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Mi girai e rigirai nel letto, era notte inoltrata e il sonno proprio non arrivava. Sospirai e mi posizionai a pancia sotto, solitamente quando non dormivo avvertivo strane sensazioni o disagi, invece quella volta nulla.
Ciò aveva un lato positivo, poiché ero certa che non sarebbe successo nulla.

Alzai il busto e cercai di mettere a fuoco la stanza. Damon dormiva sul divano della mia camera e sembrava veramente stanco. Quella giornata fu diversa dalle altre, finalmente avevamo trovato qualcosa che forse ci sarebbe tornato utile: un incantesimo che permetteva di immobilizzare le vittime di illusioni. Non era un granché, ma almeno ci permetteva di restare al sicuro e di non ucciderli.

Mi ero esercitata tutto il giorno e più o meno ero riuscita ad eseguirlo, non avevamo molto tempo a disposizione e ciò mi feceva salire l'ansia e la paura del non riuscirci. Siccome mia madre non ci formica il suo aiuto, tutto pressava sulle mie spalle, dato che la magia era l'unica soluzione.

Mi stiracchiai nelle calde coperte e mi alzai, camminando in punta di piedi per uscire dalla camera. Sbadigliai e, prima di scendere nelle cucine, sbirciai in camera di Adrien; non che volessi spiarlo, volevo solo accertarmi che stesse bene. Per nostra sfortuna, la ferita al braccio si era infettata il giorno seguente dalla sua scoperta e le febbri non avevano tardato ad arrivare.

Mi avvicinai lentamente al suo letto e tolsi la pezza ormai asciutta dalla sua fronte, immergendola nell'acqua fredda e strizzandola. La poggiai sulla sua fronte bollente e gli sistemai le coperte, mettendo poi della legna dentro al camino per animare il fuoco.

Assicuratami che tutto fosse in ordine, uscii e andai verso le cucine. Le trovai deserte, come solitamente lo erano la notte, eppure ripensai ai nostri domestici e alla compagnia che ci portavano, soprattutto Sophia. Solo con il passare del tempo mi stavo rendendo conto quanto essi fossero importanti per il castello. La loro morte mi rattristava il cuore, ma la loro assenza era peggio.

Misi del latte in una piccola brocca in legno e mi incamminai verso la mia camera. Una volta arrivata, mi sedetti sul letto ed incrociai le gambe, sorseggiando dalla brocca.

«Dove sei stata?», una voce roca vibrò nel silenzio, facendomi sobbalzare.

«Damon, Santo Cielo, mi hai spaventata?»

«Ti spaventi facilmente, ripeto: dove sei stata?»

«La questione non deve interessarti», sbuffai, non che avessi fatto chissà che, ma la presunzione con cui lo chiedeva mi irritava.

Udii lo scricchiolio del divano e lo vidi girarsi, poiché prima era di spalle. Mi fissò intensamente, assottigliando lo sguardo. «È latte quello? Non penso sia vino e nemmeno sangue, dato che ne sentirei l'odore.»

«Perché ti interessa se bevo latte o no?»

«Perché sei una bambina, hai ancora bisogno di latte per dormire la sera?», ridacchiò e si alzò dal divano, avvicinandosi lentamente a me.

Sbuffai e continuai a bere, «non ho bisogno del latte per dormire, sono andata da Adrien e successivamente mi è venuta voglia di latte, non ci vedo nulla di strano», feci spallucce, mentre un vortice di emozioni mi investiva. La sua vicinanza mi faceva impazzire, nel senso buono.

Ormai era proprio accanto a me, seduto sul letto nella mia stessa posizione. Il perché mi avesse rivolto la parola, svegliandosi e addirittura venendo accanto a me, ancora non lo sapevo.
«Perché sei andata da Adrien?»

«Perché mi fai tutte queste domande stasera?»

«Ci sarà mai una volta che mi risponderai senza pormi un'altra domanda?»

Sbuffai ancora e, una volta terminato il latte, poggiai la brocca sul pavimento e mi lasciai cadere sul letto; sicuramente non sarei rimasta in quella scomoda posizione solo perché lui era lì. Dopo pochi secondi lo vidi seguire i miei stessi movimenti e sdraiarsi accanto a me. Quel avvicinamento mi fece salire qualche dubbio, ma la gradevole sensazione che provavo li allontanò tutti.
«È stato molto male in questi giorni e volevo accertarmi che stesse bene», risposi di getto.

«Devi tenerci proprio tanto per alzarti nel pieno della notte per andare da lui», borbottò più a sé stesso che a me.

«Perché ho la strana sensazione che tu sia geloso di lui?»

«Geloso è un parolone, ma non nego di provare un certo fastidio quando so che sei accanto a lui; sarà una delle conseguenze del legame.»

«Metti sempre al centro il legame, non pensi mai che ciò che provi sia scaturito da te?»

Lo vedo aggrottare la fronte e girare il viso verso di me, adesso siamo entrambi sdraiati, con i visi rivolti l'uno verso l'altro e le coperte che ci riscaldano. «Non capisco, io non provo sentimenti per nessuno... Che orribile parola: sentimenti.»

«Provi odio?», iniziai un giochino, dato che sembrava che il sonno fosse mancato anche a lui.

Sembrò rifletterci a lungo, ma continuo a fissarmi e ciò mi scaturò brividi lungo la spina dorsale. «Per la tua famiglia, sì.»

«Rabbia?»

«Per gli uomini che mi hanno tradito e hanno fatto si che tutti gli altri cadessero sotto illusioni.»

«Felicità?»

«Per mia sorella, quando sono con lei.»

«Amore?»

Un sussulto lo percosse e potei vederlo tremare leggermente. «Amore», ripete, «non ho provato mai amore, nemmeno per le donne del bordello.»

Il respiro mi si mozzò in gola, «le donne del bordello?», quella volta fui io a ripetere.

«Si, quando ti tenevo prigioniera, andavo spesso lì, ma dopo un po' mi sono scocciato delle continue seduzioni. Alcune sono veramente orribili, senza dignità o orgoglio.»

Quelle sue parole si insinuarono nella mia mente, chissà con quante donne era stato e con quante ci sarebbe stato. Una morsa mi strinse dalla gola al petto e mi ritrovai a deglutire un paio di volte. Ero innamorata di un uomo a cui piacevano le donne per divertimento, che stupida che ero.

«Per te, una volta.»

Mi risvegliai dai miei pensieri e con voce sussurrai: «cosa?», non avevo realmente capito a cosa si riferisse.

«L'amore, l'ho provato per te, tanto tempo fa.»

Ormai, dopo ciò che aveva detto, non ci diedi nemmeno peso a quelle parole. «Tanto tempo fa? Cos'è cambiato da allora?»

«Io, sono cambiato io.»

«E io ne prendo le conseguenze. Torna sul divano Damon, voglio dormire.»

«Dormi», disse, stiracchiandosi.

«Forse non hai capito: devi uscire dal mio letto e depositarti sul divano.»

«Ho capito, ma quel divano è scomodo e per una notte voglio dormire tranquillo, quindi resterò qui.»

«Cosa? No! Io a causa tua ho dormito settimane sul pavimento, il divano è anche troppo per te, considerando quello che mi hai fatto passare», ringhiai.

«Mi dispiace», sussurrò, «ti prometto che un giorno ti racconterò tutto, ma ti prego: fammi dormire accanto a te.»

Improvvisamente ero troppo stanca per rispondergli, la sua presenza mi trasmetteva talmente tanta tranquillità e adrenalina all'unisono che avevo ritrovato il sonno. Nella mia mente con uno schiocco di dita erano scomparse tutte le cattiverie che avevo subito e rimase solo il suo viso e tutti i momenti belli passati insieme.

Mi ritrovai ad annuire e a crollare in un profondo sonno.

Spazio autrice:
So che questo capitolo non è il massimo, ma è solo di passaggio.
Il nostro Damon sta cambiando pian piano atteggiamento, lo avete notato?

Sentimenti Mai ProvatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora