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Martedì fu il fatidico giorno; il giorno in cui Marisol e Roberta furono chiamate a testimoniare nel processo. Frank presentò loro sua madre nel corridoio, poco prima dell'inizio dell'udienza, e la prima impressione non fu affatto positiva. Al contrario di Roberta, però, Marisol finse indifferenza anche se tutto quello che voleva fare era dire a Evelyn di andarsene via, che era una stronza. O peggio. Quello che aveva fatto era stato andare a prendere un caffè per Frank, una camomilla per Roberta e della semplice acqua frizzante per se stessa, poi aveva fatto un bel respiro e si era messa seduta, in attesa. Mentre Roberta ispezionava l'aula, Frank le si era avvicinato bevendo un sorso di caffè.

"Stai bene?" le chiese.

"Sì" lei gli sorrise. "Non dovrei essere io a chiederlo a te?"

"Io sto bene" le fece sapere lui guardandola. "Per quanto bene qualcuno possa stare in una situazione del genere."

Marisol respirò a fondo sistemandosi la giacca che proprio non ne voleva sapere di stare dritta. Suppose che forse sarebbe stato meglio sbottonarla, ma credeva che facendolo sarebbe sembrata sciatta. Evelyn era così elegante e lei sapeva come funzionava in quei posti; l'aspetto finiva per contare parecchio e lei non voleva fare nessun passo falso. "Dannata giacca" mormorò scuotendo il capo, un ciuffo di capelli sfuggì alla presa dell'orecchio e le ricadde sul viso.

Fu Frank a rimetterlo a posto, e il suo pollice si fermò per un istante sul suo viso. Quel tocco bastò a tranquillizzarla e quando l'avvocato disse loro che era ora di entrare in aula, Marisol si sentì di nuovo sicura di sé. La prima ad essere ascoltata fu Roberta che, sorprendentemente, rimase calma mentre l'avvocato di Evelyn le faceva un miliardo di domande: alcune sensate, altre solo per il gusto di provocarla, era questa la sensazione di Marisol. Le fu chiesto da quanto conoscesse Frank, le fu chiesto di raccontare una giornata tipo nella vita di Mary, le fu chiesto – e sembrava più un'affermazione che una domanda – se non trovasse alquanto fuori luogo che la piccola stesse con lei tutti i venerdì sera fino alla tarda mattinata del giorno dopo. Non era forse un chiaro segno del fatto che Frank considerava Mary un intralcio alla sua vita sociale?

Roberta aveva quasi perso il controllo, Marisol che la conosceva meglio di chiunque altro, l'aveva vista arrossire di rabbia e discretamente le aveva fatto segno di calmarsi. Lei lo aveva fatto e aveva risposto con un sintetico no. E le domande erano finite. Dopo di che c'era stata una pausa di cinque minuti e poi era arrivato il turno di Marisol. Mentre si dirigeva al banco dei testimoni, la donna aveva ripensato alle domande che avevano posto a Roberta. Sapeva che non sarebbero state uguali, ma immaginò che quello sarebbe stato il tenore della conversazione e una volta salita fu pronta a tutto. A tutto tranne che alla prima domanda che l'avvocato di Evelyn le pose.

"Signorina Dalton, lei e il signor Adler avete una relazione?" le chiese infatti. E Marisol fu colta completamente alla sprovvista.

"Obiezione!" urlò l'avvocato di Frank. "Non è rilevante."

"Sì invece," replicò l'altro avvocato. "Come può essere obiettiva se è innamorata del signor Adler?"

"Accolta!" esclamò il giudice rivolgendosi poi all'avvocato di Evelyn. "Si limiti a fare domande inerenti il caso, valuterò io se ritenere valide o meno le risposte. Oltretutto, la signorina Dalton non mi sembra stupida e sa che mentire durante una testimonianza, seppur per amore, è un reato perseguibile penalmente. Confido dunque che non lo farà."

Marisol guardò il Giudice, chiuse gli occhi per un istante e quando li riaprì Frank le stava sorridendo tranquillo, quasi volesse dirle che era tutto okay. Lei non ne era così sicura.

Gifted - L'amore quando meno te lo aspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora