

Metto una canzone di Marja alla radio, e accellero leggermente.

Salgo fino all'ufficio di Patrick con l'ascensore. Busso alla porta e vedo apparire una donnetta sulla cinquantina con un gran sorriso sul viso.

«Salve Signora, vengo per Mr.Dirley. Dove posso trovarlo?»

«Aspetti qui, non è ancora arrivato.»

Mi seggo su una poltroncina e dopo qualche minuto lo sento arrivare da dietro.

«Salve.»

«Buongiorno piccola»

Mi da un bacio sulla fronte in maniera fugace e mi fa accomodare.

«Quello in fondo è il tuo ufficio. Fra poco mando Doroty a spiegarti un paio di cose, per il momento queste sono le carte che devi leggere e firmare. Se hai bisogno mi trovi qui. A proposito, ti ho fatto istallare un apparecchio sulla scrivania, nel caso ti servisse qualcosa con urgenza o non mi trovi in ufficio. A dopo barboncina.»

Certo che tutti i soprannomi inquietanti li sa lui. Lo fisso e gli sorrido. Mi alzo e seguo Doroty nel mio ufficio.

Leggo le carte e firmo alcuni documenti. Alla fine mi ha lasciato un bigliettino.

Buon lavoro piccola, ti amo.

Lascio stare le smancerie e mi metto all'opera. Doroty è molto simpatica, mi spiega passo passo tutti i macchinari e le cose che devo saper gestire, poi va via e tocca a me.

Finisco il turno alle 12.30 ma quando passo dall'ufficio del direttore lui non c'é così mi incammino verso l'ascensore, esco dall'edificio e torno in macchina, Aprile si avvicina e anche il caldo afoso della primavera. Alzo al massimo l'aria condizionata e mi ricordo di dover passare dal supermercato a prendere qualcosa.

Entro con il carrello goffamente e inizio a prendere da qualche scaffale qua e là qualcosa per la casa, domani vorrei inviatare Pat a mangiare da me e vorrei anche cucinargli qualcosa di delizioso.

Prendo della frutta per la macedonia e dei funghi porcini per la pasta. LA PASTA. Quasi me ne dimenticavo!

«Ehi dolcezza. Chi si rivede.»

Mi volto e appena lo vedo mi allontano lentamente. Il mio capo è lì che mi fissa ed io sono molto agitata.

«Vieni qui bocconcino. Mi manchi tanto al lavoro sai. Vederti sculettare era bellissimo.», è ubriaco fradicio e non so cosa fare. «Senta, se non mi lascia stare chiamo la sicurezza. Brutto porco.»

Prendo il carrello e corro alla cassa. Esco in un batter di ciglio e mi infilo in macchina, aziono il motore e scappo. Vado a casa di mia madre, è la piú vicina. Ho paura.

E pensare che ti amavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora