4: una bambina impaziente

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4. un negozio maledetto 


"Quindi, di preciso, cosa ci fai qui?".

Ross la fissava dall'alto dei suoi dieci centimetri in più, mentre il suo ciuffo di capelli biondi, colpiti dall'unico raggio di sole che riusciva a penetrare in quel vicolo, lo faceva assurgere a celeste divinità. I suoi amici, alle sue spalle, avevano lentamente incrociato le braccia sul petto, squadrandola ostili.

Leanne si erse in tutta la sua altezza da undicenne, fissando suo fratello come se davvero non avesse paura delle conseguenze dell'essere stata scoperta a seguirlo.

"Voglio venire con voi".

Ross emise uno sbuffo e una risatina. "Tu? Tu sei una mocciosa. E i mocciosi non sono bene accetti nel nostro gruppo".

"Voglio venire con voi, ho deciso".

"Non hai il permesso".

"Ma...".

"Devi tornare a casa".

Leanne si incupì: aveva fatto ben tre isolati a piedi, nascondendosi al momento giusto per non essere notata e correndo per recuperare la strada persa durante gli appostamenti. Non aveva alcuna intenzione di tornare sconfitta a casa, tanto più che Rosalinda le avrebbe fatto il terzo grado e l'avrebbe detto alla mamma, che l'avrebbe messa in castigo.

"Sei troppo piccola per venire con noi" ribadì Ross. "Torna a casa".

"Se mi mandi via, lo dirò a tutti".

"Che cosa?".

"Quello che fate. Dove andate".

Ross lanciò un'occhiata ai suoi due amici, che ricambiarono interrogativi, dopodiché tornò a guardare la ragazzina dalla treccia bionda che aveva davanti. Sorrise come suo solito, da arrogante e fascinoso fratello maggiore, prima di chiedere, lentamente: "Ah sì? E cosa sai, sentiamo".

"State andando a Cabanyà Road".

"Come fa a saperlo?" domandò, alzando la voce, Simon Page, il quattordicenne con l'apparecchio sulla destra di Ross.

"Io so molte cose" ribatté Leanne, incrociando le braccine sul petto, fissando con sguardo di sfida tutti e tre. Ross si crucciò. Si abbassò verso Leanne, appoggiando le mani sulle ginocchia per guardarla negli occhi, azzurri come i suoi.

"E sai anche cosa c'è in Cabanyà Road, Ann?" chiese a bassa voce, con il chiaro intento di spaventarla. Leanne non sapeva con precisione cosa si trovasse in quella strada, sapeva solo che si trovava a Spanish Harlem e che Ross e i suoi amici progettavano di andarci da alcune settimane. Aveva sentito da papà, che leggeva il giornale tutte le mattine mentre mangiava le sue uova e ascoltava le notizie alla radio, che vi si stavano trasferendo parecchie famiglie portoricane – cosa che a lui non faceva alcun piacere, perché considerava i latini sporchi e pigri, anche se la loro governante proveniva da Cuba.

Fu costretta a scuotere la testa, ma sostenendo lo sguardo di ghiaccio del ragazzino.

Ross ghignò. Lanciò un'occhiata agli altri due, annuì impercettibilmente. Le tese in modo inaspettato una mano.

"Sai una cosa? Vieni con noi. Lo scoprirai".

"Sempre che tu non sia spaventata dai luoghi maledetti" mormorò Don Brown, con fare misterioso.

Leanne deglutì, ma aveva fatto una promessa a se stessa: voleva diventare grande e quello era il modo per dimostrarsi che il tempo era finalmente giunto. Avrebbe battuto sul tempo sua madre, che non vedeva l'ora del suo debutto in società, cosa che sarebbe successa solo di lì a qualche anno. Leanne non aveva alcun interesse a cercare marito e sposarsi prima di aver compiuto vent'anni, come asseriva il protocollo delle giovani borghesi di buona e cristiana famiglia. Lei non avrebbe fatto quella fine, mai e poi mai.

Scosse energicamente la testa e mosse un passo avanti, sostenendo lo sguardo divertito dei tre.

"Andiamo".

Così si misero in cammino, dall'Upper East Side verso la malfamata East Harlem, Leanne e Ross in testa. Mancava poco e mano a mano che i palazzi diventavano più squallidi, le strade più sporche e la gente più losca, il cuore della bambina batteva sempre più furiosamente. Leanne ripensò a quello che Don aveva detto: un luogo maledetto? A El Barrio, dove neanche i tram passavano con regolarità?

"Di qui" mormorò Ross, facendo cenno ai suoi compagni di seguirlo in uno stretto vicolo incuneato tra due file di minacciosi palazzi di mattoni rossi. La ragazzina deglutì e seguì gli altri. Camminarono nel silenzio rotto solo dal continuo stillicidio di una grondaia rotta e, forse, dallo squittire sospettoso di qualche topo, nascosto nei bidoni della spazzatura posti lungo la via. Non c'erano porte né finestre che si aprissero su quell'angolo del quartiere, che appariva buio anche in pieno giorno. Leanne dubitava che avrebbero trovato qualcosa ma, nel momento in cui cominciava a temere che quei tre le avessero giocato un tiro mancino per spaventarla, il cupo vicolo piegò bruscamente verso destra e si concludeva in un vicolo cieco.

Ma non un vicolo cieco normale: in fondo alla via c'era un negozio.

Il nome era in spagnolo e Leanne non aveva idea di cosa significasse, ma a prima vista ricordava una normale drogheria, anche se la stretta casa a soli due piani che chiudeva la strada sembrava totalmente fuori posto in quel vicolo buio, perché le sue pareti erano azzurre e le finestre del primo piano avevano persiane gialle.

"Ci siamo" bisbigliò Ross, avanzando eccitato. Leanne lo seguì senza pensarci e mentre si avvicinava sempre di più a quel luogo, si rendeva conto che no, non era un normale negozio di alimentari: dalla sua unica, polverosa vetrina, occhieggiavano le statue antropomorfe di alcuni santi, sistemati sopra una specie di baldacchino di fiori troppo colorati per essere veri. C'erano anche altre statue, ma facevano molta più paura: erano grosse facce scure con tagli come occhi e bocca. C'erano candele mezze consumate e un paio di inquietanti bamboline, fantocci che sembravano fatti di capelli.

"Quello è un teschio" mormorò Simon, indicando una piccola mensa sulla sinistra. Sì, il teschio umano c'era per davvero e tra i denti, nel suo perenne, orribile sorriso, stringeva un sigaro cubano.

"Che posto è questo?" sussurrò senza voce Leanne. Ross la guardò, sorrise soddisfatto e rispose, esaltato: "Ti avevamo avvisato, Ann. Ma tu hai voluto venire lo stesso".

"Che posto è?" insistette lei, muovendo un passo indietro e lanciando uno sguardo alla piccola porticina incrostata di sporco, dietro il cui vetro fumoso si notava un cartello con la scritta in spagnolo: abierto.

"Qui vivono le streghe" rispose Ross.

"Il demonio" riprese Simon.

"Fanno magie, qui dentro" completò Don.

"E perché siete qui? Cosa volete fare?".

I tre si guardarono. Sorrisero. Fu suo fratello, come sempre, a rispondere per tutti.

"Sfidare il diavolo in persona. Sfidare la sua maledizione".

Non appena finì di parlare, allungò e posò una mano sul pomello arrugginito della porta. Leanne soffocò il muto grido che stava per prorompere dal suo petto, mentre osservava suo fratello aprire lentamente la porta, facendola cigolare: se era questo che significava essere grandi, sarebbe stata al gioco.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa, compreso sfidare una strega in persona, pur di diventare grande. 

Corin Dawson e la strega di Cabanyà RoadOnde as histórias ganham vida. Descobre agora