Unendo pezzo dopo pezzo, due centimetri alla volta. Le sue dita tremano, guarda la sua mano fremere e sa il perché. Dopo aver letto quella scritta bianca sul coperchio nero, quella parola nell'angolo in alto a destra, aveva aperto automaticamente la scatola ed iniziato a comporre il puzzle, come gli era stato ordinato.
Pur pensando e ricordando il suo passato, temendo ciò che sarebbe successo...temendo ciò che si sarebbe andato a creare, cercava di prevenirlo o di anticiparlo.
Ricordava, fin da piccolo di notte lo sentiva sussurrare nel suo orecchio, mentre lui cercava invano di chiudere gli occhi e di guardare un'altra tonalità di nero. Ha cercato di sognare normalmente, senza doversi svegliare ad ogni ora sentendo il suo tono di sussurro aumentare, per 36 lunghi anni.
Non sapeva chi fosse, o cosa fosse...non lo ricordava, pur sapendo bene ciò che gli sussurrava continuamente, ripetutamente.
Sentiva ancora il suo sussurro, quella unica ed orribile parola che ormai pensava di aver incisa sulla fronte.
Temeva che quell'immagine si formasse sulla superficie di pezzetti di cartone.
Proprio quando la parola che gli correva imperterrita nella testa, la stessa parola che vi è scritta sul coperchio della scatola, ricevette una risposta naturale, come se due pezzi di puzzle si congiungessero, si rese conto che gli mancavano ancora tre pezzi per completare il rettangolo.
Non voleva guardare il tutto...non ancora, perché temeva comunque ciò che avrebbe visto. Mise al loro posto gli altri tre pezzi sperando che, come scritto nei documenti, svanissero dentro la scatola che si sarebbe poi richiusa.
Nulla...come se l'immagine, l'essere che vi era dipinto volesse che lo guardasse...come se dovesse prima guardarlo dritto negli occhi, perché tutto finisse. Ed era questo che voleva, che quell'atroce attesa finisse.
Le sue mani, la testa, la sua voce, il suo respiro, i suoi denti e le sue labbra, le sue gambe tremavano...tremava tutto per un'unica emozione, per la stessa parola che c'era scritta sulla scatola e che ora si era tramutata nel puzzle.
Un letto, vide il suo volto e i suoi occhi dalle pupille dilatate, vide la sua agonia e il tremore raffigurati nel rettangolo. Le dita che tiravano con forza le coperte, fino a coprirgli il volto lasciando scoperti gli occhi.
Un fumetto, bianco e dai bordi grigi...lui lo vedeva nero, e come quelle parole erano nere, lui le vedeva bianche. Un sussurro che scivolava ed entrava viscido nell'orecchio rimasto scoperto.
Fuoriusciva dalle sue fauci, dalla bocca piena di aguzzi denti, che affiancava la testa dell'uomo...lo stesso uomo che ora guardava gli occhi dell'essere che da sempre lo osservava dormire, che lo vedeva svegliarsi per ciò che gli sussurrava.
Quegli occhi che riflettevano la parola detta e ripetuta, occhi da pupille schiacciate e retina rosso sangue.
L'uomo pregava di non essere lui quello raffigurato, ma sapeva che era l'unico a poter sentire quella parola che ora leggeva sui quadratini...muori.
Quella era la risposta, il pezzo mancante che si era collegato nella sua mente all'altra parola, che ancora gira velocemente nei suoi pensieri. Quella parola che è il nome di quel gioco da incubo...paura.

Sembra essere capace di creare ed influenzare la materia organica, oltre che avere l'abilità di fare qualsiasi cosa lei esprima la volontà di fare. Può fare qualsiasi cosa lei voglia davvero fare a livello psicologico, quando è cosciente ovviamente.
Quella bambina di soli otto anni, dai lunghi capelli biondi, riesce a incidere sulla materia a suo piacimento.
-vattene...vattene!!!- le sue urla percuotono le pareti di teleuccidente e piombo, mentre la flebo di pentobarbital oscilla per i suoi movimenti bruschi. Quell'idiota di classe D, non ha rispettato le regole...cosa non ha capito della frase "mai svegliarla"?!
-ti ho detto di andartene!!!- ripete, sputando e allungando le parole davanti alla faccia tramortita del soldato. Impaurita...tiene le mani premute sulle tempie, i suoi occhi luccicano, ma non delle lacrime che inumidiscono le palpebre, ma della loro sfumatura grigio-verde...non è paura ciò che la anima, ma è il desiderio. Un semplicissimo capriccio che si rivolta contro l'uomo, che immobile cerca di calmarla agitando lentamente le mani e ripetendo parole dolci.
Una ferita sul braccio della bambina, nemmeno una minima gocciolina di sangue.
-non ti voglio vedere!!!- quelle parole, come la formula di un incantesimo, spazzano via la figura e il corpo del soldato di classe D.
Non si rivela più la sua presenza, nessuna traccia del suo passaggio...l'ha fatto scomparire per il suo volere.
-chiamate il dottore...ci servirà un senso di colpa artificiale perché lei lo faccia tornare- ordina l'addetto al controllo, tenendo d'occhio il letto su cui siede la bambina mentre ansima cercando aria per i suoi polmoni.
-...dovunque l'abbia smaterializzato...-

Rinchiuso in una stanza di totale oscurità, un'entità spettrale umanoide di colore nero, tiene i suoi grandi occhi bianchi puntati sulla telecamera. La tua mente ricorda dei fatti lontani, riguardo a questa "creatura". Ricordi la sua forma corporea, la parte inferiore del busto non è visibile mentre lui volteggia nell'aria, sopra il suolo. Vedi la sua forma sfuocare e sciogliersi in fumo, in turbini che si avvolgono intorno ai tuoi occhi. L'hai osservato stritolare dell'acciaio, con le sue mani dalle dita molto sottili. Le sue braccia allungate, quasi create apposta per afferrare le prede. Ricordi bene quanto ti terrorizzava vederlo, con la sua andatura simile a un sonnambulo, leggiadro e con le mani protese in avanti per prenderti.
Sai bene che lui riesce a percepirti, come sente ogni tuo singolo movimento che seguirà con i suoi occhi bianco pallido.
Sei consapevole che riesce a sentirti, dove vai e come ti muovi, sa in che stanza ti trovi e non ci saranno muri in grado di fermarlo.
Non ha limiti...anche ora, in questo istante, sa dove sei.
Lui sa che sei lì e lo stai guardando...ma è lui a tenerti d'occhio.

Aveva iniziato a fargli complimenti, dai più semplici e naturali a quelli più insoliti, a cui non aveva mai pensato.
Non capiva bene la sua natura.
Il giorno prima, mentre lo vedeva dalla finestra a specchio che da su quella stessa stanza, guardava una strana formazione rocciosa, molto simile ad un essere umano. Non aveva caratteristiche particolari, era solamente fatto di roccia e attraversato da crepe.
Ma ora non capiva più nulla...l'essere che ora gli stava davanti era totalmente diverso, non lo riconosceva. Pur essendo privo di volto, le crepe sulla sua superficie iniziano a somigliare a labbra e orecchie umane.
Non capiva più nulla, era bloccato in uno stato di shock e paura, mentre nella sua mente sentiva dei sussurri. Non capiva se li sentiva semplicemente, se quelle parole le dicesse l'essere, o se era tutta un'illusione mentale prodotta dal soggetto.
Lo complimentava, in tutti i modi. All'inizio si sentiva fiducioso nei suoi confronti, addirittura voleva essergli amico. Ma poi i complimenti, da neutrali divennero senza senso...e via via sempre più inquietanti.
Le voci iniziavano a duplicarsi, a triplicarsi e ancor più iniziarono ad essercene troppe. Sentiva le orecchie in fiamme, per non parlare dello sconforto e del dolore psicologico che quei sussurri gli provocavano. Erano complimenti, semplici e strani complimenti che a lui piacevano e gli sarebbero piaciuti lo stesso, anche se un po' meno.
Erano complimenti...che si tramutarono in insulti, sempre più maggiori ed intensi, alcuni senza senso.
Aveva cercato di tapparsi le orecchie...li sentiva comunque.
Lo incolpavano, lo deridevano e lo insultavano...lo stavano distruggendo.

Lo portarono...al suicidio.

Don't forget my eyesWhere stories live. Discover now