Cap. III - Giuliana

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III

Giuliana

Giuliana Coppola aveva dieci anni quando li conobbe. Era nata a Genova e vissuta in un piccolo paese delle Cinque Terre, Levanto, fino a che il suo papà venne trasferito a Siena per motivi di lavoro. Era cresciuta con la voce dei gabbiani, l'odore del mare ed i sussurri delle onde in cui si specchiava con la fantasia nel riverbero della luna piena quando il dio Nettuno decideva di concedere agli umani di godere della pace marina. Era quel "mare calma piatta" che dava voce ai gabbiani e la toglieva per un po' ai flutti. Passava le ore sul terrazzo di casa ad osservare quel paesaggio e cercando di disegnarlo.
Le dispiacque andare a vivere in Toscana, anche se Siena era una bella città. Lei amava il mare. Osservare l'orizzonte era il suo passatempo preferito mentre giocava, o faceva i compiti, o metteva ordine nella sua cameretta, anche se in realtà non sapeva neanche cosa fosse l'orizzonte: per lei era solo una riga perfetta di confine tra cielo e mare e credeva di poterla avvicinare con una imbarcazione: "papà mi ci porti con il gommone?" Non aveva la benché minima idea di cosa significasse "linea apparente" e metteva in crisi la mamma chiedendole "quanto sta distante?".
Nei suoi disegni era una costante, disegnava quasi sempre il mare così nettamente separato dal cielo. I primi tempi a Siena furono davvero difficili. Dalla sua cameretta non vedeva più quello spettacolo e le mancava tanto quel terrazzo. A Siena, benché abitassero in una villetta appena fuori dal centro storico con vista sulle colline toscane, il mare era il grande assente e allora lei imparò a trovare compagnia nel fuoco.
La nuova casa aveva un caratteristico odore di legna arsa che lei gradualmente si adattò ad apprezzare, insieme alla voce crepitante del fuoco che si faceva sentire nel grande camino della sala. E quei gelidi pomeriggi invernali, in compagnia del suo micio e del camino divennero per forza di cose un'alternativa, ma un'alternativa comunque valida. Il suo cuore continuava a sperare, ma dentro di sé aveva capito che a Levanto non avrebbe più vissuto e ancora non sapeva che la prossima tappa sarebbe stata la capitale. Giuliana fin da bambina fu abituata a vivere un po' da nomade.
Ma quanto era felice, ogni volta che i suoi la portavano in Sicilia e la lasciavano per le vacanze di Natale o per i tre lunghissimi mesi estivi in compagnia dei suoi nonni paterni! Tutte le volte che andava ad Acimuffoli, le sembrava di ritrovare un po' della sua Liguria. Il mare soprattutto aveva su di lei la capacità di ricondurla, per mano, indietro nel tempo. E quel mare in certe notti d'estate era veramente unico perché sopra di esso il cielo, non inquinato dalle mille luci della città, regalava delle stellate brillantissime che si rispecchiavano nell'acqua facendola apparire a sua volta un secondo cielo ed il cielo un secondo mare. Guardare lo spettacolo di una notte estiva lì in Sicilia significava incantarsi a guardare l'infinito tutto intorno a sé. Nel cielo e nel mare, in quel tutt'uno, Giuliana si smarriva... si smarriva e si ritrovava.
La sua prima estate con i nonni fu indelebile. Si ritrovò come vicino di casa Gabriele, un ragazzino che stava sempre in compagnia del suo pastore tedesco, Grunf. Quel cagnone a lei piaceva molto ma era un po' aggressivo e "territoriale" e così i nonni le si erano raccomandati di starsene lontana. Bello, pelo lucido marrone, muso nero. Il primo incontro con Grunf fu un morso su un polpaccio. Quello con Gabriele una profusione di scuse che lui le offrì al posto del suo cane.
«Scusami, minchia scusami, non so come scusarmi... ti fece tanto male?».
Lei, mentre iniziò a urlare e a piangere, riuscì a stento a dire: «Ma sei deficiente? Ma cavolo, questo momenti mi sbrana. Aveva ragione mia nonna, ma credevo che tu lo tenessi...».
Lui si chinò immediatamente per vedere cosa le fosse accaduto.
Così si conobbero Giuliana e Gabriele. Lui era mortificato ma quel giorno teneva il guinzaglio di Grunf con mano poco ferma e non era riuscito a trattenerlo e così il cane si era avventato sulla poverina che gli si era incautamente avvicinata per un complimento.
Dall'esperienza Giuliana uscì comunque con un amico in più, Gabriele. Lui avendola vista così impaurita, preda di quello che considerava parte della sua famiglia, si sentì profondamente in colpa e non se lo perdonò. Da quel giorno fece sempre di tutto per proteggere la sua nuova amica che finì per amare profondamente, anche se era ancora piccolo.
Ma l'amore si sa, è contagioso.

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