Capitolo 1

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Sono Edward, ed ho 19 anni. Ho deciso di parlarvi di me, nonostante non sia un abile interlocutore, sono abbastanza impacciato e tendo a perdermi nei discorsi come se fossi un bambino tra la folla.

Io vivo a Somerville, nel Massachusetts, ma questo è solo uno stupido dettaglio, non importa a voi, non importa a nessuno. È solo una stupida Contea dove trascorro le mie giornate, o qui o altrove, non cambierebbe nulla.
Ora però, mettetevi comodi, accendete la musica e leggete ciò che ho da dire. Ho bisogno che voi poniate la vostra attenzione fino alla fine, perché sarete gli unici a conoscere la verità ed il perché, la vera causa. Non state capendo vero? Riavvolgiamo il nastro, il viaggio inizia.

La mia infanzia, wow partire da qui è doveroso. Mio padre lavorava in banca, ma non era uno di quei pezzi grossi che gira in un auto di lusso o cose simili. Era solo un semplice dipendente seduto dietro uno sportello, con la sua aria da insoddisfatto che non riusciva a nascondere. Il suo nome è John Kramer, ma per me è il " FIGLIO DI PUTTANA ". Non abbiamo un bel rapporto, si nota? Sarà perché tende sempre a giudicare gli altri, sarà perché passa le sue serate ad ubriacarsi con dei tizi che ridono di lui alle spalle e lui, beh non se ne rende nemmeno conto.
Poi c' è mia madre, lei si chiama Eveline Beker, viene da una famiglia molto altolocata. Lei era docente in una scuola di figli di papà che non sanno nemmeno allacciarsi le scarpe senza essere aiutati. Dei viziati del cazzo che ottengono tutto solo perché il loro portafoglio pesa. Lei era infelice, prendeva psicofarmaci tipo due volte al giorno, aveva il sorriso finto di chi sa che sta vivendo un'esistenza di merda ma che vuole credere che prima o poi le cose cambieranno. Poi c' è mio fratello, il grande Rick , abbiamo esattamente 12 anni di differenza. Lui è il figlio prediletto, il figlio a cui viene permesso tutto fin dai tempi in cui riempiva i pannolini di merda. Non abbiamo un bel rapporto, non lo abbiamo mai avuto nemmeno da piccini, troppo diversi, troppo.

Poi ci sono io, un ragazzino sempre con gli occhi bassi, sempre per conto suo, il classico ragazzino che nessuno vorrebbe come amico, quello escluso da tutto, quello che viene scelto sempre per ultimo a scuola nelle partite di calcio o in altre stupide attività fisiche. Voglio raccontarvi della mia infanzia perché è lì che probabilmente la mia vita ha preso un verso sbagliato. Sono nato prematuro, 5 settimane di anticipo sulla tabella di marcia. Sono rimasto in ospedale per due mesi perché avevo sempre qualcosa che non andava. Pesavo pochissimo, non riuscivo a prendere peso e questo era un problema. Ma 60 giorni lì dentro sono serviti e sono riuscito a riprendermi. Ecco , questo ha influito nel corso dei primi anni della mia vita. Ero gracilino, mi ammalavo subito anche se solo giocavo un po' fuori. Mia madre quindi decise che per proteggermi, fosse giusto chiudermi in casa. Fino alla terza elementare infatti, la sua protezione aveva fruttato qualche malanno in meno ma una vita sociale praticamente inesistente. In classe ero lo "zombie", mi chiamavano così per la mia carnagione da malato e il mio non riuscire a dire un Cazzo, non parlavo anche perché non avevo nulla da dire. Quei bambini mi odiavano senza un reale motivo ed io odiavo loro, 1-1 palla al centro. La prima ferita della mia vita però, si è creata proprio in quei banchi di scuola. Ricordo quel giorno come se lo stessi vivendo adesso, come se fossi lì. Era ricreazione e come al solito me ne stavo per conto mio a disegnare, amavo disegnare, non ero bravissimo ma era rilassante. John Marshall, il classico bulletto che tormentava tutti, mi si avvicinò chiedendomi di dargli la merenda. Io lo guardai con aria disinteressata, poteva prenderla, non mi fregava molto del cibo, dato che mangiavo molto poco. Ma lui voleva semplicemente un pretesto per rivendicare il suo essere più forte degli altri. Inizio' a provocarmi con classiche offese sul mio aspetto fisico, offese che non mi toccavano perché non mi importava, ma fu questo a scatenare la sua furia. Mi colpì alla testa, caddi al suolo e persi i sensi. Ricordo solo che mi risvegliai in ospedale 19 giorni dopo. Ero stato in coma perché l'urto aveva provocato una forte emorragia. Aprendo gli occhi ricordo ancora lo sguardo felice di mia madre,mentre mio padre non fece il benché minimo segno di felicità. Mi guardava come se stesse guardando un escremento di cane, espressione schifata, quasi come a vergognarsi di me. All'epoca ero il suo unico figlio, non doveva essere fiero del fatto che mi fossi fatto pestare senza reagire.

Può bastare per il momento, vorrei andare oltre ma voi avrete di meglio da fare immagino, quindi ci vediamo presto, siamo solo all'inizio, per me invece, è quasi la fine.
Edward Kramer

Alone In The DarkWhere stories live. Discover now