22. Family

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Quel giorno, il tempo non era dei migliori. C'erano delle nuvole enormi ed il cielo era grigio, la tipica aria frizzante di Londra a pungere la pelle. Ero uscito per fare la spesa sotto ordine di mia madre che aveva del lavoro da svolgere a casa, quindi, con riluttanza, avevo dovuto accettare. Probabilmente di lì a poco avrebbe iniziato anche a piovere ed io ovviamente non avevo portato l'ombrello. Sbuffai, dandomi dell'idiota per non averci pensato prima, e cercai almeno di fare in fretta.

Una volta entrato nel supermarket mi affrettai a cercare tutti gli alimenti della lista delle cose da comprare che mi aveva prontamente scritto mia madre, girando per i vari scaffali. Presi farina, uova, frutta, verdura, qualche spezia, pane, miele, biscotti, scottex, bagnoschiuma, e quando arrivai a dover prendere i cereali sbuffai sonoramente chiedendomi per quale cavolo di motivo dovevano metterli su di uno scaffale così alto. Probabilmente, quando distribuivano l'altezza stavo sicuramente dormendo da qualche parte ignaro del mio triste destino. Sospirai, le mani sui fianchi, osservando con sguardo critico l'altezza che avrei dovuto raggiungere. Mi misi in punta di piedi e mi allungai il più possibile fino a riuscire a sfiorare con i polpastrelli una scatola di cereali.

Ma niente. Sbuffai.

Mi guardai intorno circospetto, assicurandomi che nessuno fosse nei paraggi, ed iniziai a fare qualche salto imbarazzante nella speranza di riuscire nella mia impresa.

Niente. E che cazzo.

Riprovai più e più volte, saltellando sul posto come un imbecille.

"Nonna, perché quel signore salta?" Mi bloccai di scatto, per poi voltarmi lentamente. Sgranai gli occhi quando vidi una signora per mano ad una bambina che mi indicava con sguardo curioso. Avvampai.

"Jennie, non si indicano le persone" mormorò sua nonna, coprendosi un sorriso con la mano libera. Poteva esistere una cosa più imbarazzante?

"Ma stava saltando! Tu lo sai perché saltava?" chiese la bambina con quei suoi occhioni innocenti da cerbiatta.

"Perché saltavi?" chiese poi, riferita a me. Sgranai gli occhi, ritrovandomi a balbettare imbarazzato oltre ogni limite.

"Jennie!" la riprese, sua nonna, lanciandomi uno sguardo di scuse misto a divertimento. Sarei voluto sprofondare. Perché non poteva aprirsi una voragine sotto di me pronta a risucchiarmi, quando ne avevo bisogno?

"Nonna, posso saltare anche io?" chiese ancora, guardando sua nonna.

"A casa, tesoro, a casa" rispose quella, pazientemente, prima che si allontanassero. Jennie mi salutò con la manina e mi sorrise, io ricambiai subito, scuotendo la testa. Era tenera, dopotutto.

Non appena svoltarono l'angolo, sospirai afflitto, guardando con malinconia e disapprovazione quella scatola di cereali bastarda che sembrava osservarmi dall'alto in segno di sfida.

"Adesso ti faccio vedere io" mormorai a me stesso, riferito a quella che ormai era una questione di orgoglio. Feci un passo indietro per darmi lo slancio, ma mi bloccai non appena a sentii un'altra risata mal trattenuta, alle mie spalle.

Oh no, ti prego, non di nuovo.

Mi voltai lentamente e con timore, dopodiché sgranai gli occhi quando notai che fosse Harry, piegato su se stesso con una mano a sorreggersi ad uno scaffale, mentre mi sfotteva allegramente. Incrociai le braccia, trucidandolo con lo sguardo.

"Hai finito?" chiesi, spazientito.

"Oh mio dio, questa è la cosa più... più..." e scoppiò nuovamente a ridere. Dio, che imbarazzo assurdo.

Touch me || Larry StylinsonTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon