Prologo.

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«Questo posto fa paura», stringo le dita attorno al manico della mia borsa e lancio una veloce occhiata alla grande villa situata oltre il cancello aperto.
«Non dire sciocchezze», la mia amica Amelia mi fulmina immediatamente con i suoi occhi scuri, «Non crederai davvero alle voci che girano su questo posto, spero».
Deglutisco rumorosamente e sento un brutto formicolio all'altezza dello stomaco, «Certo che no», mento spudoratamente e comincio a camminare in direzione della porta d'ingresso, «I fantasmi non esistono»
«Giusto»
«E la famiglia che abita in questa casa è composta da persone adorabili», continuo.

«Sicuramente», ribatte Amelia, sistemandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.
«Non crederò di certo agli stupidi pettegolezzi sul capo famiglia. Insomma, gli assassini stanno in carcere. Le voci che circolano sono solo baggianate!», rido nervosamente e supero i quattro gradini che mi separano dalla porta.
«Così mi piaci, Harper Brown», la mia amica mi batte il cinque e sorride radiosa mentre un inquietante corvo comincia a gracchiare.
Ho i brividi.
E questo posto è troppo silenzioso.

«Togliti quell'espressione terrorizzata dalla faccia», borbotta, «E ricorda il motivo per cui siamo qui»
«Vendere le nostre marmellate fatte in casa», lo dico con uno strano tono patriottico e Amelia annuisce con convinzione.
«Non ci fermerà uno stupido corvo o una villa desolata», continuo, «Le nostre marmellate devono essere diffuse nel mondo»
«Esatto!»
«Smetteremo di fare le spogliarelliste»
«Giusto!»
«E i fantasmi non esisto-», non riesco a finire di parlare perché l'enorme porta, proprio come accade nei peggiori film horror, si apre da sola e provoca un fastidioso rumore.
Spalanco la bocca e mi giro di scatto a guardare la mia amica, quindi non riesco a trattenere un urlo e comincio a correre in direzione del cancello.

«IO LO SAPEVO CHE ERA INFESTATA QUESTA CASA DI MERDA!», strillo e lancio una veloce occhiata alle mie spalle per vedere Amelia che corre dietro di me.
Ho il cuore in gola, le mie gambe tremano e sento il fiato cominciare a mancare.

La situazione, però, peggiora quando vado a sbattere contro il torso duro di un uomo vestito di nero.
La botta mi fa perdere l'equilibrio e urlo ancora prima di cadere a terra.
E il rumore di vetro che si frantuma all'interno della mia borsa mi fa capire che i barattoli con la marmellata hanno deciso di suicidarsi.

Silenzio.
Amelia non urla più.
Il corvo ha smesso di gracchiare ed io non trovo la forza per continuare a strillare come una matta.

Sbatto le palpebre e assottiglio gli occhi per riuscire a vedere l'uomo che è davanti a me.
Lui mi guarda dall'alto e mi studia attentamente con i suoi grandi occhioni blu, poi si abbassa e inarca un sopracciglio.
La sua faccia è priva di espressione e per l'ennesima volta il mio corpo viene invaso dai brividi.
Sembra un angelo che è riuscito a scappare dal paradiso.

«Sta bene?», mi aiuta a tirarmi su e afferra la mia mano, quindi prende pure la borsa e arriccia il naso non appena sente il forte profumo di albicocca che proviene dal suo interno.
«Ehm, sto bene», massaggio la mia schiena e sospiro nel notare un buco sui miei collant e un taglietto sul ginocchio.
L'uomo lascia scorrere il suo sguardo lungo tutto il mio corpo e poi lancia un'occhiata anche ad Amelia che è come paralizzata.

«Perfetto, allora», fa un cenno col capo in direzione della casa, «Vogliamo avviarci? Vi stavo aspettando», quindi comincia a camminare senza più voltarsi indietro.
Passo nervosamente la mano sulla mia gonna e raggiungo la mia amica, «Ha detto che ci stava aspettando?», bisbiglio e lei scrolla le spalle, confusa quanto me.

«Forse qualcuno gli ha detto che avremmo fatto il giro di questo quartiere», sussurra, «E ha bisogno di marmellata».
Osservo le spalle larghe dell'uomo e deglutisco, «Non lo so, a me non sembra il tipo che mangia marmellata»
«Sotto quel vestito c'è una montagna di muscoli», ribatte, «Ti sei praticamente lanciata sul suo corpo e non si è mosso di un millimetro. È sicuramente merito della marmellata».

L'inquietante sconosciuto si ferma davanti alla porta e si gira a guardarci.
Un leggero venticello scompiglia i suoi capelli scuri e i suoi occhi grandi e glaciali mi fanno rabbrividire ancora.
«Entrate e aspettatemi all'ingresso», dice, «Sarò da voi tra poco», quindi sparisce dentro la casa ed io sporgo un po' la testa per riuscire a vedere l'interno della villa anche senza entrare.
Sussulto quando il padrone di casa torna indietro e il suo viso si ritrova a poca distanza dal mio, «Quasi dimenticavo», si stampa un sorriso diabolico sulle labbra rosse, «Non abbia paura dei fantasmi, signorina. Si guardi le spalle dai vivi, piuttosto».

E poi torna dentro, lasciandomi pietrificata e con la pelle d'oca.
«Secondo te stava scherzando?», indietreggio e Amelia alza gli occhi al cielo mentre mi spintona per farmi entrare.
«Sei proprio una fifona, Harper Brown. Proprio una fifona».

ALOHA.
Sì, avete letto bene, una nuova storia.
Devo farmi internare e spegnere il cervello, ne sono consapevole, ma non è questo il momento.
Comincerò a postare i capitoli della storia quando Fammi un cocktail sarà conclusa o quasi conclusa.
Intanto fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio e buona giornata. 🌺

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