Capitolo Trentaquattro

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-Sei sicura?-

Evie Stack prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi e svuotando la mente, come se si stesse preparando ad una sessione di meditazione.
Quando li riaprì, essi brillavano di una luce dorata che si amalgamava alla perfezione con il verde brillante delle sue iridi.
La ragazza annuì, lasciando ondeggiare appena la lunga coda di capelli scuri, che ricadeva sulla sua schiena coperta dalla tuta militare nera come la pece.
L'ultima volta che era uscita da quel luogo era vestita esattamente così e aveva intenzione di rimetterci piede nella medesima maniera, mostrando quanto il destino si fosse preso gioco di lei nei mesi di assenza.
-Allora andiamo.-
Steve picchiò il pugno sul pulsante alla sua destra e il portellone si aprì, lasciando entrare un forte vento gelido che scompigliava i lunghi capelli neri della ragazza, in netto contrasto con il suo sguardo impassibile.
La ragazza guardava sotto di sé la distesa di neve, interrotta dalla struttura che ricordava ancora vividamente nonostante i mesi passati e il tentativo di rimuovere quei ricordi dalla sua mente.
-Non si torna più indietro.- annunciò la voce gracchiante di Sam dall'auricolare che tutti loro indossavano per poter comunicare l'uno con l'altro. Senza aggiungere altro i due si buttarono nel vuoto sotto il jet firmato S.H.I.E.L.D. che li aveva condotti fino a lì.

Se Evie avesse dovuto essere completamente onesta, Samara non le era mancata per nulla.
E mentre precipitava nel cielo grigio che sovrastava la base militare Hydra, con il vento gelido a tagliarle la piccola porzione di pelle scoperta, ne ebbe la conferma.
-Ora!- gridò Steve, anche se la sua voce le arrivò più che altro attraverso l'auricolare, a causa dell'incessante ululare del vento.
Un lampo grigio e rosso le passò affianco e un attimo dopo le enormi ali di latta di Falcon gettavano ombra sulla sua figura che ancora cadeva nel vuoto.
Attraverso l'apparecchio situato nel suo orecchio sentì Wilson lamentarsi del peso di Steven, mentre Tony faceva una battuta che le arrivò troppo distorta per comprenderla.
Nel frattempo il suo esile corpo cadeva ancora nel vuoto, acquistando velocità ogni secondo e preannunciando un doloroso impatto con il suolo.
Niente paracadute.
Non le era mai piaciuto quell'arnese.

La base ora sembrava molto più grande e vicina e Evie decise che era il momento giusto. Si portò una mano sotto il mento, toccando una volta il punto in cui si era fatta innestare da Tony il microsensore di ultima generazione. Una maschera bianca si aprì coprendole metà del volto, in un movimento che ricordava molto la chiusura della tuta di Iron Man o delle ali di Falcon.
D'altro canto, si trattava della medesima tecnologia.
Dietro alla mezza maschera bianca Evie prese un respiro profondo, sentendo il battito del cuore rallentare paziente.
I suoi occhi scintillarono più intensamente di oro, mostrando ora qualche lieve sfumatura scarlatta, mentre la ragazza imponeva il comando: avanti.
I suoi stivali cigolarono e vennero scossi in aria, come se i pezzi della tanto nota tuta rossa e gialla si fossero agganciati alle sue gambe. Ma nell'aria circostante nulla si era mosso, nessuna tecnologia Stark si era avventata sulle calzature immacolate della soldatessa.
Due luci dorate si accesero ai lati esterni degli stivali, all'altezza della caviglia, mentre sotto lo sguardo ammirato di Tony essi si trasformavano in ciò che di più simile c'era alla parte inferiore della famosa tuta di Iron Man, solo in bianco.
Con un rapido cambio di direzione, la ragazza si voltò in aria, mentre gli stivali diventavano dei veri e propri propulsori che rallentarono la sua folle discesa, facendola atterrare con gran effetto in mezzo agli altri Avengers già riuniti al suolo.

-Beh, l'aveva detto lei di non essere portata per i paracadute.- commentò Sam, le ali metalliche già tornate nel suo fedele "zaino" tecnologico.
Evie fece un rapido cenno alzando un sopracciglio, mentre si rimetteva dritta dopo quello che Peter chiamava un "atterraggio da eroe" che aveva lasciato un buco nella neve laddove avevano cozzato i suoi piedi e la sua mano.
-Bene, Iron Beast, a te l'onore.- la richiamò Stark, indicando con un ampio gesto il portone della base.
La ragazza camminò nella neve con passo spedito, senza neppure sentire il freddo che le pungeva la pelle.
Si fermò davanti al portone, nel punto dove sapeva esserci la telecamera segreta.
-Kuuuznetsov!- chiamò, dando una piega quasi melodica alle sue parole, prendendosi gioco di lui.
-Vieni a giocare.- aggiunse con tono aggressivo, battendo un pugno contro il portone.
Da dentro non giunse, ovviamente, nessuna risposta.

-Ora passa alle maniere forti?- bisbigliò Sam, rivolto al Capitano.
-Ora passa alle maniere forti.- ripeté annuendo quello, incrociando le braccia quasi volesse godersi lo spettacolo.
-E va bene piccolo bastardo, allora giocherò io.-
Evie strinse il pugno destro in aria e lo caricò per un secondo pugno contro il portone.
Ad un centimetro dalla superficie metallica dell'entrata teoricamente inespugnabile della base, il suo guanto senza dita cambiò aspetto come avevano fatto poco prima gli stivali, sfigurandosi in un guanto completo e sempre somigliante ad una delle tute di Stark, ma del consueto bianco lucente.
Al contatto con la porta, il nuovo "guanto" meccanico provocò un'enorme boato, ammaccando molto più di quanto gli Avengers si aspettassero la superficie metallica.
Evie indietreggiò di un paio di passi e sferrò un calcio al portone, reso ancora più potente dai propulsori comparsi dal nulla durante la caduta libera.

Dopo un istante nel quale non accadde nulla, la porta cigolò pericolosamente e si abbatté verso l'interno, come fosse la tessera di un domino gigante.
-Chi le ha insegnato questo?- chiese Natasha impressionata.
-Ho paura di chiederglielo.- rispose Clint, preparando l'arco teso mentre la squadra seguiva la ragazza all'interno della base.
Quando loro la raggiunsero, Evie era ferma sulla porta abbattuta, il pugno chiuso nel guanto lungo il fianco e gli occhi dorati che passavano da un volto all'altro alla ricerca di quello che le interessava.
Si fermò sul volto di un uomo, terrorizzato quanto gli altri, con diversi gradi e distintivi appuntati al petto e il berretto militare di traverso.
La ragazza piegò leggermente la testa di lato, portando poi due dita al medesimo punto di poco prima sotto il mento, facendo sparire la maschera dal viso e mostrando l'enorme e terribile sorriso che preannunciava solo guai.

-Boo, Kuznetsov.-





Wakanda
Quanto mi diverto a lasciare suspance.
Succederanno diverse cosucce, alla base di Samara, ma dovrete aspettare per sapere.

Piccola nota:
questo capitolo, a livello temporale, è ambientato qualche tempo dopo i precedenti (come si sarà capito), perciò Evie è in grado di controllare discretamente i suoi "nuovi" poteri, usandoli per già due volte nello svolgersi di questo capitolo.

Ora che ho finito, vi saluto.

||Progetto Gemelli Medusa|| ✅Where stories live. Discover now