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Marisol era arrivata alle quattro in punto, esattamente come aveva detto, ma Mary non era ancora pronta. Quando aveva bussato alla porta e Frank le aveva comunicato che alla piccola sarebbero serviti ancora cinque minuti, aveva rifiutato il suo invito ad entrare in casa e gli aveva detto che avrebbe aspettato in auto. Lui aveva sospirato scuotendo il capo, aveva detto a Mary di sbrigarsi e poi era uscito e aveva raggiunto l'automobile ferma sulla strada. Marisol stava sfogliando una rivista, in attesa; la frangia mossa leggermente dal vento, un look total black con tanto di giacchetta di pelle.

"Marisol" le disse per attirare la sua attenzione "possiamo parlare di quello che è successo stamattina?"

"Non c'è niente di cui parlare, Frank. Solo un momento imbarazzante in cui sono state messe in chiaro alcune cose che, forse, tanto chiare non erano" replicò lei, ma lo fece senza alzare gli occhi dalla rivista.

L'uomo respirò a fondo. "Mi dispiace per il modo in cui ti ho parlato. Sul serio" si scusò. "Quando ho detto che non hai il diritto di piombare qui a tuo piacimento ero solo... nervoso e imbarazzo. Sei sempre la benvenuta e lo sai. Hey" le disse ancora quando vide che lei neppure lo guardava. "Puoi almeno guardarmi, mentre ti parlo? Per favore."

Lei lo fece, chiuse la rivista e si tolse gli occhiali da sole, poi si voltò verso di lui e ne era certa, i suoi occhi si addolcirono. Frank era vestito di tutto punto, completo marrone chiaro, camicia bianca e cravatta abbinata. Era così...

"Puoi accettare le mie scuse?" le chiese. E lei si inumidì le labbra prima di rispondere.

"Okay" acconsentì. "Perché sei vestito così?" gli domandò e nella sua mente balenarono scenari in cui portava la signorina Stevenson fuori per un aperitivo o magari andava a conoscere la sua famiglia.

"Devo incontrare il mio avvocato tra poco meno di un'ora" spiegò lui.

Marisol scese dall'auto e lo raggiunse dall'altro lato. "Stai bene?"

Frank la guardò da capo a piedi, mise le mani nelle tasche dei pantaloni e annuì. "Sì, sto bene. Non so come funzionino queste cose precisamente, ma Roberta ha detto che l'avvocato potrebbe chiedermi i nomi di alcuni amici e conoscenti e che quelle persone potrebbero essere chiamate a testimoniare" le raccontò. "Mi ha dato la sua disponibilità, mi chiedevo se tu..."

"Qualunque cosa serva" annuì la donna. "Fammi solo sapere cosa devo fare, e quando. Okay?"

"Grazie" mormorò l'uomo sorridendole, volgendo poi lo sguardo a Mary quando la piccola arrivò correndo con indosso la sua felpa preferita. "Eccola che arriva!" esclamò.

"Ciao Marisol" salutò la bambina. "Non sapevo cosa mettermi."

La donna le fece fare un giro su se stessa. "Sei perfetta. Mi piace la tua felpa, è nuova?"

"Non proprio" Mary si avvicinò allo sportello e la aprì, si voltò a guardare suo zio. "A dopo Frank."

"Comportati bene" le raccomandò lui richiudendo la portiera. "Intesi?"

"Vuoi dire comportati da bambina, giusto?"

Marisol e Frank si guardarono per un attimo, infine la donna tornò al posto di guida. "Saremo a casa per le sette circa. Terrò il cellulare acceso" disse all'uomo mettendo in moto.

Lui indietreggiò, alzò la mano per salutarle e guardò l'auto fin quando non la vide più.

***

Frank aveva atteso, seduto su quel divanetto, almeno mezz'ora e quando finalmente l'avvocato si era liberato ed era stato pronto a riceverlo, gli era servito un bel respiro e una massiccia dose di coraggio per entrare dentro quella stanza. Dopo una consueta stretta di mano si era seduto ed era rimasto in silenzio mentre l'avvocato recuperava qualcosa da una libreria. E in quel breve lasso di tempo, non aveva fatto altro che pensare che avrebbe voluto che Marisol fosse lì, seduta sulla sedia accanto.

Gifted - L'amore quando meno te lo aspettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora