Cheryl si girò impaurita, ma poi cercò di apparire forte.
"La devo restituire ad una persona." Penelope si arrabbiò ancora di più:
"E per quale ragione ce l'avresti tu?"
Penelope aspettò per pochi secondi, non dando neanche il tempo a Cheryl di rispondere.
"No anzi, non lo voglio sapere."
Le sventolò una mano davanti alla faccia, fermando ogni tentativo della figlia di rispondere.

"Devi toglierla Cheryl." Non glielo stava chiedendo davvero... Non l'avrebbe fatto, non voleva!
"E darla a me."
Rimase immobile, sentiva dentro di sé un blocco, come di pietra, e non riusciva a muovere un muscolo, sua madre le aveva teso una mano per prendere la giacca.

Alzò lo sguardo, incastrandolo in quello fermo della donna che più odiava al mondo.
"N-no.", lo sussurrò.
"Cheryl, per l'amor di Dio, ti ho sempre detto di parlare ad alta voce!" Neanche Penelope si mosse, rimase ferma nella stessa posizione di prima e anche il suo sguardo non cambiò. Non sembrava umana in quel momento.

Cheryl ripensò a Toni, alla sicurezza che le dava e prese coraggio.
"Ho detto no!" Serrò i pugni.
"È importante." La madre, se possibile, si arrabbiò ancora di più.

"È importante Cheryl?! Sai cos'è davvero importante?! Certo che no, tu sei solo una ragazzina. Se ora esci di lì, le persone, i nostri vicini, gli abitanti di Riverdale ti vedranno con quella giacca, e poi? Cosa penseranno di noi? Eh? Ci collegheranno a quella gente." Fece una smorfia di disgusto, riferendosi ai Serpents.

"Macchierai il nome della famiglia Blossom, molto più di quanto tu non abbia già fatto con..." agitò le mani in aria, non voleva pronunciare quel che negava da sempre.
"...con le tue idee." finí il suo discorso e a Cheryl scese una lacrima solitaria. Non riusciva a controbattere. Non ci era mai riuscita con sua madre, non riusciva mai a dire niente, restava sempre in silenzio.

Assimilò le sue parole e le buttò giù in profondità, un giorno di questi sarebbe esplosa. Sorrise fintamente.
"Farò tardi a scuola, ci vediamo dopo." riuscì a sputare fuori quella frase e poi uscì di corsa di casa. Certo che non era in ritardo, anzi, era sin troppo presto ma non sarebbe riuscita a tenere quell'espressione finta un secondo di più.

Entrò nella sua macchina, comprata da poco grazie ad una piccola parte dei soldi di suo padre, il denaro di certo non le mancava.

Scoppiò a piangere, non sopportava più quella vita. Tutte quelle oppressioni, fingere ogni giorno per difesa e farsi odiare da tutti, poi tornare a casa e farsi odiare persino da sua madre. C'era per forza qualcosa di sbagliato in lei allora, perché sennò non sapeva spiegarsi come la gente riuscisse a non sopportarla. Nessuno le voleva bene, nessuno avrebbe lottato per lei. E allora, perché doveva farlo da sola? Lottare, per cosa? Per sentirsi sempre più triste fino a consumarsi l'anima?

Poi pensò a Toni, lei forse ci teneva. Ma davvero così tanto? Nella sua testa c'erano troppe domande e nessuna risposta. Prese dei fazzoletti e si asciugò le guance e gli occhi dalle lacrime.

Si immaginò Toni che stringeva le braccia intorno alle sue spalle e le faceva posare il viso sul suo petto: le diceva che era tutto ok, che le cose sarebbero andate per il meglio e che avrebbero lottato insieme.

Riaprí gli occhi. Toni non era lì con lei ma aveva la sua giacca che aveva il suo forte profumo, come se fosse lì e aveva anche la consapevolezza che l'avrebbe rivista a breve. Stava per rispondere ad alcune delle sue domande.
Si sentiva come se fosse passata un'eternità dall'ultima volta che si erano viste e invece era passato poco più di un giorno.

Guidò velocemente e arrivò a scuola, c'era pochissima gente. Solitamente Cheryl non arrivava così presto, si faceva attendere.

Scese dalla macchina e scosse i capelli, sorridendo: sulle labbra aveva il suo solito rossetto rosso. Cercò di scorgere Toni e la vide poco lontano, sulla sua moto, a parlare con Jughead.

Closer to you||choniWhere stories live. Discover now