.2. 1995

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"Aveva la strana abitudine
di non raccontare nulla.
Aveva la tempesta dentro
e nessuno lo notava"

«Vuoi?a»parlarmi è Nicholas che biascica di offrirmi l'ennesimo spinello. «Quanti te ne sei fatto fino ad ora?»chiedo a muso duro. Il suo aspetto parla da sé. Il rosso che circonda le sue verdi iridi, i capelli nero corvino scompigliati che incorniciano il suo volto travolto dal piacere e dalla leggerezza.

Con lo sguardo lo accuso, io non sono da meno ma ci sono state volte in cui abbiamo esagerato, siamo andati oltre il nostro limite, perciò ho imparato la lezione. La sua risposta? Un mezzo sorrisetto di chi sa che ho ragione, ma in questo momento è troppo occupato a bere l'ultimo sorso di birra.

Mi siedo a terra e mi fermo a guardare questo cielo in cui non compare neanche una stella. E mi chiedo se tu ci sei in questo cielo. Mi vedi? Mi senti? Li vedi i casini che sto facendo? Li vedi i pezzi della mia vita polverizzarsi giorno dopo giorno? E ho una tempesta dentro che mi sta divorando.

«Vai tu a prenderle allora?» Logan mi fissa in attesa di una risposta che non ho perché non ho nemmeno ascoltato la domanda «Come hai detto?»rispondo sperando sorvoli sul mio essere assente, fuori dal mondo. Logan ride, ha capito ma non si esprime, perché lui sa. «Stasera darò una festa a casa mia ci serve della vodka, il resto me lo procuro io, ci stai?» spiega rivolgendomi nuovamente la domanda «va bene» dico mentre mi alzo da terra, do una pulita ai miei pantaloni e mi allontano.

Cammino per le vie ingorde di chi sta tornando a casa dalle proprie famiglie, di chi ha appena finito di studiare e sta tornando nel proprio nido. Milioni di luci che illuminano la città. Vivaci colori che si mescolano al nero del cielo e la città prende vita.

Le mani cacciate in tasca, il vento freddo che mi investe il volto e il respiro che esce fuori dalla mia bocca come nuvole di fumo che si affievoliscono in un batter d'occhio.

Amo i giorni in cui il freddo si fa particolarmente sentire. Ti entra dentro fino alle ossa. I giorni in cui cammini per le strade della città e tutti ti guardano perché esci di casa con un misero giacchetto di pelle. Quando il freddo sfiora le punte delle dita fino a gelarti le mani. Quello che provo in quel momento, giuro, è inspiegabile, qualcosa di adrenalinico.

Per il freddo che non mi dispiace affatto, cammino con la testa fra le nuvole, svuotate dai cattivi pensieri, leggera e in un attimo l'urto di qualcosa contro il mio petto mi fa risvegliare.

Il suo volto si gira verso di me come per chiedere una mano. Faccio un passo verso di lei ma poi mi fermo. Lo so sono un maledetto stronzo. Il suo sguardo si trasforma e sembra una leonessa pronta ad attaccare. I suoi occhi così particolari di un azzurro quasi grigio cristallino, che brillano, cercano entrambi di entrarmi dentro come lame.

«Vuoi aiutarmi?!» il suo sguardo mi trucida quando mi vede scoppiare a ridere e rimanere fermo dov'ero con le braccia conserte. «Il solito stronzo»bisbiglia scuotendo la testa mentre raccoglie tutto ciò che le è caduto dalla borsa.

Solo ora che la osservo meglio noto i suoi lunghi capelli ricadere in morbide onde oltre le sue spalle fino ad arrivare al suo fondo schiena. Sembrano cosi morbidi che ci passerei le mani dentro infinite volte. Non ti conosco neanche da due minuti e vorrei già accarezzarli per quanto sembrano vellutati. Indossa dei jeans scuri che fasciano alla perfezione le sue forme e una maglietta bianca mette in evidenza il suo seno. Il suo volto è privo di trucco e le sue labbra carnose sembrano anch'esse così morbide che le prenderei a morsi senza nessuna esitazione.

Sono perso ad osservarla senza rendermi conto che ha già finito di raccogliere ciò che le è caduto. La vedo guardarmi storto un'ultima volta per poi darmi una spallata e andare via. Sto per andarmene anch'io ma sento qualcosa sotto la suola del mio anfibio nero.

Faccio un passo indietro e trovo una polaroid. C'è una bambina con una bambola tra le mani e due lunghe trecce che le incorniciano il volto. Da dietro una giovane signora l'abbraccia.

Girandola leggo "Non scorderò mai mia madre, perché fu lei a piantare e nutrire i primi semi del bene dentro di me.
" Joseph Roth" Ricordalo sempre amore mio. 19/12/2005

Leggo e rimango per un attimo li sospeso a non sapere cosa fare. Ci penso e ci ripenso ma poi mi dico che io quella ragazza devo assolutamente trovarla e ridarle questo ricordo. La conservo nella tasca interna del mio giubbotto per non rischiare di perderla mentre rivivo nella mente il momento in cui ho, per la prima volta, macchiato il mio corpo di inchiostro.

1995, sul polso destro. E' l'anno in cui sono nato e anche l'anno in cui se ne è andata. Il mio è stato solo un po di dolore, il suo un sacrificio. Il sacrificio di mettere fine alla propria vita per mettere al mondo una nuova vita. E questo non me lo perdonerò mai. Proseguo il mio cammino fino a raggiungere un piccolo negozietto sulla strada che non farà storie per quello di cui ho bisogno.

Preso quello che Logan mi ha chiesto mi dirigo alla cassa dove Chambo mi aspetta. «Ci rivediamo giovanotto» si prende gioco di me sorridendo e mostrando i pochi denti rimasti per la vecchiaia «Quanto ti devo?» chiedo «Dunque sono sei bottiglie di vodka liscia quindi sono sessantasette dollari» pago, saluto e vado via.

Arrivo a casa di Logan, la festa è pazzesca come tutte quelle organizzate da Logan. L'odore di vodka, birra e di ogni tipo di alcool si fa prepotentemente sentire. Mi riempio un bicchiere e raggiungo gli altri nella nostra postazione fissa. «Alloraaaa bella gente siete pronti a divertirvi??» Grida Brandon. In risposta un urlo potente si scatena tra la gente. Mentre tutti ritornano chi a ballare, chi a bere e chi ha limonarsi, intorno a un tavolino rimangono dodici persone incluso me. «A che si gioca possiamo saperlo?» sbiascica una ragazza che a mala pena si regge in piedi, più nuda che vestita. «A beer pong, per chi non sapesse di cosa si tratta può stare tranquillo, lo spiego subito» parla ancora Brandon «il gioco è molto semplice. Ci sono sei bicchierini di rum per lato quindi siamo divisi in due squadre, si lancia la pallina nel bicchiere della squadra avversaria e se fai centro la squadra avversaria beve altrimenti beve l'altra squadra. Iniziamoo!»

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Dopo ore passate a bere un bicchiere dopo l'altro il mio unico obiettivo è quello di trovare un bagno in cui riversare tutto. Butto nel wc tutto quello che ho potuto ingerire durante la serata e adesso mi serve un letto per riposare. Giro e rigiro per i corridoi aprendo ogni stanza, non so quante volte ho attraversato lo stesso corridoio, non sono abbastanza lucido da tenerlo a mente. Tutte le stanze possibili sono occupate da coppie intente a mangiarsi con la lingua e io non mi reggo più. Mi accascio vicino al bagno e poi il buio mi avvolge.

Il Silenzio Fa Paura (#wattys2019) Où les histoires vivent. Découvrez maintenant