Dream

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Linda osservava il famoso bar storico di via XX settembre. I camerieri si muovevano tranquillamente verso i tavoli, trascinando i loro completi eleganti con una calma quasi irritante.
Le chiacchere degli altri clienti giungevano a loro ovattate e il rumore della pioggia che sbatteva sulla vetratata aveva un effetto quasi soporifero.
Teresa portó una tazza di tè fumante alle labbra, rivolgendo lo sguardo verso la strada. Linda strusció la mano sul legno del tavolo, liscio e perfettamente levigato. La donna invece ticchettava con le dita sulla superficie e, dalla risposta del materiale, Linda suppose che si trattasse di legno di noce.
Il marmo dei pavimenti era scivoloso e la ragazza faceva scorrere i piedi su di esso, cedendo nuovamente alla sua iperattività.
"Mi spiace per averti disturbato... Ma avevo bisogno di parlarti" La donna dai lunghi capelli ramati ruppe il ghiaccio e rivolse uno sguardo urgente a Linda.
"Mi sembra tutto così strano" Rispose la ragazza ridacchiando. Teresa le diede un calcio da sotto il tavolino, facendole notare che non era il momento di ridere.
"È così infatti. Solitamente non mi faccio quasi due ore di macchina per andare a conoscere di nascosto le ragazze di Mario" Posó i profondi occhi azzurri sul tavolo, prendendo tra le mani la tazzina del caffè.
"Come ben saprai, quasi un mese fa se ne è andato. Io rispetto le sue scelte, so che è un ragazzo giudizioso ed intelligente. Mi ha detto che a Milano troverà la sua strada e che fra non molto dovrò sorbirmi i suoi concerti dalla zona vip..."La signora sorrise amaramente e si aggiustó i capelli, portandoli dietro le orecchie.
Teresa e Linda l'ascoltavano in silenzio, senza staccare gli occhi dalla sua figura.
"Mi ricordo di lui quattro anni fa, quando lo conobbi. Era proprio una piccola canaglia, ma così simpatica e solare che non potevi non affezionartici. Iniziammo ad invitarlo a cena, poi gli cominciammo a pagare la quota per il pugilato e alla fine è diventato parte della famiglia."
Il cameriere portó dei biscotti di pasta frolla, dichiarando che erano stati offerti dal proprietario del locale. Il ragazzo dalla giacca bianca distolse lo sguardo dagli occhi di Linda, gli facevano paura le ragazze come lei. Prese la sua tazza borbottando qualcosa che doveva somigliare ad un "Mi scusi" per tornare a testa bassa verso la cucina.
La donna dai lunghi capelli lo guardó attraversare la sala e, dopo qualche istante, si inumidì le labbra per tornare a parlare.
"Non sono mai andata a vederlo agli incontri, mi faceva stare male. Al solo pensiero che lui diventasse una sacca da boxe umana, mi veniva da vomitare. Non potevo impedirgli di gareggiare, era la sua passione. Dovevate vedere con quale devozione si allenava, non c'era un giorno nel quale non fosse in palestra. Ma ragazze, vi giuro, che a me si gelava il cuore ogni volta che varcava la soglia di casa. Quando mi chiamarono dal pronto soccorso per comunicarmi che aveva il polso rotto, l'infermiera mi disse che avrebbe avuto poche possibilità di tornare sul ring. Mi precipitai all'ospedale, credendo di vederlo distrutto e sofferente, piegato dal suo stesso dolore... " Prese un sorso di caffè e tornó a parlare" Mario invece era tranquillo, seduto su una seggiola ad aspettare che gli ingessassero il polso. Sorrise dolcemente quando mi vide e mi diede un delicato bacio sulla fronte. Li per lì rimasi spiazzata, non riuscivo a spiegarmi quella reazione. Per qualche mese, quell'enigma ha abitato nella mia mente. " La mani candide della donna sollevarono nuovamentea tazzina.
Il rumore della pioggia che sbatteva sul vetro era più intenso, questa cadeva in quantità maggiori. Il cielo era un'unica agglomerato di nuvole, uniformemente distribuite. Il sole sembrava estinto, così lontano da risultare impercettibile.
"Poi ha trovato una strofa, una di quelle che fanno parte delle sue poesie. L'ha letta e ha sentito il suo cuore battere assieme a quello di Mario..." Disse Linda, guardando la donna con compassione. Come poteva essersi comportata da pantera con lei? Perché doveva sempre lasciar vincere la bestia?
"Proprio sul retro di un pacchetto di Camel Gialle" La donna aveva terminato la bevanda e allontanó la tazzina di ceramica. Riordinó le idee e ricominció a parlare "Da lì ho capito che era tornato a fare musica. Non tentó più di nascondermi le sue poesie, anzi diventai la prima lettrice di ogni testo. Ero finalmente partecipe delle sue gioie e delle sue sofferenze, capendo dopo anni cosa ci fosse veramente nella testa del mio ragazzo. Certe canzoni sono state dure da ascoltare, per una madre non è mai facile scontrarsi con il dolore di un figlio. Iniziai però a sentirmi veramente vicina a lui, le nostre anime avevano cominciato una corrispondenza che mai sarebbe finita. Non molto tempo fa, verso marzo, cantó per me. Io sedevo sul bordo del letto della sua camera e lui rappava in piedi, accompagnando le strofe con una specie di danza tribale. Mi sentii così fiera di lui, il mio Mario era riuscito a sbocciare, come un fiore in primavera..." Fece un'altra breve pausa, concentrandosi sulla melodia prodotta dalla pioggia. L'acqua era come un eco dei ricordi passati e si dovette sforzare per non cedere alle lacrime.
Sospiró, cercó la lanternina che illuminava la sua anima e riprese a parlare.
"La canzone di cui parlo è Come L'Antartide. Quando lessi il testo da sola, senza la presenza di Mario, mi commossi. Realizzai che lui si sentiva oppresso dalla sua stessa città e non riusciva più a respirare, la giungla se lo stava inghiottendo. Capii che soffriva perché lui amava e odiava Genova; la condizione di dolore derivava proprio dal fatto che quei due sentimenti non potevano realizzarsi nella loro completezza.
Per questo motivo mi aspettavo di vederlo andare via, già sapevo che Ryan sarebbe scappato dalla California. "
"Credo che ci sia dietro qualcosa di molto più complesso, signora...?"
Domandò la ragazza.
"Gianna, chiamami solo Gianna." Rispose lei educatamente, abbozzando un sorriso.
"Mario ha lasciato la sua villa perché si sente Mowgli ed un cucciolo d'uomo cercherà sempre di ritornare nella giungla" Linda cercó l'approvazione di Teresa, la quale annuì. Era difficile dire ad una madre che il figlio sarebbe rimasto per tutta la vita legato ad ambienti malsani e farlo nel modo sbagliato, avrebbe solo fatto stare male la donna.
"Diego mi aveva detto che sei una ragazza sveglia" La donna portó le mani sotto al mento.
La porta del locale si aprì e una folata di vento freddo entró nel locale, abbattendosi sulle tre donne. Linda rabbrividì e si strinse nelle spalle.
"Quindi è stato Diego a dirle di lei?" Teresa si intrufuló timidamente nel discorso. Il cervo aveva un po' paura delle due pantere, ma queste fortunatamente non erano affamate.
"Prima di partire, Mario mi ha lasciato sulla scrivania il testo di una canzone. Leggendola ho capito che si era innamorato veramente, sia con la mente che con il corpo, in modo sacro e profano. Quelle parole si possono scrivere solo se si condivide il cuore con una persona... " A Gianna venne in mente la sua giovinezza e il suo primo amore, quando era piena di nostalgia e allora aveva soltanto nostalgia della sua prima nostalgia. Cos'è la giovinezza? Un sogno. Cos'è l'amore? Il contenuto del sogno.
"Non sono mai stata un'impicciona, così mi limitai a fantasticare sulla lei di Mario, senza fare domande. Decisi di aspettare che me lo dicesse lui; i maschi per queste cose necessitano di più tempo."
"Neanche io l'ho detto a mia madre, è stata lei a scoprirlo" Ridacchió Linda, ripensando a come si era fatta sgamare. Quanto ingenua era stata!
"Ti si legge negli occhi che hai un nome inciso nel cuore" Osservò la donna, guardandola dolcemente.
"Tatuato con inchiostro indelebile" Precisó Teresa.
"Mi sono dilungata un po' troppo e vi starete chiedendo perché io sia qui. Mi sono precipitata fino a La Spezia perché sono preoccupata per mio figlio. Ho chiamato Diego subito dopo aver ricevuto questo biglietto..." La donna frugó nella borsa di pelle, estrando un bigliettino ingiallito.
Lo porse alla ragazza con mano tremante.
Linda e Teresa si scambiarono uno sguardo. Sentivano entrambe puzza di veleno.

AMARSI È COME ARMARSI Where stories live. Discover now