Capitolo 1 - L'Enigma

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Edvard si guardò un momento allo specchio. Si tastò i lunghi capelli biondi e la barba un po' incolta e fece un sospiro di sollievo, prima di tornare sulle sue carte: una mappa della sua amata nazione, la Svezia, contrassegnata da tantissimi segni rossi, cancellature e altri disegni in matita. Sembrava che lui fosse l'unico a cercare di capire le cause dell'epidemia, mentre gli altri erano impegnati a piangere i loro morti. Una sciagura, che si era abbattuta su tutta la popolazione, senza risparmiare nemmeno i bambini...
Doveva esserci per forza una causa e, trovata quella, si poteva arrivare alla cura. Altrimenti non ci sarebbe stata più una Svezia da difendere, nè persone da piangere o da amare: sarebbero morti tutti prima o poi.
Stava ancora osservando i fogli, srotolando man mano vecchie pergamene rimediate nelle vicine città, quando qualcuno si fiondò in casa sua senza nemmeno bussare.

<Edvard, vieni, presto!>
<Cosa c'è Gunnar? Ho da fare>
<Tua moglie è al lazzaretto, sta morendo...>
I suoi occhi azzurri si spalancarono e il suo viso si fece pallidissimo
<Come? Non può essere, devo andare da lei!>
<Seguimi>
I due si incamminarono verso il lazzaretto, di corsa. Passando per le vie semivuote della cittadina, potevano osservare la morte e la distruzione che l'epidemia aveva portato su di loro. Stava anche nevicando e non aveva intenzione di smettere, mentre la soffice neve si posava sui tetti in paglia delle case disabitate. Quei quartieri, quelle case e la sua amata città... tutti i panorami familiari della sua infanzia, che avevano accolto tante delle migliori persone di tutta la Svezia. Valorosi guerrieri e sacerdoti di Odino erano cresciuti a Gavle, rendendola una delle città più importanti del paese.

Finalmente arrivarono al lazzaretto e la scena che gli si parò davanti fu terribile: enormi pile e ammassi di corpi bruciati per non far diffondere la malattia erano affiancati da un tendone che ospitava volontari e sacerdoti che si prendevano cura dei moribondi.

Vedendo che era con Gunnar, i soldati di guardia lo lasciarono passare, consegnandogli le mascherine di protezione, anche se loro due erano riusciti a scampare al contagio.
Corse subito dietro all'amico verso il lettino di sua moglie, affiancata da una donna curatrice che le teneva la mano.
<Amore!> le disse con una voce tremante quando le arrivò vicino
<Ciao Edvard> rispose lei flebilmente
<Ti prego Diana, non lasciarmi... io ti salverò! Ci sono quasi con i miei studi, vedrai che ce la farò>
<Niente può salvarmi ormai, per me è finita... ma non per te. Io credo in te, Edvard. So che tu puoi farcela>
Il suo discorso fu interrotto da un colpo di tosse, mentre Edvard le accarezzava dolcemente il viso. Spostò i capelli biondi e per un ultima volta i suoi verdi occhi si posarono su di lui.
<Addio, Edvard Jakobsson. Ti amo e ti amerò per sempre. Io credo in te>
Detto questo, esalò l'ultimo respiro e chiuse gli occhi. Il marito non riuscì a trattenersi e qualche lacrima gli uscì dai suoi occhi. Dopo essersi asciugato, diede un ultimo sguardo alla moglie, prima che fosse portata in una delle cataste per essere bruciata: vide uno strano segno sul lato del collo, come un tatuaggio.
Si presentava su tutti i cadaveri, ma nessuno riusciva a capirne il significato, fino a quando...
<Bisogna guardarlo al contrario> disse tra se e se. Poi avendo capito, esclamò ad altra voce
<LOKI!>
Ora tutto era chiaro: quello strano segno era il simbolo di Loki, un serpente nero attorcigliato su se stesso.

Iniziò a correre, senza ascoltare le grida interrogative di Gunnar che, nonostante tutto, lo seguì. Arrivò alla stalla e, dopo essersi fatto riconoscere, prese il suo cavallo. Pure il suo amico prese il suo.
<Non sei obbligato a seguirmi, Gunnar. Non sono nemmeno sicuro di tornare. È una missione suicida la mia>
<E io ti seguirò, amico mio. Non sei l'unico ad aver perso qualcuno di caro a causa di questa epidemia...tutti i miei fratelli sono morti. Voglio aiutare a sconfiggerla, se posso>
Edvard sorrise. Era fortunato ad avere un amico come lui. I due spronarono i cavalli e partirono alla volta della capitale: Stoccolma.

Il Cavaliere del NordWhere stories live. Discover now