Capitolo 17.

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"Non è giusto che una donna legga. 

Le vengono in testa strane idee e comincia a pensare."

La bella e la bestia.

Appena arrivo a casa mi butto sul divano, soffoco un urlo nel cuscino e cerco di trovare il coraggio per guardare il cellulare.

Non c'è nessuna chiamata e nessun messaggio, quindi forse Kevin non ha guardato ancora nulla.

Decido di chiamarlo in modo da rimediare a quello che ho detto.

Risponde al terzo squillo.

«Non credo mi vada di parlare con te», dice con voce funerea.

Cazzo.

«Posso spiegarti almeno?»

«No».

Mette giù con una forza tale da farmi delirare.

Lo richiamo.

«Kevin...», pronuncio il suo nome cercando di tranquillizzarlo, «vieni da me stasera? Dammi almeno la possibilità di spiegarti».

Sento un lungo sospiro al di là della cornetta, ma so che sta per cedere.

«Vieni tu, io non mi muovo da qui».

Alle nove in punto Kevin sono davanti alla porta di Kevin con Queen che gli va incontro scodinzolando e saltando per salutarlo.

Kevin se la spupazza un po', poi chiude la porta e con le mani sui fianchi ed espressione truce, mi punta lo sguardo contro e chiede: «Quindi?»

«È stata semplicemente una forma di difesa, okay? Sennò chissà quante domande mi avrebbe fatto su di te».

«Sai dire solo questo? Perché non hai detto semplicemente che non eri lì per nessuno? Che la tua amica ti aveva invitata ad una cazzo di partita di basket? Dovevi per forza sparare tutte quelle boiate sul fatto che non sono il tuo tipo di ragazzo o quello che scrivi nei tuoi libri per far sognare le ragazzine? Be', scusami se non sono perfetto come vorresti tu!».

Mi sento frastornata, perché mi sta accusando di una cosa che non ha senso.

«Tu non sei il mio ragazzo», mi altero, «Che cazzo dovevo dire? Che ero innamorata di te? Ma torna alla realtà, Kevin. Noi scopiamo e basta!», urlo, facendolo ammutolire all'istante.

«Non è vero, non è così».

«Ah no? Mi hai mai invitato al ristorante per un appuntamento? Mi hai mai chiesto se volessi andare a vedere un film al cinema? E guarda che non mi aspetto che tu lo faccia», incrocio le braccia al petto.
«Credo tu stia perdendo al gioco», dico poi, indecisa se scappare via o rimanere ancora un po'

«È di questo che stiamo parlando? Perché non me ne frega un cazzo di perdere il gioco. E poi», si avvicina, «Son quasi sicuro che nessuno dei due sta pensando più al gioco».

«Ah no? Ma non lo vedi che mi sfidi di continuo? Come lo chiami questo?»

«Interesse».

«Bugiardo»

«C'è odore di bruciato», cambia subito discorso storcendo il naso.

«Infatti ho bruciato i biscotti», dico su di giri, indicandogli la busta che ho in mano.

Non so se sono più incazzata o eccitata allo stesso tempo.

«Ne fai una giusta?», mi chiede d'un tratto, anche se vedendo la mia espressione dura capisce di aver detto una cazzata.

«Ah, piccola...», comincia, ma lo fermo subito perché a me così non tratta.

«Piccola un cazzo!», sbotto.

Kevin cerca di trattenersi dal ridere ed io lo colpisco con un biscotto sul petto.

Queen, osservando la situazione e vedendo la scena, comincia a mordicchiare la caviglia di Kevin che stavolta scoppia a ridere e prende in braccio la mia cagnolina.

«E tu cosa vorresti fare, scricchiolino?», dice con tono giocoso mentre le dà tanti bacini, guadagnandosi sempre di più il suo affetto.

«Cosa ridi?», urlo, sembrando una pazza isterica.

Lui mi guarda attentamente, posa Queen e mi ferma le braccia che si muovono a vanvera sul suo corpo e mi ruba un tenero bacio.

Quel bacio comincia a calmarmi e diventa sempre più languido, facendo gemere d'un tratto entrambi.

«Non è solo sesso per me», sussurra tra un bacio e l'altro, «Mi piace tantissimo stare con te, piccola».

«Kevin...», dico, godendomi il suono delle sue dolci parole e lasciandomi completamente andare a lui.

«Se solo sapessi quanto mi piace quando pronunci il mio nome così...»

Dopo un po' siamo entrambi sul divano nudi a riempirci di coccole e a mangiare biscotti bruciati.

«Non sarebbero male se tu avessi sentito il forno suonare».

«L'avrei sentito se non fossi stata occupata a stare al telefono con te », lo incolpo per gioco.

«Va bene, donna», alza le mani in segno di resa, «è stata tutta colpa mia».

«Ovvio», alzo le spalle, beccandomi il suo bel sorriso.

«Cosa fai domani sera?»

«Non lo so, penso che resterò a casa nella mia solitudine a guardarmi un film».

«Peccato», fa una smorfia, «volevo invitarti fuori a cena».

«Sai che non dico mai di no ad una cena».

«Ma...», comincia, scoppiando poi a ridere da solo.

«Cosa?»

«Che macello hai fatto oggi in televisione?»

E la sua risata isterica contagia anche me.

«Ma quella era una stronza! Ma hai visto come cercava di estrapolarmi le cose?»

«Faceva il suo lavoro», mi fa alterare ancora di più Kevin, ma dalla sua espressione divertita so che mi sta prendendo in giro.

«Dici che finirò sul serio su tutti i giornali?»

«Davvero vuoi che ti risponda?»

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Giulia Paradiso

Due cuori e un proseccoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora