Capitolo sette

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È sabato e sono qui appoggiato alla mia scrivania a disegnare.

Mi rilassa anche se non sono molto bravo, come in tutte le cose. Di solito peró come hobby preferisco di gran lunga uscire o andare a scuola -che non credo possa essere considerato comunque un hobby-.

No bugia, io odio la scuola più o meno da quando ho fatto coming out.

Mi piace l'atmosfera, piuttosto.

Il suono degli armadietti sbattuti, i passi veloci, le campanelle, i ragazzi che ci sono.

Justin il nerd sexy ad esempio.
Capelli neri e corti, occhiali, camicie attilate dentro pantaloni stretti.
Altamente, deliziosamente, sexy.
Era attraente, accattivante, con occhi tempestosi e labbra color ciliegia.

O Rick, il bel biondo palestrato.
Bhe, lui era irrangiungibile.
Capitano della squadra di rugby e etero fino al midollo.
Anche se con lui ho meno ricordi di Justin.

Per Rick era un amore platonico. Lo guardavo da lontano e lo trovavo bellissimo. Sapevo bene però che lui non mi conosceva nemmemo di vista.
Ero al mio secondo anno di liceo.
Quando incontrai Justin ero al terzo e facevamo entrambi parte del club di fisica.

Anche lui era un boss, un boss della fisica e dei nerd.
Era il più intelligente, quello che organizzava gli incontri e le runioni. Sorrideva sempre e ricordo ancora come si spostava il ciuffo da davanti agli occhi: soffiava verso l'alto, ed era adorabile.
Aveva tante spasimanti, ma a me onestamente non sembrò mai etero.
O almeno, non completamente.
O forse ci speravo e basta.

Non ho avuto molte cotte importanti, ma quelle per Rick e Justin lo sono state.
Poi ho cambiato scuola e non li ho più visti.

"Che disegni?" mi chiede Alex sbirciando da sopra la mia testa.
Non gli rispondo facendogli capire che non voglio che ficchi il naso nella mie cose, almeno non in questo momento.
Sospira e fa per andarsene.

Prima di buttarsi sul letto di camera sua però,mi urla: "Oggi è sabato, magari potremmo andare in qualche ristorante"

"Non mi va" replico.
Alex annuisce e va via.

Mi innervosisce il fatto che lui dipenda da me in certe decisioni.

"Non hai qualche tua amica da invitare?" grido pochi minuti dopo,volendo rimediare al suo sabato sera.

"Già fatto!"

Ridacchio, tornando un po' di buon umore.

Sono ormai le quattro del pomeriggio quando suonano al campanello ed io, sdragliato sul divano che vedo una replica di un vecchio poliziesco, sbuffo dalla pigriza.

"Vado io!" urla Alex uscendo dalla sua stanza correndo.

Noto che si è sistemato i capelli e quando mi passa accanto odoro la scia di profumo che lascia.

Strano.

Allungo il collo e vedo la scena di Alex che apre la porta venendo subito placcato da una ragazza sua coetanea. Iniziano a baciarsi con foga, ansiosi di non capisco cosa.

Sbarro gli occhi e li seguo con lo sguardo mentre camminano all'indietro fino la camera da letto.

Chiudono la porta a chiave e pochi minuti dopo sento versi strani che mi convincono ad uscire a fare una passeggiata.

Cammino a lungo, sostando qualche volta per stringermi nel cappotto.
Inizia a fare un po' di freddo e io non sono per niente pronto al cambio stagione.

Dopo pochi minuti che cammino a caso per la città, comincia a piovere acquaneve.

Mi sarei pure fermato a fare pensieri strambi e filosofici sulla pioggia, il suo rumore, le conseguenze che ha negli animi nella gente ecc ecc, ma poi mi è caduta una goccia di acqua gelata in testa e ho iniziato a correre per cercare riparo.

Non so come, arrivo davanti a scuola e, vedendola aperta, decido di sostare un attimo sotto i balconi del secondo piano per coprirmi dalla pioggia finchè non smette.

Aspetto quindici,venti minuti poi,sbuffando,capisco che la pioggia durerà fino a sera e mi conviene tornare a casa.

Guardo le nuvole grigie e poi un pensiero mi balena in mente: magari Noah è dentro la scuola!

Neanche due secondi e scappo subito nell'istituto aspettandomi di incontrare qualche professore in riunione straordinaria.

Come supponevo, la riunione c'è ma la classe è chiusa,si sentono solo le voci e, passando davanti essa, scappo a gambe levate facendomi le prime due rampe di scale poi,con affanno,continuo per il terzo piano.

Mi sento un completo stupido, esagerato, eccitato e idiota.

Ho quasi paura di quello che mi sta succedendo e dello strano bisogno di conoscere Noah, parlargli,sapere di più e capirlo.

E quindi corro ancora, con un sorriso stampato in faccia. Da quando ce l'ho?

Finito la mia corsa mi ritrovo davanti la porta dello sgabuzzino socchiusa con la luce accesa.
Allungo un braccio per aprirla.

"Di nuovo tu, che ci fai qui?"

Mi giro di scatto.

"Noah!"

Rain of feelings  -Tematica GayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora