3. L'inizio della fine (REV)

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Chiudo gli occhi, soffocato dalle mie tenebre, ma questa notte non voglio dormire.

Eppure, gli incubi non sono poi così peggiori dei ricordi.

Il mio ricordo

trascina pesanti catene

e l'incubo è prigioniero

quando disegna di trilli

la sera. (1)

*

Quella notte dormivo d'un sonno agitato, ma il bagliore argenteo della fenice mi svegliò subito.

Il Patronus parlò con voce così flebile che faticai perfino a riconoscerla.

Una disperata richiesta d'aiuto.

Il cuore prese a martellarmi in petto.

Vecchio testardo: s'era di nuovo cacciato nei guai.

Da solo, ancora una volta.

Ed io, allora, a cosa diavolo servivo io?

Fui in piedi in un balzo e in due ero già vestito. Afferrai la bacchetta e la borsa con le pozioni d'emergenza e mi precipitati nella Foresta Proibita, seguendo la lucente Fenice per smaterializzarmi.

Lo ritrovai riverso a terra, in fin di vita, la spada di Grifondoro ancora stretta in pugno e l'anello dei Gaunt, avvolto in un denso fumo nero e con la pietra spezzata, infilato all'anulare dell'altra mano.

Aveva cercato di distruggere un Horcrux del Signore Oscuro e stava morendo: aveva usato le sue ultime forze per inviarmi la richiesta d'aiuto tramite il Patronus.

Per un brevissimo istante, la consapevolezza che stavo per perderlo mi soffocò; lottai angosciato per respirare e recuperare il necessario controllo, quindi mi chinai per esaminarlo: una Maledizione Oscura, di enorme potenza, si era scatenata dall'anello quando aveva cercato di distruggerlo.

A fatica riuscii a sfilarglielo dal dito, ma solo usando la magia: sembrava che l'oggetto ancora lottasse e cercasse di attaccare anche me. Appena lo ebbi tra le mani lo lasciai cadere a terra: era rovente e mi resi conto che la mano di Albus stava bruciando dall'interno, a partire dal punto in cui l'anello era stato a contatto con la pelle.

Provai a contrastare la maledizione che si era insinuata in lui mormorando convulsamente ogni potente contro-incantesimo di mia conoscenza: mi resi presto conto che in nessun modo, purtroppo, nonostante i ripetuti e ostinati sforzi, sarei riuscito a estinguere l'invisibile fuoco nero.

Ero sudato e disperato e Albus gemeva piano a ogni nuovo sortilegio tentato. Avrei voluto avere il tempo per chinarmi su di lui e confortarlo, ma ogni secondo era essenziale per la sua salvezza.

Alla fine, riuscii a intrappolare momentaneamente la maledizione all'interno della mano: lui era pallido come un morto e le mie ginocchia dolevano.

Gli sfiorai appena le labbra secche: respirava ancora, pianissimo, un soffio quasi privo di vita.

Estrassi una provetta dalla borsa: dovetti imporre alle mie dita di non tremare, mentre gli versavo piano il contenuto in gola, sorreggendogli con attenzione il capo. Poi feci lo stesso con un'altra. Ne cercai una terza, dal contenuto molto più denso, e glielo spalmai generoso sulla mano, con amorevole cura: non avrebbe avuto alcun effetto sulla maledizione, ma leniva il dolore che traspariva dal volto pallidissimo, mentre riprendeva piano conoscenza.

Aveva rischiato di morire, pochi minuti ancora e non sarei arrivato in tempo.

Mi accorsi che stavo tremando e avevo il respiro affannato.

Forza e resistenza del CristalloWhere stories live. Discover now