Rivelazioni personali

32 5 2
                                    

Le due ragazze camminarono lentamente fino al parco, lo stesso nella quale hether aveva subito l'abuso, l'abuso di cui non aveva raccontato ad anima viva in quanto non ne aveva memoria nemmeno lei

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Le due ragazze camminarono lentamente fino al parco, lo stesso nella quale hether aveva subito l'abuso, l'abuso di cui non aveva raccontato ad anima viva in quanto non ne aveva memoria nemmeno lei. Avrebbe voluto raccontare alla sua migliore amica tutto ciò che le stava succedendo, avrebbe voluto dirlo sia a lei che ha Ricky, soprattutto al momento che Rory le avrebbe rivelato il suo segreto, che era, solo per lei, già piuttosto evidente. L'amica aveva conosciuto il suo fidanzato Francesco circa cinque anni prima, in un ristorante italiano, lui di certo presa per la gola, la sera stessa si erano ritrovati a parlare sotto casa di lei, e avevano visto sorgere l'alba insieme.

Di Rory si poteva dire che era una ragazza semplice, acqua e sapone, dai lineamenti leggeri, vestiva sempre con abiti chiari e semplici, ed era posata e gentile. Quasi l'opposto di Hether, una ragazza dai lineamenti più marcati, non sempre gentile e affatto posata, a cui piaceva disegnare fumetti, ascoltare musica Rock e ben lontana dall'idea di fare bambini.

Al parco sederono su una panchina all'ombra di un pino ma Hether non diede la soddisfazione alla sua amica di dirle che aspettava un bambino dicendolo prima di lei:

-hai sempre avuto il vizio di rovinare i momenti importanti Hethy- Le disse l'amica sorridendo, Hether la abbracciò, era davvero felice con lei, ma da una parte si sentiva in colpa, in colpa per quello che avrebbe fatto quella sera e per quello che aveva già fatto. I sensi di colpa si acuivano se relazionati a una cosa tanto pura come un bambino, del tipo: "Cosa fai nella vita Rory?"

"la mamma"

"e tu Hether?"

"uccido per conto di ombra/mostro/Dio"

Certamente avevano due stili di vita agli antipodi, ma questo...questo l'avrebbe fatta impazzire. Capì in quel momento che non avrebbe mai potuto essere totalmente sincera con la sua migliore amica, ma forse non lo era mai stata, le aveva mentito sul suo vizio di fumare, le aveva mentito altre volte su cose che forse alla fine lei avrebbe anche accettato, ma le voleva un bene infinito.

Passarono la mattinata parlando al parco, un po' del passato un po' di quello che sarebbe, forse, stato il loro futuro, ma ora Heth non aveva più certezze alcune, avrebbe anche potuto smettere d vivere quella sera stessa. Pensò rapidamente che avrebbe dovuto rafforzare la sua tecnica per uccidere o ci avrebbe lasciato la pelle tanto rapidamente quando quel pensiero fulmineo.

Salutò la sua amica con la certezza di aver appreso una triste realtà:

HETHER PIGGINS ERA NATA PER UCCIDERE, E LE PIACEVA.

L'aveva capito, non pensando che il suo uccidere quelle persone e quei mostri avrebbero reso il mondo migliore per Rory e i suoi futuri figli, ma riflettendo sull'adrenalina che aveva provato uccidendo quel barbone, all'emozione nel tornare a casa e ripensare a quei momenti, sul sonno più rilassato e bello che si era concessa quella notte. Sapeva che prima o poi non le sarebbe più bastato uccidere quei mostri, no... perché anche lei aveva una sua lista, un grande diario sulla quale aveva annotato ogni cosa, le ingiustizie che aveva subito nella sua vita e quelle che, secondo lei, avevano subito degli innocenti.

Quegli eventi erano solo una scusa per uccidere, non c'era stato nulla di così orribile nel suo passato. Beh eccetto lo stupro.

Rifletté così che aveva amato uccidere, era un'assassina e non le serviva trovare scuse per stessa, perché solo lei avrebbe sentito i suoi pensieri.

Tornando a casa non c'era nessuno, non c'era quasi mai nessuno, perché i suoi genitori viaggiavano molto ora che erano in pensione e suo fratello, beh era un adolescente con gli ormoni alle stelle.

Chiamò al telefono sua madre per dirle che non ci sarebbe stata la sera e di non preoccuparsi se non avesse risposto nessuno perché Miky sarebbe andato da un suo amico a passare la serata. Salì le scale scricchiolanti fino alla sua stanza, e li cercò un abbigliamento idoneo per uccidere quell'uomo, non c'era, non aveva dei vestiti da assassina. Decise che avrebbe indossato una gonna nera con un grande fiocco dietro, li avrebbe nascosto il suo pugnale una maglietta semplice e un paio di stivali alti fino al ginocchio. Una volta sistemato l'abbigliamento decise che avrebbe dovuto imparare a maneggiare meglio quel pugnale, ma pensò anche che avrebbe voluto imparare a uccidere con le sue mani.

Affondò con qualche movimento il pugnale nell'aria, si sentì immediatamente stupida, si sdraiò sul letto e poco dopo si addormentò mentre si immaginava davanti alla nuova vittima. Era così sicura di se da non credere di dover minimamente pianificare alcun dettaglio.

Chi l'ombra pagaWhere stories live. Discover now