Il volto della morte (parte 4)

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Era l'arma più bizzarra che avessi mai visto: un lungo osso, lavorato fino a renderlo una sorta di mezza luna ricurva e tagliente, alla cui lama era saldata una fila di denti umani, tutti canini più o meno acuminati. Zosser afferrò la mia mano destra prima che potessi anche solo abbozzare una difesa. Mi guardò dritto negli occhi mentre sentenziava: - Questa è la mano con cui hai ucciso. - procurandomi un taglio sul palmo, ferendomi con quell'assurda lama dentuta. La lesione, piuttosto profonda, non mi fece provare alcun dolore e si chiuse quasi subito, lasciando il rilievo di una cicatrice frastagliata e piuttosto evidente. Pareva un marchio, o una maledizione. Fissai attonito quel prodigio, ormai rassegnato a non capirci più niente. Zosser fece sparire la mostruosità di ossa e denti all'interno del cappotto, per poi assumere un cipiglio severo.

- Ti sei pentito. - ripeté acido, ed era chiaro che lo considerasse un insulto – Puoi tornare dall'altra parte. - e fece un vago cenno col mento, ad indicare il mondo di tutti i giorni che distava solo pochi metri – Ti consegnerai alla legge, o forse ti toglierai la vita. Non mi importa, so solo che dovrai espiare per la tua colpa. Ma se dovessi cambiare idea, se il tuo pentimento fosse solo momentaneo e ti sottraessi alla giusta punizione... Be', allora la ferita che hai sulla mano si riaprirà, fiuteremo il tuo sangue cattivo e ti riporteremo qui. Voi umani siete creature deboli e volubili, e tu non sei certo l'esemplare migliore della specie. Spero di rivederti, ci conto! -

Mi scrutò con occhi avidi e feroci, mentre me ne stavo lì inginocchiato e privo di forze, ancora stordito dalla rapidità degli avvenimenti. In pratica mi era stata donata una seconda possibilità, a patto di accettare un lungo periodo di sofferenza. Come aveva detto Zosser, esistono angoli dell'universo per sempre sconosciuti all'umanità, ma era evidente l'esistenza di ben altre forze. Potenze ignote si nascondevano in quella terra di confine fra due realtà, sconosciute a lui e ai suoi terribili dei, forze tanto potenti da riportare in vita Martina, anche se solo per poco tempo, forze benevoli che mi avevano salvato. Il motivo non l'avrei mai saputo, anche perché ero certo di non essere in grado di comprendere.

– Che c'è? Pensando alla galera senti il cuore pesante? –

Quella provocazione avrebbe dovuto ferirmi, e invece mi ritrovai a pensare che quel tipo stava messo peggio di me. Lo guardai incredulo sbottonarsi la camicia, senza capire dove volesse andare a parare con quel gesto.

– Almeno tu ce l'hai ancora, un cuore! – sghignazzò senza ritegno, mostrando il buco che gli apriva il petto sulla sinistra, da cui cadeva la polvere bianca del deserto. Non osai nemmeno immaginare quale altro scempio il suo corpo era stato costretto a subire. La sua risata senza allegria era un insopportabile misto di follia, rabbia e dolore inconcepibile, un suono spaventoso e soprannaturale che si sparse in ogni angolo di quel luogo tetro. Continuai ad udirla anche quando la fece finita, come un'eco maligna che non accennava a smorzarsi, ma che anzi rimbalzava di continuo nell'aria pesante, neanche fosse un dispetto.

Osservai quel cow boy fuori dal tempo richiudere la camicia su quel macabro spettacolo e raccattare il cappello, per poi spazzolarne via la polvere, il tutto con assoluta noncuranza. Indossò il cappellaccio calandolo sulla fronte, come suo solito, tornando così a nascondere il cranio scoperchiato. Mi lasciò lì in ginocchio ignorandomi del tutto, senza degnarmi di uno sguardo né di una parola. Ormai mi considerava storia passata. Lo vidi allontanarsi con flemma sotto il cielo plumbeo e triste, un assassino a caccia di altri assassini, per sempre condannato ad essere la condanna di qualcun altro.

Ad ogni passo che ci separava lo sentivo ridere, anche se aveva smesso di farlo già da un pezzo. Era ormai lontano, eppure l'eco della sua diabolica risata non si era ancora del tutto spenta.

Il deserto bianco (vincitore Wattys & Horror Games)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora