Capitolo Ventisette

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Coraggioso. Leale. Onesto. Premuroso, gentile, dolce.
Impacciato, sfigato, imbranato e timido.
Persino sciocco.
L'avevano descritto in milioni di modi, ma paziente non rientrava minimamente tra essi.

Peter Parker faceva avanti e indietro freneticamente davanti al laboratorio da ormai due ore, chiedendo aggiornamenti ogni qualvolta qualcuno uscisse dalla stanza e ottenendo risposte sempre più scadenti, accompagnate da sguardi impotenti e compassionevoli.
Non c'era Avenger che riuscisse a far finta di nulla vedendo il volto preoccupato del ragazzo, il modo in cui si passava la mano tra i capelli e si mordeva il labbro, fissando un punto imprecisato del pavimento.
Non erano nemmeno riusciti a convincerlo ad andare a cambiarsi, così era rimasto con il proprio costume rosso e blu, decisamente troppo leggero vista la temperatura più bassa del piano inferiore della struttura. Steve era andato a prendergli una felpa, ma Peter aveva insistito perché la portassero dentro e la tenessero nel caso la Gemella si risvegliasse e sentisse freddo.
L'idea che una volta sveglia la ragazza avrebbe potuto indossare la sua giacca era forse l'unica magra consolazione che teneva caldo il cuore del giovane Spider-Man, anche se ogni volta gli provocava piccoli brividi in tutto il corpo.

Era incredibile quanto contasse per lui quella ragazza che fino a pochi mesi prima era una nemica, un'estranea come tante.
Forse perché avevano la stessa età, forse perché era stato lui il primo a trovarla, o forse per il semplice fatto che Peter la trovava terribilmente carina, Evie Stack era diventata una sorta di priorità per il ragazzo, che si ritrovava a parlare di "una nuova" anche a scuola o con sua zia May.
I pranzi passati a fissare Liz da un angolo della mensa erano diventati interminabili minuti che trascorreva rivivendo ricordi che, puntualmente, contenevano la ragazza dagli splendidi occhi verdi e il viso irrimediabilmente rovinato dalle cicatrici.
Due ricordi in particolare premevano al ragazzo: primo di tutti la risposta che la ragazza aveva dato a Nick Fury quando esso le aveva chiesto come avesse fatto a recuperare tutta la memoria in un istante.
"Peter" aveva detto la ragazza, tornando poi al suo silenzio irremovibile.
Peter si era tormentato per tutta la notte e gran parte della mattina a pensare a cosa quella risposta significasse. Eppure ogni ipotesi sembrava sempre più stupida o impossibile.
Il ragazzo era stato così felice quando gli avevano detto che, vista l'improvvisa memoria ritrovata, il turno che Tony avrebbe dovuto tenere il giorno seguente sarebbe andato a lui.
Non vedeva l'ora di scendere e chiedere spiegazioni alla ragazza, chiederle come avesse fatto ad aiutarla in quella che sembrava una missione impossibile.

Ma il destino aveva ovviamente mandando all'aria i suoi piani, facendolo finire davanti alla porta del laboratorio, a rodersi dalla preoccupazione senza poter sapere lo stato della ragazza.
Separati da una semplice porta, eppure lontani anni luce.
Quando odiava quella sensazione.
-Peter?-
Il ragazzo si voltò, vedendo Tony Stark apparire all'inizio del corridoio. Sembrava parecchio stanco e teneva in mano una tazza di caffè. Visti i suoi occhi, Peter intuì che non era il primo che prendeva da quando era uscito dalla prigione, quelle che sembravano ore e ore prima.
In realtà, come il ragazzo aveva domandato più volte a Friday, l'allarme della cella era scattato solo tre ore e mezza prima ed erano già due ore che Peter attendeva il permesso di entrare nel laboratorio, anche solo per vedere lo stato della Gemella.
Ma il Dottor Banner continuava a impedirglielo, dicendo che era meglio essere prudenti.
Peter non ne poteva più di essere prudente.

-Oh, salve signor Stark.- salutò senza entusiasmo il ragazzo, continuando a prestare attenzione allo schermo tecnologico che la sua maschera gli forniva.
Aveva chiesto a Karen di mostrargli tutte le immagini registrate che aveva in cui appariva la ragazza, anche se aveva a malincuore scoperto che erano veramente poche.
-Ho parlato con Bruce prima.- disse il miliardario, avvicinandosi al ragazzo appoggiato al muro, intento a fissare con sguardo vuoto un filmato di lui nella prigione.
Un giorno aveva portato giù il costume, per mostrare una parte del suo mondo alla ragazza.
Le era piaciuto così tanto.
Eppure faceva male vedere il suo sorriso in quel momento.
-Ha detto che se vai su a cambiarti può farti entrare.-
Il filmato si interruppe bruscamente, mentre il ragazzo levava la maschera e fissava con la bocca spalancata l'uomo davanti a lui.
-Io...- sussurrò con voce fievole.
-Solo se ti cambi.- annuì stanco Tony, sorseggiando la sua bevanda.
-Oh mio dio, grazie signor Stark!- esclamò al massimo della gioia il ragazzo, sparendo poi alle spalle di Stark, diretto verso le scale.
Mentre faceva i gradini alla velocità della luce, il secondo ricordo migliore con la ragazza, quello che ogni volta gli faceva provare quella strana sensazione al cuore, si ripeteva come in loop nella sua mente.
Rivedeva se stesso appoggiare la mano sull'ora andato distrutto vetro, premendo stremato anche la fronte sulla superficie così resistente.
Dall'altra parte, la prigioniera faceva combaciare le loro mani separate dal vetro e la sua voce debole risuonava nella testa di Peter.
Il suo cuore fece un balzo nel petto, mentre lui saltava tre gradini alla volta, cosa che Steve Rogers gli aveva categoricamente vietato di fare per ragioni di sicurezza.
Ma la sua mente viaggiava così veloce che le ramanzine di Captain America erano cadute in qualche angolino dimenticato e buio della sua testa, senza più avere importanza.

Due piani più sotto, Tony entrò nel laboratorio.
La ragazza giaceva svenuta su un lettino, le braccia e le gambe completamente fasciate.
-Non hai potuto fare nulla?- chiese, attirando così l'attenzione del dottore.
-Credimi, ci ho provato.- rispose dispiaciuto Banner, giocando con le maniche arrotolate della sua camicia, mentre entrambi guardavano il viso indecifrabile della Gemella.
-Sembra che siano passati svariate volte nello stesso punto, come se l'intenzione non fosse ferire, ma lasciare il segno.-
-Dei promemoria...- mormorò Stark, seguendo con lo sguardo la sorta di disegno che le bianche cicatrici formavano sul volto della ragazza.
-Una cosa spregevole.- confermò Bruce, voltandosi per riprendere a sistemare gli attrezzi da laboratorio.
Stark lasciò la sua fidata tazza su un tavolo e si avvicinò al Evie.
-Quanto ancora potrà soffrire questa ragazza?- chiese più a se stesso che a Bruce, sfiorando con il dorso delle dita la fronte della Gemella.
-Non ha più nulla da perdere.- fece notare Bruce. -Sarà difficile soffrire ancora.-
Tony guardò la ragazzo con preoccupazione mista a compassione.
-Non si perde mai tutto Bruce. C'è sempre qualcosa di cui hai bisogno, anche se magari non te ne rendi conto.- sentenziò l'uomo riprendendo la tazza e avviandosi verso l'uscita del laboratorio.

-Sempre.-

||Progetto Gemelli Medusa|| ✅Where stories live. Discover now