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Quindi Marlena torna a casa, che il freddo qua si fa sentire

Quindi Marlena torna a casa, che non voglio più aspettare

Quindi Marlena torna a casa, che il freddo qua si fa sentire

Quindi Marlena torna a casa, che ho paura di sparire

La sedia di plastica gialla sulla quale è seduta è scomoda, lo schienale è troppo duro, ma a lei non importa in questo momento.

Fissa il muro bianco davanti a sé e non riesce neanche a sentire le voci che riecheggiano in quel tribunale.

I pantaloni verdi seguono leggeri i suoi ginocchi fino ad allargarsi sulle caviglie, il giubbotto di jeans è troppo leggero per l'autunno londinese.

Non sarebbe più dovuta tornare in quella città, eppure ora è lì, su quella sedia di plastica gialla, lo schienale troppo duro, in quel tribunale.

C'è un Kanken ocra ai suoi piedi, vicino alle Vans sciupate.

Dentro non c'è molto: un quaderno, un peluche sporco, una penna ormai finita, un biglietto per il planetario stropicciato, una polaroid sbiadita, un fiore ormai secco.

I suoi occhi scuri sono fermi, sono impassibili, come il suo sguardo.

Non ha paura. Forse dovrebbe, ma lei non ne ha.

Voleva chiamare sua mamma quella mattina, voleva dirle che le vuole bene, che le dispiace, che avrebbe voluto venirla a trovare ogni tanto, che la pensa sempre. Ma non ha più un cellulare, quindi le sue labbra non si sono socchiuse per dire nessuna di quelle cose.

Sono le dieci e quarantacinque di sabato. Emma verrà chiamata nell'aula del processo alle dodici in punto.

Non ha paura. Forse dovrebbe, ma lei non ne ha.

Sa già come andrà a finire, ma non ha paura lo stesso.

Non le importa.

Torna a casa || Timothée Chalametحيث تعيش القصص. اكتشف الآن