2. L'amuleto - Su questa pietra scriverò il tuo nome

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Il signor Moore trascorreva la maggior parte della giornata all'interno del suo negozio d'antiquariato o, come lo definivano volgarmente i suoi concittadini, nel banco dei pegni. Molti non riuscivano a comprendere la sua ossessione per quelle cianfrusaglie, ma lui andava molto fiero della sua collezione, quasi quanto era fiero della figlia adolescente. Gli scaffali erano ghermiti da ogni tipo di chincaglieria: non importava quanto l'oggetto fosse vecchio o strambo; se aveva una storia, veniva acquistato senza riserbo. Tuttavia, anche il signor Moore aveva delle preferenze, e la sua sezione prediletta era quella dedicata alla storia locale.

A volte, quando qualcuno dei dintorni moriva, i parenti andavano da lui per rifilargli ciò che non riuscivano a smistare o a riciclare. All'apparenza poteva apparire come una mancanza di rispetto nei confronti del defunto ma, proprio grazie a questa insensibilità, il signor Moore era venuto in possesso di diversi reperti storici tramandati in quelle famiglie. Alcuni così particolati che preferiva tenerli al sicuro all'interno della cassaforte.

Quando invece tutti godevano di ottima salute, erano i collezionisti sparsi per il Paese a fargli visita, il che significava che il signor Moore aveva ben pochi clienti fissi durante l'anno. Ciononostante, ogni giorno andava a lavorare con un largo sorriso stampato sul volto ormai appassito.

Seduto dietro al bancone con un vecchio romanzo dalla copertina mancante, l'uomo venne sorpreso dallo scampanellio dei campanelli di lamiera riciclata appesi sopra la porta d'ingresso. Non si aspettava un cliente, né tanto meno una consegna, ma quando alzò il naso tozzo dalle pagine ingiallite, non poté fare altro che sgranare gli occhi nell'accorgersi del fattorino fermo davanti a lui.

«Buongiorno signor Moore» esclamò allegro il giovane Adam, ruminando una gomma alla menta.

«Buongiorno a te, Adam. Come mai da queste parti?»

Il ragazzo smise di masticare e gli rivolse uno sguardo stranito. Senza parlare, appoggiò sulla vetrinetta una busta di cartone. «C'è posta per lei. Una firma qui, prego.»

Il signor Moore continuò a esprimere perplessità. «Ma io non ho ordinato nulla. Né aspettavo corrispondenza.» Dato che il giovane Adam continuava a mostrargli il registro, alla fine capitolò e firmò con la penna stilografica che teneva appuntata al taschino della giacca.

«Oh, questo è interessante» esclamò allora l'altro, improvvisamente eccitato. «Chissà, magari è un suo ammiratore che le ha mandato un nuovo pezzo per la collezione.»

Anche se strambo, il signor Moore non era certo ingenuo e ben sapeva che nessuno gli avrebbe mai fatto quel favore spontaneamente.

Adam non demorse. «Andiamo, lo apra. Ho altri pacchi da consegnare, per cui faccia presto! Non è curioso?»

Certo che lo era, ma era buona educazione non mettere fretta al padrone di casa. Afferrando un vecchio tagliacarte dal manico intagliato, il signor Moore accontentò il giovane, lacerando un lato del pacco. Quando lo rivoltò, sul balcone caddero due cose: un biglietto dalla carta piuttosto costosa tant'era spessa e un amuleto rotondo in argento con una grossa pietra rossa incastonata nel mezzo. Mentre il suo amico si rigirava tra le mani il monile, lui lesse il messaggio dell'emittente.

Sapendo che sarà in buone mani, lo affido alla persona che ne avrà cura al posto mio. Dopo anni, il Cuore di Edith è tornato a casa.

Il signor Moore dovette rileggere quelle poche righe tre volte, prima di capacitarsi di ciò che aveva tra le mani. Per poco non si strozzò dall'emozione. «Non posso crederci! È... inaudito! Il Cuore di Edith è una reliquia appartenuta a Edith Thompson, figlia di una delle famiglie fondatrici della città. Credevo che fosse perduta per sempre!»

Inktober - Il segreto di HawthornwoodWhere stories live. Discover now