Ancora

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Mario sapeva di essere un pivello. Aveva preso e gettato merda per tutta la sua vita. Era consapevole del fatto che non si meritava niente, ma allo stesso tempo si meritava tutto.
Lui era il migliore amico di se stesso, ma anche il peggior amico. Si amava e si odiava. Mario, Tedua, Mowgli, Ryan, Incubo: le sue personalità erano infinite.
Quando gli chiedevano in che cosa credesse, lui rispondeva: me.
Quando gli chiedevano quale era il suo Dio, lui rispondeva: me.
Quando gli chiedevamo chi fosse la persona più arrapante del mondo, lui rispondeva: me.
Genova, Milano.
Milano, Genova.
Orfanotrofi, famiglie affidatarie e tanti altri posti dove un ragazzino non meriterebbe di crescere. Certe persone gli avevano dato veramente il loro amore, ma un bambino ha bisogno solo di vivere con la madre.
Non si era mai arrabbiato, non aveva mai sviluppato un odio incondizionato per il mondo intero, aveva preso e subito passivamente quello che gli era stato dato.
Era un latitante, fin dal momento in cui venne strappato dalle braccia della madre. Stava ancora cercando il suo posto nel mondo, lottando con tutte le forze. Non si sarebbe arreso, sapeva che anche lui aveva diritto ad un destino, a qualcosa da poter raccontare.
Poi arrivò la musica, che lo salvò come una barca salva un naufrago. Grazie a lei non era annegato, non si era fatto sommergere dal mare di serpi che lo circondava.
Il rap era la sua ancora, quella che ti impedisce di sprofondare negli abissi del male. Lo teneva saldo alla sua coscienza e tirava forte quando si tuffava da uno scoglio troppo alto.
Crudeltà e brutalità erano le protagoniste del mondo in cui viveva; un mondo nel quale vigeva la legge del piu forte. Non potevi permetterti di essere debole, o almeno di apparire come tale. Era necessario mostrare costantemente la propria potenza, marchiare in continuazione il proprio territorio. La vita lì era una battaglia infinita: dall'alba al tramonto.
Lui era solo un sopravvissuto e i veri sopravvissuti li riconosci. Non li controlli, non li gestisci, non li plasmi, non li adatti a uno scopo, a un’idea, a una scatola, a una pretesa e, se questo accade, è solo perché ci vogliono stare, ma solo per il tempo necessario a capire se qualcosa si possa ancora salvare, per non avere mai rimorsi né rimpianti e per essere certi che, quando riprenderanno la loro strada, non avranno più motivo di voltarsi indietro. I veri sopravvissuti li riconosci, se solo gratti un po’ la superficie con la punta dell’unghia. Vedrai le cicatrici di cui vanno fieri, la loro comprensione del mondo al di là delle apparenze, la capacità infinità di amare, chiunque, ma prima di tutto e soprattutto se stessi, l’arroganza di chi non ha paura più di niente e il disgusto con cui trattano le briciole, l’ignoranza, la viltà, l’ipocrisia.
Mario però era stufo di combattere per qualcosa che non voleva. O meglio, che non lo voleva.
Perché doveva sacrificare la sua vita ad un mondo che si era scordato di lui? Che lo aveva abbandonato nella giungla?
Poi si ricordò di essere un guerriero. Era stato sconfitto tante volte, aveva perso tante battaglie, ma la guerra era ancora in corso: aveva una chance di vincerla.
Cadere è normale, l'importante è rialzarsi.
No genitori, solo bestie e belve. Il cucciolo d'uomo è stato allevato e non educato, lui non era abituato al contatto con il genere umano.
I comportamenti animali erano ancora forti in lui, spesso non riusciva a resistere all'istinto. Tuttavia era in miglioramento costante, il lato addomesticato si espandeva sempre di più.
La musica, il pugilato e di nuovo la musica. Questo era l'inizio della sua rivalsa, anche Mowgli troverà un posto dove sedersi.
Linda lo spaventava per la sua umanità, non si era mai trovato così vicino ad una persona in carne ed ossa. Quando le aveva toccato la mano si era sentito più uomo e meno bestia. Qualcosa di mistico e di primitivo era scattato in lui, un istinto che non era in grado di controllare.

"Mario sei un coglione" Diego lo guardò con i suoi grandi occhi castani, di una bontà incommensurabile.
"Si azzardi a toccarmi" Rispose il ragazzo, lanciando le scarpe sul pavimento.
Stavano seduti a quel tavolo da ore. Erano circondati da fogli, penne, matite, libri e vecchi cd. Producevano pezzi come se fossero oggetti di fabbrica e non riuscivano a dare freno alla loro fantasia. Quello era un periodo d'oro per la loro creatività.
Ascoltavano capolavori di cantautori come De André e Gino Paoli, cercando di prendere ispirazione e di capire che cosa avessero provato questi grandi artisti.
"E se lo fa?" Diego scuoteva la testa, non approvava gli ultimi comportamenti dell'amico. Mario era diventato troppo scaltro per quell'ambiente, stava giocando con il fuoco.
"Mi son stufato della giungla, frate" Il moro prese cartina e filtro, cominciando a rollare.
"Credi che io mi senta bene a rispettare la gerarchia?!"
"Ma lo fai" Mario accese la canna. Il fumo denso si disperse nella piccola stanza e l'odore pungente di erba arrivava fino in strada.
"Infatti ho ancora la testa attaccata al collo!" Diego aveva sbattuto la mano sul tavolo, con una forza tale da far saltare in aria tutte le penne.
"Rilassati" Disse Mario, allungando i piedi sul legno. La voce dell'amico gli giungeva ovattata e lontana, come se gli stesse parlando da un'altra dimensione.
"Hai visto cosa ha fatto a Stefan solo perché aveva ritardato la consegna di venti minuti. Cazzo. "
"Lui ha paura di me. Non riesce a soggiogarmi e questo lo spaventa"
Sembrava che Diego stesse per esplodere da un momento all'altro. Mario era tutto per lui e non poteva stare con la mani in mano mentre l'amico si infilava nella tana del serpente.
"Sei solo fatto"
"Fatto e realista" Prese così tanto fumo che quasi gli andò per traverso.
"Forse hai ragione, ma devi avere più cautela. Non sfidare Andrea senza motivo. Non esortarlo ad avvelenarti"
Dalla strada arrivavano degli schiamazzi e penetravano nel piccolo appartamento come infimi insetti. Il blocco incombeva sui due ragazzi, ricordandogli costantemente che è difficile da lasciare. Vigeva lo stesso principio del boomerang: più lo lanci lontano e più ritorna velocemente, con ulteriore forza e violenza.
"Ma che veleno. Una tigre non ingerisce una serpe"

Spazio Autrice: Buongiorno amici, cosa ne pensate?

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