28 - Brave

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Le persone nel mondo si dividono spesso in categorie: due di esse sono quella dei coraggiosi e quella dei timorosi.

I coraggiosi tirano fuori la forza di fronteggiare l'ostacolo dal loro interno, i timorosi lasciano che l'ostacolo eserciti il suo potere su di loro ed evitano lo scontro.

Il mio ostacolo è Liam.

E io voglio essere temeraria, non codarda. Non mi farò mettere i piedi in testa da una persona che deve restare nel mio passato.

Così, dopo aver rimuginato per ore sul da farsi, telefono a Jodie e le dico di trattenere il capo per cinque minuti a fine turno di lavoro. Voglio informarlo personalmente della criticità di ciò che c'è dietro questo affare e ricevere un consiglio su come agire.

Termino di compilare delle tabelle che mi costruiranno dei grafici e salvo tutto il lavoro svolto sul computer. Dopodiché, raccolgo le mie cose, prendo la borsa e il cappotto e mi avvio verso l'ufficio di Holden. 

- Minnie, mi dovevi parlare? - domanda il mio capo, notandomi prima ancora che io inizi a parlare.

- Sì. Riguarda l'ingegnere Turner. - annuncio.

Il mio capo si acciglia.

- Ecco, lei deve sapere che non siamo in buoni rapporti. Le dico questo perché potrebbe avere ripercussioni sull'affare in cui è coinvolto. - spiego, sperando che colga la gravità della situazione.

- Non essere prevenuta, un professionista non mescola il lavoro con la sua vita personale. Ora devo proprio scappare, a domani. - mi congeda velocemente.

Neanche il tempo di ribattere che è già corso giù per le scale.

Io prendo l'ascensore perché in questo momento sono pigra.

Ero convinta di poter risolvere il probabile disguido facendo affidamento sulla comprensione del mio capo, ma non ha nemmeno lasciato che il problema sorgesse.

Nell'atrio, una figura maschile è poggiata contro una parete.

Altezza media, capelli scuri, spalle larghe, fisico asciutto seppur non atletico, occhi fissi sullo schermo del cellulare. So che quegli occhi sono castani, però, e che sono capaci di sorridermi in un modo che le labbra possono solo invidiare.

I miei passi attirano la sua attenzione.

- Ehi. - sussurro.

- Ehi. - ricambia lui, con voce roca.

Si guarda attorno, poi mi affianca del tutto e mi circonda le spalle con un braccio.

Non so come interpretare il gesto, ma provo una certa euforia al contatto... Entusiasmo interiore che provoca buonumore, non energia che necessita di essere scaricata.

- Com'è andata oggi? - domanda, mentre usciamo.

Sospiro.

Devo avere coraggio e metterlo al corrente delle ultime novità; parlarne con una persona dolce e paziente come lui potrebbe aiutarmi.

- Liam vuole ricattarmi. - dico.

- Come?! 

Si volta a guardarmi, serio in viso.

- Ha detto che se non lo assecondo, perdo il lavoro. - racconto.

- Che cazzo vuol dire?

Inspiro con calma.

L'aria londinese è fresca, nonostante siamo in primavera, e lascio che mi permei i polmoni appieno. Magari mi si ossigena anche il cervello e mi libero dello stress.

- Minnie, dimmi che l'hai mandato a quel paese. Ti prego. - mi si rivolge Jonathan, con un tono che non l'ho mai sentito usare.

Forse, non l'ho mai visto veramente arrabbiato.

Vorrei non aver sperimentato questo lato di lui.

- Non ne ho avuto il tempo. Ha messo giù prima che potessi dire anche solo "a". - mi giustifico.

Jonathan si stacca fisicamente da me e rivolge lo sguardo al cielo, espirando forte.

E io che credevo che le persone come lui non si alterassero mai! Povera illusa.

- D'accordo, non facciamoci prendere dalle emozioni. Esattamente, che cosa ti ha detto? Ti ha telefonato, giusto?

Il suo tentativo di riepilogo mi mette in soggezione. È come se stessi sostenendo un esame: dire la cosa sbagliata equivale a far incazzare Jonathan ulteriormente. Il fatto che io non conosca il limite a cui l'autocontrollo di Jonathan può arrivare, smuove la mia curiositas e mi trasmette un pizzico di brivido.

- Mi ha detto che, se non gli concedo un'altra possibilità, mi fa perdere il lavoro. Così, preciso e conciso. - spiego.

Jonathan sembra fumare rabbia dalle orecchie.

- Ora mi dici dove abita e vado a chiarire un paio di cose con questo ingegnere da strapazzo. Me lo sentivo che sarebbe stato un problema! - brontola.

Alzo gli occhi al cielo.

- Non so dove abita. Non più. Se gli vuoi parlare, comunque, penso di poter ricavare il suo numero di cellulare da qualche parte. Le mie amiche segretarie hanno tutti i contatti sotto mano. - propongo.

- Suppongo che sia un bene che tu non lo sappia. Magari, quando mi darai il suo numero, sarò più calmo. - borbotta il ragazzo.

Gli angoli della mia bocca si sollevano in un ghigno malizioso.

Qualcuno qui è geloso...

- Si può sapere che cazzo hai da sorridere? - domanda infatti, irritato.

Scoppio a ridere.

È proprio geloso.

- Senti, Minnie, vaffanculo. - sbuffa.

Non riesce a trattenersi, però, dal ridere a sua volta.

Mi guarda e scuote la testa.

- Sei geloso. - sussurro, avvicinandomi al suo orecchio.

Si volta di scatto e, mentre la conferma alla mia intuizione brucia nei suoi occhi, le scintille si propagano nella distanza ristretta fra il mio viso e il suo. Siamo improvvisamente troppo vicini.

- E anche se fosse? - mormora, a qualche centimetro dalle mie labbra.

Socchiudo le palpebre e faccio per avvicinarmi, ma mi allontano di scatto e faccio qualche ampio passo in avanti.

- Buon per me. - sorrido, beffarda.

- Se ti prendo, vedi cosa succede. - mi minaccia Jonathan.

L'aria di sfida rende lo spazio che ci separa palpitante di elettricità.

Assume tutto le vesti di un gioco, un gioco eccitante, ed entrambi abbiamo bisogno di sfogare ansie e tensioni.

- Che cosa succede? - domando, appositamente per provocarlo.

Siamo ormai arrivati al nostro palazzo ed entro al suo interno, percorro l'atrio in modo da avere un minimo di distacco da Jonathan e lo fisso, in attesa di una risposta.

- Succede che arriviamo al punto di non ritorno. - afferma.

Più lo guardo, più mi convinco che il punto di non ritorno l'abbiamo superato da un pezzo.

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Jonathan è geloso e Minnie ride. Giustamente 😂

Love you 🍰

Sour, Sweet & Smart (#STYDIA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora