Il Candidato Premier che profuma di Girasoli

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Il freddo non mordeva così forte come nel resto d'Italia, in quel pomeriggio invernale, in Campania. Non lo faceva soprattutto se eri rifugiata tra i caldi e vaporosi fumi dell'alcol. D'altra parte, sul litorale partenopeo non c'era molto da fare al calar del sole. Nessun posto sembrava, d'altro canto, confortevole come quella piccola taverna vicino alla spiaggia, immersa nella quiete di una stradina poco trafficata e pericolosamente vicina alla sabia. L'atmosfera cambiava, però, una volta entrati tra le mura del locale. Una sottile coltre di fumo di sigaretta impregnava l'aria scossa da una bagarre fastidiosa. Seduti su una manciata di tavoli, degli uomini vestiti a festa brindavano e schiamazzavano senza contegno: le camice macchiate di vino e le cravatte allentate sul collo.
Tra una palpata ed un'occhiatina maliziosa, una giovane camerira -non avrà avuto più di quindi anni- saettava tra i tavoli, cercando di non rovesciare nulla che i clienti paganti non avessero già versato a terra. L'aria manzoniana che tirava in quella piccola locanda di mare venne interrottà quando la ragazza notò un uomo seduto all'angolo della stanza, immobile. Se ne stava stravaccato sulla seggiola di legno -piuttosto precaria- con un cappello a tesa larga a coprigli il volto. Avvicinandosi lentamente al tizio, la cameriera potè distinguere più chiaramente solo una barbetta incolta e un paio di labbra carnose, impegnate a sostenere uno stuzzicadenti. Indossava un lungo impermeabile nocciola, che rivelava una camicia bianca e stropicciata. Dal colletto sbottonato fioriva una peluria selvaggia.

<<Signore...>> tentò di attirare la sua attenzione la cameriera: l'uomo pareva addormentato. La ragazza sbuffò, dandogli un calcio alla cavoglia <<Non può stare qua se non ordina qualcosa, se ne vada per favore.>> Cercò di mantenere un atteggiamento amichevole, ma non riuscì a celare la sua impazzienza.

Con uno scatto, l'uomo le afferrò la cravattina nera e la tirò a se, avvicinandole la guancia alla sua. Con un filo di voce, sussurrò <<Per un piatto di paranza potrei sistemarti quei clienti maleducati.>>

Una fiammata di calore avvolse le guance della giovane, mandandole a fuoco. La barbetta acuminata del misterioso tizio le sfioravano la pelle liscia, come quella voce maliziosa solleticava le sue corde più nascoste <<Co-cosa...?>>

<<Solo un piatto di frittura grande, lì sistemo e poi me ne vado.>>

<<Ma di cosa parla, se ne vada!>> sbottò lei, colpendo con uno schiaffetto la mano dell'uomo. Lui, dal canto suo, tornò ad adagiarsi contro il muro, osservado da sotto il cappello la camerierina sculettare verso la cucina. La ragazza sembrava carina quanto sbadata.

Uno strano gioco del fato volle che la ragazza scivolasse sul pavimento bagnato, facendole rovesciare mezzo bicchiere di vino sulla spalla di uno di quella strana compagnia. Immediatamente, l'uomo si alzò rivelando la sua spaventosa stazza: era un'armadio a -quantomeno- quattro ante, alto sul metro e ottanta. Il completo bianco, coordinato una camicia nera, non aiutava a renderlo meno minaccioso, nemmeno con quella larga macchia violacea.

<<Ma che cazzo fai?! Non sai chi siamo noi?>> tuonò l'uomo, avvicinandosi minacciosamente alla ragazza.

<<Io...>> lei indietreggiò intomorita, mentre la compagnia scoppiava in tumultuose risate <<io mi scuso! Pagherò le spese di tintoria...>>

<<Spese di tintoria? Ma hai idea di quanto costi?>> sbraitò, sputacchiandole sul volto <<Quello,>> indicò un ragazzo piuttosto mingerlino e circondato da prosperose signorine <<ecco, quello è il signor Piero, il figlio del Governatore della Regione. Capisci ora la cazzata che hai fatto?>>

La giovane si inchinò davanti all'uomo, prostrandosi e continuando nel suo mantra di scuse.

<<A questo punto nemmeno la tua vita basterebbe a saldare il debito,>> sghignazzò il grosso pelato, tirando su per i capelli la giovanotta <<giusto capo?>>

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