WAR FOR FREEDOM

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-non vi lascerò passare- parla solennemente il Dr. Kondraki, impugnando una sciabola ed indicando il gruppetto con la sua luccicante punta. Delle farfalle verdi svolazzano intorno al suo corpo tranquillamente.
-e pensi di poter vincere battendoti contro tutti noi?- domanda seria la ragazza con la divisa nera da infermiera. Al silenzio, un sorriso soddisfatto si fa largo sulle sue sottili labbra.
-vedo che cominci a ragionare- dice, prima di estrarre la sua sottile motosega. Gli altri proseguono, allontanandosi dai due.
L'uomo rimane sulla difensiva mentre l'assassina si lancia per il primo attacco frontale. A quel brusco gesto, lo sciame di farfalle inizia a volteggiare velocemente attorno alla figura di Kondraki, coprendo il suo corpo agli occhi di Ann.
Poco dopo, il ragazzo dalla giacca beige spalanca una porta metallica, designata 127. Ciò che trova al suo interno lo lascia di stucco.
-che motivo c'era di rinchiudere una mitraglietta?!- domanda al vuoto, avvicinandosi all'oggetto ed afferrandolo.
-ti prego non farlo!- prega il ragazzino lentigginoso e dai capelli rossi, mettendosi davanti ad Angel e fermando così un suo colpo di spada contro il Dr. Bright.
-perché proteggi la persona che ti ha tenuto in prigionia?!- domanda, stranita dal gesto del ragazzo.
-io gli voglio bene, lui è stato l'unico in tutti questi anni a darmi del tempo per me!- a queste parole Judge abbassa la spada e il suo sguardo si fa un po' tenero, pur rimanendo seria e gelida. 590 si volta a guardare il Dr. Bright, che tiene stretto al petto il braccio ferito.
-perché lo fai?- domanda con il fiato corto, guardando negli occhi lucidi dell'SCP.
-una ferita è facile da curare, ma se vi avesse ucciso sarei dovuto morire per guarirvi- spiega con le lacrime agli angoli degli occhi ed un sorriso malinconico.

Era tenuto in una stanza di cemento armato, i quali muri sono ora crollati. Le cinghie che lo avvolgevano e che lo tenevano ben stretto, collegato ed incollato ai muri, si erano allentate sotto una forza esterna. Quella forza, sconosciuta ancora a tutti, ha permesso all'umano di liberarsi. Strappandosi via le cinghie e attaccando i soldati che tentarono di mettersi in mezzo al suo piano di fuga, srotolò su di loro le lunghe sbarre arrugginite che gli emergono dalla schiena. Le sue ali di ferro, per una volta sapevano entrambi che cosa fare, spararono le catene con punte di frecce dentate sulla parete di cemento, facendola poi cedere e spaccarsi sotto la forza metallica dei rivetti rotanti.
Guardava il cielo grigio quando sentì nuovamente il freddo ed umido appiccicume della schiuma. Quella semplicissima schiuma che si era rivelata come un fermo per le sue ali metalliche. Ma stavolta fu lui e le sue incontrollate ali, ad essere più veloce. Innalzando nell'aria le due enormi barre di ferro, per poi librarsi in aria, provocando una sferzata di aria gelida che spinse in dietro la schiuma e con essa i soldati.
Era libero...era finalmente libero, nel cielo grigio ed infinito.

Painter era entrato in una cella dalle pareti imbottite di gomma porosa, guardava attentamente il ragazzino di nove anni che sedeva nel mezzo.
Aveva ucciso a sangue freddo tutti i presenti, sei agenti, davanti ai suoi occhi e lui non aveva fatto altro che guardare. I suoi occhio non esprimevano emozione, sembravano vuoti e freddi. Osservava quel bambino da un paio di minuti, ha la pelle cauterizzata, notò.
-vorrei poter ridere- disse il ragazzino, risvegliando l'assassino dai suoi pensieri malsani sui colori, e distraendolo dall'estrema magrezza del suo corpo.
-come?-
-se non mi facessero male le ossa, riderei a crepapelle per ciò che hai fatto. Ti ringrazio!- ripete, cercando di nascondere e di spegnere quel sorriso soddisfatto, che si potrebbe tramutare in una dolorosa risata.
Sapeva bene che quello non era l'atteggiamento adatto ad un bambino di 9 anni, ma...che cosa avrebbe potuto fare, dopo aver passato anni a nascondere le sue vere capacità, mentre degli scienziati lo martoriavano di esperimenti e di domande. Aveva finto di non riuscire a parlare correttamente l'inglese, tenendo all'oscuro tutti dal suo reale talento...si, un talento, lo definiva tale. Anche se sapeva che grazie a questo poteva distruggere mentalmente i suoi obbiettivi, solo parlando. Ma un talento non uccide, non deteriora la mente.
-su forza, ti aiuto ad uscire di qui- dice Painter, per poi prendere in braccio con attenzione il bambino.

Rumori, esplosioni e sparatorie, si sentivano attutiti mentre lei era ancora all'interno di quella buia stanza. Era promossa di uscire e di sterminare chiunque le si parasse dinanzi.
-dovrebbe essere qui dentro- una voce familiare, rimbalza su una parete davanti a lei.
-però, le hanno dato un nome piuttosto lungo...per certi versi abbiamo qualcosa in comune- fa notare Offender, con sorriso provocante accompagna il suo commento indecoroso, che i due fratelli non comprendono.
-SCP 25,8069...perché mai darle un numero decimale?- si domanda Trender, mentre Splendor tenta di aprire la porta di ferro.
-sai qual è la cosa più strana Trender?- chiede il fratello incappottato, avvolgendo il braccio intorno al suo collo.
-spero che tu non stia per-
-c'è il numero 69- blocca il fratello, con un sorriso sornione che allarga al massimo le sue labbra bianche.
-dire un'altra delle tue porcate!- conclude Trender, dando un fragoroso schiaffo dietro il collo dell'altro, che si curva poi per il bruciore del colpo.
-Offender, non siamo qui per perdere tempo. Dannazione, siamo nel bel mezzo di una guerra e tu ti metti a fare battute del genere!- urla sull'orecchio del fratello più grande di lui.
-era solo per allentare la tensione! E non urlarmi nell'orecchio, deficiente!- urla in risposta sul suo orecchio. Ma prima che si accenda una litigata inutile, Splendor riesce ad aprire la porta.
-potreste gentilmente smetterla?- chiede con tono gentile ma...nascondendo un pizzico di ira nella voce, quel tono che a tutti loro fa tremare. Meglio non assistere alla furia dell'allegro e sempre felice fratellino.
I tre entrano nella camera di controllo che divide il corridoio, lampeggiante di rosso, dalla stanza buia e gelida.
-non si vede un c***- commenta il donnaiolo, facendosi sentire apposta dall'altro fratello che tanto odia la sua lingua dal gergo scurrile.
-ti sentisse Slender...- dice nervoso, guardando il pannello di controllo sulla parete opposta alla porta.
-c'è qualcosa lì dentro- sussurra l'alto e coloratissimo slender, avvicinando eccessivamente il volto al vetro.
-è Blum...-risponde Trender, facendo compagnia allo sguardo dell'altro.
-quale sarà il tasto per aprire la porta?- si domanda, parlando fra se e se, mentre tiene lo sguardo sul display che trasmette le funzioni vitali.
-caspita! Trender guarda il battito cardiaco!- esclama strattonando il fratello per il braccio.
-santi numi, aumenta sempre più...è fuori dalla norma, per non parlare della pressione- l'amante della moda si domanda come faccia ancora ad esser viva, con dei livelli così alti. A quel suo pensiero, qualcosa nella stanza si muove...si rianima e manda in cortocircuito le macchine di controllo. Facendo arrivare alle stelle i livelli vitali sul monitor, causandone così la fusione dei circuiti interni.
-si muove...- sussurra con voce tremante il minore, tenendo d'occhio l'interno di quella buia scatola.
Nel silenzio totale, illuminati da un leggero bagliore cremisi che filtra dallo spiraglio della porta, si affacciano curiosi al vetro cercando di vedere attraverso il buio che pian piano si rischiara.
Si sente un sibilo, un sottile cigolio di ferro in lontananza...o meglio, nell'altra stanza.
Un anello, la cui superficie liscia riflette la poca luce presente, un giro di piccoli puntini bianchi, mentre ruota su se stesso allentando l'intera catena.
Un click quasi impercettibile fa sobbalzare i tre che lentamente, come ipnotizzati, arretrano dal vetro.
Un anello si è spezzato e lei è finalmente libera.
Un lampeggiante bianco illumina quella figura scura che ora, con la testa china, se ne sta immobile nel mezzo della stanza.
Vi è un secondo di immobilità fra i quattro. Un altro lampo bianco e la figura nell'oscurità balza in avanti, verso il vetro...faccia a faccia, guardandoli da dietro la sua maschera di ferro.
-via di qui!- urlano all'unisono, catapultandosi fuori dalla camera di controllo, con dietro il rumore di vetri in frantumi ed un sibilo infernale. Rumori che si zittiscono appena richiudono la porta dietro le loro spalle. Tentati dalla fuga rimangono in ascolto ma ciò che le loro orecchie odono è solo l'innaturale silenzio.
Ignari, riaprono la porta ritrovando solo caos e distruzione, mentre fra i loro piedi scivola all'esterno una sottile coltre di nebbia nera.

Don't forget my eyesOù les histoires vivent. Découvrez maintenant