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"Bravissima Linda, posso sentire l'amore in queste note" Il professor Guidi ascoltava ad occhi chiusi la ragazza, accompagnando la musica con sinuosi gesti. Stava eseguendo alla perfezione Capriccio Arabo, rispettando egregiamente la complicata tecnica di Francisco Tárrega. I polpastrelli della mano destra viaggiavano agilmente sullo strumento e le corde rispondevano prontamente al suo tocco delicato. Passava da un arpeggio a una scala, da un tocco libero al tocco appoggiato, da un barrè al glissato e da un
fraseggio a una legatura, con una facilità invidiabile.
"Ottima la legatura, ottima!" L'ometto si avvicinó al panchetto dove Linda sedeva, seguendo con lo sguardo le agili dita della ragazza. In tutta la sua carriera da insegnate, non aveva mai sentito un'eseguzione così toccante del Capriccio Arabo. A dire il vero, lei era l'allieva migliore che avesse mai avuto. Ne aveva sentiti tanti di ragazzi bravi e studiosi, che non commettevano un errore nemmeno nei brani più difficili. Tuttavia, la qualità principale del genio non è la perfezione ma l'originalità, l'apertura di nuovi confini. Linda infatti sbagliava, ma i suoi sbagli trasformavano le opere in capolavori.
Un talento colpisce un bersaglio che nessun altro può colpire; un genio invece colpisce un bersaglio che nessun altro può vedere.
"Mi sento pronta per l'esame, professore" La ragazza si alzó e rispose delicatamente la chitarra nella custodia.
"Tu hai la musica nel sangue, mia cara. Ma devi prestare attenzione! A settembre ti dovrai limitare a dimostrare di aver studiato, non potrai cambiare i pezzi a tuo piacimento" Si raccomandó il buffo ometto. Aveva veramente a cuore la sorte dell'allieva e temeva che si sarebbe fatta buttare fuori da una sua genialata.
"Stia tranquillo, signore. Le mie interpretazioni le riservo al vero pubblico" Gli fece un occhiolino.
"Non dovrei dirtelo, però mi sento in dovere di farlo. È inutile che continui a venire fino a La Spezia, non hai bisogno di ulteriori lezioni" Disse piano il signor Guidi, come se avesse paura che potessero sentirlo dalle altre aule.
"Tornerò comunque a farle visita" Linda gli sorrise, avviandosi verso l'uscita. Prima di varcare la soglia, si giró nuovamente verso l'ometto "Arrivederci, signore. Grazie per essersi affezionato a me"
Lui fece una faccia strana, simile a quella di chi vuole trattenere le lacrime. La ragazza ridacchió, rivolgendo un ultimo cenno di saluto al sensibile insegnante.
Scese lentamente le scale del conservatorio Puccini, assaporando il senso di protezione che le dava quel posto. L'atmosfera era impreziosita dai riflessi cangianti delle vetrate e dalla cura di ogni dettaglio:pavimenti, corrimano, lampade, stucchi.
La musica risuonava all'interno dell'edificio, permettendo di fare un salto nella raffinata Belle Èpoque.
Salutó le due custodi e, con l'amaro nel cuore, si chiuse alle spalle le porte di Villa Marmori.

Uno schizzo di pioggia cadde sul naso della ragazza, scivolando fino al collo. Il piede sinistro affondó in una pozzanghera, facendo prendere una disgustosa colorazione marrone alla converse nera. Gli uccelli non cantavano e gli alberi erano afflosciati, come tristi per la mancanza del sole. Nelle lunghe giornate di pioggia, anche gli istanti sembrano stanchi, scorrono con lentezza quasi a sussurrare al mondo la loro tristezza. Il prato non brillava e l'odore di terra bagnata era pungente. Dal cielo grigio provenivano tuoni inquietanti che non lasciavano pensare ad un lieto fine. Si spostó sullo stradello, dove i suoi passi facevano scricchiolare il ghiaino e corse verso i cancelli del giardino.
Gli schizzi aumentavano mano a mano che si avvicinava all'uscita, avvolgendo tutto il suo corpo. Alla fine, la pioggia è un po' porno: liquida, inafferrabile, erotica come un bacio che dalla bocca scivola dappertutto.
Vide due figure in lontananza, ombre abbracciate dalla scarsa luce che filtrava dalle nuvole. Riconobbe Teresa, rifugiata sotto ad un ombrellino rosa. Il cervo era impegnato a conversare con una signora, sconosciuta agli occhi di Linda. La figura misteriosa era girata di spalle, ma la ragazza capì che si trattava di una donna grazie ai lunghi capelli ramati che ricadevano sulla schiena. Erano l'unica fonte di luce in quella giornata uggiosa e brillavano come tanti piccoli astri.
La pantera si fermó vicino al cancello di ghisa, osservando per qualche secondo la signora dalla bella chioma. Annusó l'aria, cercando di capire se la sconosciuta potesse rappresentare una minaccia. Usó i suoi sensi da predatrice, aguzzando le orecchie e affinando l'olfatto. Non sentì odore di pericolo, così si avvicinó cautamente.
Un passo alla volta.
Zampa davanti zampa.
Riflessi attivi.
Artigli pronti a graffiare.
Canini in mostra.
Il mondo è costituito da predatori e prede. O siete a caccia o state scappando.
"Oh, Linda!" Il cervo si accorse della pantera. La donna misteriosa si voltó, incrociando lo sguardo di Linda.
L'incontro di due regine è qualcosa di sacro come la religione, delicato come ceramica e pericoloso come fuoco. Tra di loro poteva nascere una solidale alleanza oppure una feroce guerra.
Tutto dipendeva da come si muovevano sulla scacchiera.
"Dovresti sentire cosa ha da dirti questa signora" Il tono di Teresa era affranto e malinconico. La guardava quasi con timore, come se avesse paura di vedere una brutale reazione.
La pioggia cadeva sulle tre donne, scandendo con il suo ticchettio la durata degli sguardi predatori.
Linda era senza ombrello, eppure la pioggia non riusciva a bagnarla. La ragazza inclinó il mento e chiuse gli occhi per un istante, lasciando che la pantera prendesse il sopravvento. Doveva far vedere che era più forte, che la dominatrice di quel territorio era proprio lei.
Teresa sapeva riconoscere l'arrivo del felino e mise una mano sulla spalla fradicia dell'amica, dandole un po' della sua umanità. La predatrice ruggì al contatto, ma si calmó quanto avvertì l'affetto di cui quel tocco era impregnato.
Lasció che gli artigli venissero sostituiti dalla unghie e che gli occhi, dal colore giallo cangiante, tornassero alla normale colorazione.
Lo sguardo della donna misteriosa si addolcì e Linda riuscì a guardarla sotto una luce diversa, rendendosi conto che non rappresentava una minaccia. Dietro gli occhi della donna si celavano una determinazione e una sforza straordinarie, tipiche di una lottatrice. Eppure, se osservati con attenzione, si poteva ben capire quanto gentile fosse la sua anima.
"Ciao Linda, mi scuso per essermi precipitata fino alla tua scuola senza avvertire. Magari ti sembreró una maniaca, ma giuro che non voglio invadere assolutamente il tuo territorio. Ho visto questa ragazza e sospettavo che fosse tua amica, così mi sono fermata ad aspettarti assieme a lei... Mi piacerebbe fare una chiaccherata con te, magari possiamo prenderci un caffè ad un locale in zona." La voce della donna era dolce come il miele e la melodia prodotta dalle sue corde vocali riuscì a sovrastare la malinconica musica prodotta dalla pioggia.
"Chi è lei?" Linda si avvicinó un poco, rimanendo comunqnue fuori dai confini del suo ombrello. La signora aveva un odore delicato e piacevole, simile al talco e alla lavanda. Da vicino, era ancora più bella. La figura regale sprigionava eleganza e femminilità, speziato da un portamento d'altri tempi.
Donne come quelle erano ormai rare da incontrare.
"Credo di potermi definire la madre adottiva di Mario"


Volevo deliziarvi con questi reperti del 2013, quando la Wildbandana aveva ancora un po' di strada da fare!

Volevo deliziarvi con questi reperti del 2013, quando la Wildbandana aveva ancora un po' di strada da fare!

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